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 2012  settembre 25 Martedì calendario

IL MURATORE PRIGIONIERO DELL’INCHIESTA SU YARA —

Il 7 dicembre 2010 il muratore marocchino Mohamed Fikri veniva scarcerato con le scuse perché estraneo all’omicidio di Yara Gambirasio; ma a 22 mesi di distanza Fikri è ancora prigioniero della giustizia. L’ennesima udienza per l’archiviazione delle accuse all’immigrato ieri è andata a vuoto perché sono state chiesti altri accertamenti, buona parte dei quali nulla hanno a che vedere con la posizione del muratore.
A favore di Fikri giocano il test del Dna (non è suo quello sul corpo di Yara), l’alibi (il suo datore di lavoro dice che la sera del delitto era con lui) e prolungate intercettazioni telefoniche dalle quali emerge che mai il marocchino si è compromesso con gli orrendi fatti di Brembate Sopra. Ieri tuttavia il legale della famiglia Gambirasio, avvocato Enrico Pelillo ha chiesto una nuova traduzione per la controversa frase che nel dicembre 2010 portò in carcere Fikri: prima interpretata come «Non l’ho uccisa io» poi corretta in una imprecazione del tipo «Mica ti ho ammazzato» rivolta a un amico che non rispondeva al telefono.
Il dubbio continua a tormentare Maura Gambirasio, madre di Yara, ancora senza uno straccio di verità sull’orrenda fine della figlia: «Da mamma mi chiedo come sia possibile avere due traduzioni così diverse» ha detto ieri in udienza.
È stato chiesto anche il Dna per i medici che erano presenti all’autopsia e ciò ha determinato il rinvio dell’udienza. «Dobbiamo essere sicuri al 100% che l’impronta genetica sul corpo della vittima non è frutto di contaminazione» ha spiegato il consulente dei Gambirasio, Giorgio Portera.
Dopo l’udienza Fikri è parso sconfortato; per lui parla il suo avvocato, Roberta Barbieri: «A causa di questa odissea giudiziaria Mohamed non può avere la carta di soggiorno ed è senza lavoro. Si continua a insistere su di lui quando tutti gli elementi in mano agli inquirenti vanno in direzione opposta».
Claudio Del Frate