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 2012  settembre 24 Lunedì calendario

BANKITALIA. IL FUTURO PASSA PER IL TESORO DI VIA NAZIONALE

Via Nazionale sta diventando sempre più, nei sogni e nei progetti delle banche italiane, un asset finanziario. A trascinare le quote di capitale della Banca d’Italia fino alle cronache dei giornali fu, qualche anno fa, l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Sull’argomento, nello scorso giugno a Palermo, si espresse anche il presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, visto che buona parte di quelle «azioni» sono attualmente in capo alle Casse di risparmio e alle rispettive fondazioni.
Tempi incerti
A lavorare per stabilire natura, consistenza, valore e disponibilità delle quote che rappresentano la Banca centrale italiana si sono messi in molti, Abi, Acri, Tesoro, la stessa Banca d’Italia. Ma mentre gli esperti hanno completato il loro lavoro e le banche lasciano intendere che una decisione maturerà nei prossimi mesi, c’è chi sta contando i giorni. Entro il prossimo 30 settembre, infatti, il consiglio di amministrazione di Biverbanca, la banca di Biella e Vercelli di cui il Monte dei Paschi di Siena sta vendendo il 60 per cento alla Cassa di Risparmio di Asti, dovrà pronunciarsi sulla volontà — richiesta nel contratto di compravendita tra Siena e Asti — di scindere le 6.300 quote della Banca d’Italia che Biver ha in portafoglio, in ragione proporzionale alle quote di capitale. Quindi, secondo questo progetto, 3.780 quote prenderanno la strada di Siena e 2.520 resteranno tra Biella e Vercelli.
Il perfezionamento del contratto tra Mps e CrAsti è subordinato alla scissione della quota in Biver, ma è qui che le fondazioni — in maniera tutt’altro che pretestuosa, sostengono — si mettono di traverso. «Non possiamo lasciare che Biver — dice l’avvocato Luigi Squillario, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella — venga spogliata di un asset che, da solo, vale in potenza più del capitale sociale. In Biver la fondazione che presiedo ha investito più della metà del propri asset e toccare la quota posseduta nel capitale della Banca d’Italia, rappresenta un potenziale pregiudizio sulla solidità futura del gruppo bancario».
Volontà contrastanti
Mps vuole dividere. Il 60 per cento a Siena e il 40 per cento alle due fondazioni. Applicando lo schema del possesso azionario. Le fondazioni non ci stanno. E citano un precedente interessante. Quando a vendere fu IntesaSanpaolo, per anni socia di Biver, nessuno toccò la consistenza delle quote Biver in Banca d’Italia. Può considerarsi un precedente giuridicamente rilevante?
«L’obiettivo della fondazione che presiedo — spiega Squillario —, in assoluta sintonia con la Fondazione della Cassa di risparmio di Vercelli, è quello di difendere la patrimonializzazione della banca. Con Asti abbiamo già iniziato a tratteggiare i possibili contorni di una Cassa di risparmio a vocazione regionale. Ma nulla può prescindere dalla capacità della nostra banca di essere adeguatamente patrimonializzata. Non sta a noi proporre alternative, specie in questo momento in cui si sta perfezionando un contratto, ma è certo che ci opporremo risolutamente al depauperamento del nostro istituto bancario».
Progetto a quattro
Squillario non lo dice, ma advisor al lavoro sulla partita lasciano intendere che una soluzione potrebbe essere individuata nella creazione della Cassa di Risparmio del Piemonte, una nuova entità giuridica il cui capitale verrebbe partecipato dalle fondazioni di Biella, Vercelli, Asti e dalla banca Monte dei Paschi di Siena. Un bel progetto di istituto di credito locale, pronto ad occupare quello spazio lasciato libero da chi ha strategicamente preferito proiettarsi in avanti. Con un solo punto debole: qual è, in questo momento e con queste condizioni di mercato e di patrimonializzazione, l’interesse di Siena nel partecipare alla nuova banca?
Per capire poi come due casse di risparmio di provincia e di medie dimensioni siano arrivate a detenere assieme il 2,1 per cento della Banca d’Italia, bisogna risalire ai tempi del ventennio fascista e ai favori del regime. Di certo, quel pacchetto di azioni oggi rende Biver la nona azionista di Banca d’Italia, titolare di un patrimonio iscritto a bilancio per 9,3 milioni di euro.
Valori fluttuanti
«Proprio in questo momento — spiega Squillario — con decisioni sul capitale della banca centrale italiana che stanno per essere prese è quanto mai inopportuno separarsi da quelle quote, soprattutto perché così facendo si impoverirebbe la banca». L’idea sottesa è che se Biver le indica a bilancio a un costo storico (1.428 euro l’una), c’è chi le stima nei propri conti molto di più. Lo stesso Monte dei Paschi ne indica un valore superiore ai 50 mila euro a quota. Qual è dunque il valore corretto? Secondo taluni, la sola quota Biver potrebbe valere oltre 300 milioni di euro, contro i 203 milioni fissati come contropartita per la cessione del 60 per cento della banca.
Come finirà? Biella e Vercelli hanno probabilmente un piano nel cassetto. Ma si guardano bene dal tirarlo fuori in questo momento. Per ora hanno fatto scorte di pareri legali. Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps, ha recentemente sottolineato che conta di chiudere rapidamente la partita. Lunedì prossimo la prima scadenza (per altro non vincolante) sarà alle spalle. E resteranno 91 giorni per concludere un affare che appare ogni ora più complicato.
Stefano Righi