Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 23/09/2012, 23 settembre 2012
A OUCHY CENTO ANNI FA COME LA LIBIA FU ITALIANA
Il 18 ottobre ricorrerà il centenario del trattato di Ouchy, chiamato anche di Losanna. L’impero ottomano cedeva all’Italia la Libia, possedimento irrequieto che accettò lo stato di colonia soltanto negli Anni Trenta per via del governo repressivo di Graziani. La vicenda libica ebbe delle importanti ripercussioni perché i Paesi balcanici compresero che l’impero ottomano volgeva al tramonto e scatenarono due guerre per ottenere nuovi territori. Potrebbe ricordare quegli avvenimenti?
Antonio Fadda
antoniofadda2@virgilio.it
Caro Fadda, alla fine dell’estate del 1912, mentre l’Italia raddoppiava i suoi sforzi per estendere il territorio conquistato in Tripolitania e Cirenaica, la Bulgaria approfittò del conflitto per chiedere all’Impero Ottomano il riconoscimento dell’autonomia macedone. Di lì a qualche settimana, tre Paesi balcanici — Bulgaria, Grecia e Serbia — dichiararono guerra alla Turchia. Minacciato da un doppio conflitto, il governo di Costantinopoli decise di riprendere i negoziati segreti con l’Italia, che erano iniziati a Ouchy nel corso dell’estate. Sino a quel momento la Turchia aveva sperato in un intervento delle potenze sull’Italia per indurla a interrompere una guerra che minacciava d’incendiare la penisola balcanica. Ora, dopo l’aggressione dei bulgari, dei greci e dei serbi, si vide costretta a scegliere fra due fronti; e decise che la sua frontiera settentrionale era più importante dello «scatolone di sabbia», come Gaetano Salvemini aveva definito il Paese invaso dall’Italia nel settembre del 1911. In apparenza il trattato, firmato alle 15.45 del 18 ottobre, dette soddisfazione all’Italia. L’art. 2 stabiliva che la Turchia avrebbe ritirato le sue truppe e i suoi funzionari dalla Tripolitania e dalla Cirenaica, riconoscendo così, implicitamente, la perdita di due province imperiali. Su un punto, tuttavia, non fu possibile raggiungere l’accordo. L’Italia aveva proclamato la sua sovranità sulla Libia sin dal novembre dell’anno precedente e voleva che la Turchia la riconoscesse. Mentre la Turchia replicava, non senza qualche ragione, che l’Italia aveva occupato soltanto una parte del Paese e che la sovranità, se non era accompagnata dalla conquista e dal controllo del territorio, non aveva rilevanza internazionale. Il governo di Costantinopoli, quindi, si sarebbe limitato a riconoscere l’autonomia della Tripolitania e della Cirenaica. Tradotta in chiaro la sua posizione conteneva, per gli arabi e per gli italiani, lo stesso messaggio: sbrigatevela fra di voi.
Nell’accordo vi è poi un altro punto che avrebbe potuto creare all’Italia qualche difficoltà. La Turchia rinunciava al governo delle due province ottomane, ma il Sultano avrebbe avuto il diritto di nominare a Tripoli, nella sua veste di Califfo dell’Islam, un rappresentante, un naib-es-sultan. L’Italia volle credere che il funzionario avrebbe avuto funzioni esclusivamente religiose e preferì dimenticare quanto fossero intrecciati e difficilmente separabili, nella cultura dell’Islam, il potere politico e quello religioso.
Qualche anno dopo, comunque, il trattato di Ouchy perdette la sua originaria importanza. La Grande guerra costrinse l’Italia a interrompere il conflitto libico e permise alle tribù ribelli di riconquistare buona parte del territorio. Ma la nascita del regime di Kemal Atatürk in Turchia separò definitivamente la madrepatria dai suoi vecchi possedimenti e permise all’Italia di iniziare la riconquista, con Giuseppe Volpi e Giovanni Amendola in Tripolitania, con Rodolfo Graziani e Mussolini in Cirenaica.
Sergio Romano