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 2012  settembre 26 Mercoledì calendario

ROMA —

La Panda bianca delle Poste non era passata inosservata. In sette mesi di appostamenti i carabinieri l’avevano vista più volte fermarsi nel parcheggio di un supermercato di Valmontone oppure in sosta davanti a un palazzo nella cittadina a 40 chilometri da Roma, sede di uno degli outlet più famosi d’Italia e di un immenso parco giochi. Il nome di Orlando Ranaldi, 53 anni, direttore delle Poste all’interno del Senato, è emerso così nelle indagini su una banda di spacciatori di cocaina scattate a marzo: un gruppo di insospettabili italiani (c’era anche un vigile urbano, Stefano Gallo, di 42) che si riforniva da albanesi residenti nel popolare quartiere romano di Torre Maura per poi distribuire droga, a cadenza settimanale, agli spacciatori di Valmontone. Un traffico ristretto, ma pur sempre redditizio, nel quale — secondo i carabinieri della compagnia di Colleferro e la Procura di Velletri — Ranaldi recitava un ruolo non secondario. Al punto che, dalle intercettazioni, rivolgendosi a un complice — Alessandro Mele, 36 anni, autista del Cotral, l’azienda di trasporto pubblico locale —, aveva detto: «Non te devi fermà, devi esse preciso. Dobbiamo stare sempre sul pezzo, sennò ce fanno fori».
Ranaldi è stato arrestato all’alba di ieri con altre 10 persone e ora si trova ai domiciliari nella sua abitazione a Olevano Romano, sempre nell’hinterland della Capitale. Ma il suo coinvolgimento nell’inchiesta ha scatenato un terremoto a Palazzo Madama. «Sono esterrefatto — commenta il presidente del Senato Renato Schifani —: ho preso contatti con la Procura di Velletri per dare immediata e totale disponibilità di questa presidenza all’accesso della polizia giudiziaria agli uffici postali ove si dovesse ravvisare l’esigenza di fare delle ricerche utili alle indagini». Il senatore leghista Roberto Calderoli sottolinea che «il Senato deve dimostrare di essere pulito dopo gli ultimi scandali», mentre per Carlo Giovanardi (Pdl) «è necessario che l’amministrazione delle Poste vagli con grande cautela i profili professionali e morali di chi, pur non facendone parte, si trova a lavorare in sedi istituzionali». Proprio le Poste precisano tuttavia che i fatti contestati a Ranaldi «si sono svolti al di fuori degli orari di servizio e dei luoghi di lavoro». Sulla vicenda c’è anche uno strascico politico: il direttore arrestato era infatti iscritto ad Alleanza per l’Italia, dal quale ieri è stato espulso. Ma a far andare su tutte le furie il leader del partito Francesco Rutelli è stata la pubblicazione su Internet di foto postate su Facebook dallo stesso Ranaldi dove quest’ultimo compare con i dirigenti dell’Api. «Vergognoso, una cosa indegna. Un killeraggio — sbotta Rutelli—. È solo uno dei 50 mila iscritti».
Quando i carabinieri gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare del gip Alessandra Ilari, Ranaldi ha sussurrato una giustificazione: «Colpa mia e delle amicizie sbagliate. Ho fatto una stupidaggine», ha detto ai militari dell’Arma. Come lui anche il vigile urbano di Valmontone si recava con l’auto di servizio agli appuntamenti con gli albanesi per il ritiro della cocaina e a quelli con gli spacciatori, sempre di sera, a casa dell’autista Cotral. Un amico di vecchia data del direttore delle Poste con il quale pensava di andare in vacanza e al quale faceva «assaggiare» la coca del boss di Torre Maura. Un complice affidabile che, dopo l’arresto di tre pusher, lo aveva chiamato esortandolo a tenere un basso profilo: «Mò te volevo dì: stop, stop!».
Rinaldo Frignani