Marco Carminati, Il Sole 24 Ore 23/9/2012, 23 settembre 2012
AMANUENSI DIGITALI IN VATICANO
Trasmettere il sapere alle generazioni future con gli strumenti disponibili nel proprio tempo. È questa la missione principale di quei grandi giacimenti di sapienza che sono le biblioteche storiche. Il mondo antico affidò alle tavolette d’argilla, al marmo, al bronzo e al papiro la trasmissione delle "informazioni" religiose, storiche, letterarie, giuridiche e amministrative. L’inesorabile trascorrere del tempo e le vicissitudini umane misero in "periculo da perdersi" quei supporti, per cui, nel Medioevo, si preferì affidare alla più solida carta pecora o pergamena (ricavata dalle pelli degli agnelli, dei capretti o degli asini) l’universo del sapere. Dobbiamo ringraziare i "tecnici" del tempo, ovvero i copisti amanuensi, se oggi siamo in grado di leggere i classici dell’antichità e gli autori dei primi secoli cristiani. In pieno Umanesimo avvenne l’altra rivoluzione, l’invenzione della stampa, che permise al sapere umano di essere tramandato nei secoli.
Ma quanto dureranno i supporti su carta e su pergamena? E quanto resisteranno gli inchiostri? E come è possibile non perdere i "dati" immagazzinati dagli amanuensi e dagli stampatori del passato in caso di eventi traumatici come incendi, alluvioni e terremoti? Potrà apparire strano, ma questi interrogativi sono costantemente presenti alle persone che hanno la responsabilità di dirigere una grande biblioteca. Il loro compito, infatti, non è solo quello di conservare, incrementare e rendere accessibili agli studiosi le raccolte di libri e di documenti a loro affidati, ma è anche quello di preoccuparsi di garantire un futuro a questo patrimonio. Il più lungo possibile.
È quanto sta facendo, ad esempio, la Biblioteca Apostolica Vaticana, che agli inizi di ottobre avvierà un colossale progetto di digitalizzazione di 80mila manoscritti conservati dentro le mura vaticane. Il progetto è frutto di un accordo tra l’istituzione d’Oltretevere, la Emc Corporation (società multinazionale, leader al mondo per il settore dell’archiviazione dei dati) e Dedanext, nel ruolo di partner tecnologico.
Il prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, monsignor Cesare Pasini, non nasconde la soddisfazione per il raggiungimento dell’accordo. «La nostra esigenza era quella di riprodurre su formato digitale le immagini delle singole pagine dei manoscritti, di conservarle a lungo termine su questi supporti e di renderle fruibili online. Per fare questo avevamo bisogno di una tecnologia sicura, adeguata e resistente nel tempo. In passato si era partiti con progetti che si sono rivelati inadeguati. Oggi ci muoviamo con tutte le garanzie: il formato prescelto, il Fits (Flexible Image Transport System), ha già 40 anni di vita, è concordemente apprezzato da tutta la comunità scientifica e nel data center vengono rigidamente applicate le "policies" che governano questa tematica».
Che tipo di programma utilizzerete?
Monsignor Pasini cede la parola a Michele Liberato, presidente di Emc Italia, presente nel suo studio per una riunione operativa: «Diciamo che ogni singola pagina verrà "fotografata" ad altissima risoluzione e archiviata in formato digitale per la conservazione e la consultazione. Come detto verrà utilizzato il formato di archiviazione open standard Fits in uso negli ambienti dell’astrofisica e della medicina: garantisce la massima riproducibilità nel tempo e la facilità di utilizzazione delle diverse applicazioni. La durata complessiva del progetto è stimata in alcuni anni. Per la prima fase, che si avvia ai primi di ottobre, Emc fornirà una capacità di storage di 2,4 Petabyte, utilizzando piattaforme come Isilon, Atmos, Data Domain, NetWorker e Vnx. A Emc si affiancano, nel ruolo di partner tecnici, Dedanext e Dedagroup».
Ma come mai un colosso tecnologico come Emc, presente in 80 Paesi con 48mila dipendenti, con clienti ai massimi livelli (parliamo di imprese, banche, aziende di Stato, enti eccetera) e fatturati da capogiro (20 miliardi di dollari nel 2011), ha deciso di occuparsi del futuro dei codici manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana?
«Molto semplice – risponde il presidente Liberato –. Il progetto di digitalizzazione della Biblioteca Apostolica Vaticana rientra nella più ampia iniziativa chiamata "Information Heritage", un impegno filantropico volto a proteggere e a rendere disponibili in formato digitale documenti rilevanti per la storia della cultura. In questo senso Emc ha già operato nella Biblioteca John F.Kennedy di Boston, nella casa cubana di Ernest Hemingway, nella Biblioteca Principessa Anna Amalia di Weimar. In Italia si è lavorato alla digitalizzazione dei Codici di Leonardo da Vinci esposti sia a Milano sia a Venezia. E ora tocca alla Biblioteca Apostolica Vaticana».
Sbaglio, o Emc ha una particolare attenzione per l’Italia?
«Non sbaglia – conferma Liberato –. Il chairman americano, Joe Tucci, come rivela anche il suo cognome, ha un antico e diretto legame con l’Italia e questo non è un fatto irrilevante. Ma, in generale, Emc sollecita i singoli Paesi in cui si trova a operare a valorizzare e a far conoscere il patrimonio nazionale. In Italia il patrimonio più importante è quello culturale, quindi è per noi un dovere e un onore sostenere la conservazione e la conoscenza di questo patrimonio, mettendo a disposizione il meglio di ciò che sappiamo fare (immagazzinare dati, metterli al sicuro e renderli facilmente accessibili a chi è autorizzato a consultarli) anche per la promozione della cultura in Italia, nel mondo e ora in Vaticano».
Chiedo a monsignor Pasini dove e come verrà fatto il lavoro.
«Cominceremo a giorni con una prima tranche: intanto opereremo su 4mila codici per tre anni, con circa 20 persone al lavoro. Le pagine dei manoscritti (come il Virgilio Vaticano o il Menologio di Basilio II, giusto per capire l’importanza dei pezzi) verranno fotografate e scansite a una a una su supporto digitale, in modo da essere non solo conservate ma anche consultabili online. I primi codici dovrebbero essere disponibili nel sito www.vaticanlibrary.va già nel 2013. Il lavoro verrà compiuto in laboratori protetti da eccezionali misure di sicurezza forniteci, liberalmente, dalla Fondazione Enzo Hruby. I contenuti su supporto digitale saranno messi tre volte al sicuro: su disco, su backup e in un luogo (un "disaster recovery") lontano decine di chilometri da qui».
Insomma, per i prossimi cinquecento anni, i manoscritti della Vaticana saranno pienamente preservati.
«Pare proprio di sì», annuiscono all’unisono Cesare Pasini e Michele Liberato.