Giovanna Cavalli, Corriere della Sera 23/09/2012, 23 settembre 2012
«LE MASCHERE DA PORCELLO DA DUE GIORNI VANNO A RUBA» — È
quasi un miracolo che il festante Minotauro non sia ruzzolato giù dai gradoni del Foro Italico, col buio.
Sotto al mascherone da toro, in pura gomma made in China, ci si vede pochissimo, perché gli occhiacci del bestione sono tappati e non resta, a scelta, che sbirciare dalle froge o dalla bocca spalancata.
Dove si mettono i piedi diventa una questione di intuito. Soffocati da un odoraccio di plastica, dopo due minuti il respiro si fa ansante come quello della feroce creatura mitologica. «Eh lo so, là sotto si suda tantissimo» conferma serafico Enrico Panczyk dello «Studio 13» di piazza Cavour, indirizzo di culto di fronte al Palazzaccio, regno di trucchi, costumi e parrucche.
Dove si sono riforniti molti dei duemila invitati dell’ormai leggendario Olympus Party per il ritorno in patria di Carlo-Ulisse De Romanis. A soli 23 euro, il suo amico Giovanni Andrea Panebianco fece sua la testa di toro. Ed eroicamente la indossò con i 20 gradi e il 70 per cento di umidità di quel 10 settembre 2010. Stesso grondante destino di coloro che si infilarono le teste di maiale, sebbene un suino è più normale che sudi. Specie se — come raccontano gli annales della serata — grugnendo e sbuffando ci si dava da fare per allungare le mani su qualche docile ancella.
«Sono due giorni che le maschere da porcello vanno a ruba» dice Enrico che ci fa strada al piano superiore, dove si sale normali e si scende Giulio Cesare, Attila o Gengis Khan. «Ce ne hanno richieste parecchie, un vero boom». SPQR, sono porcellini questi romani. Lo scandalo fa tendenza. Ce ne sono da 21 euro o, affarone, da 10, di un rosa pallido un po’ malsano. Il costume da guerriero greco sta a 95 euro (ma non è quello di Ulisse), quello da soldato troiano solo 45, forse perché hanno perso la guerra. Per lo stesso principio Marcantonio vale 55 euro, mentre un re di Roma, visto che non è unico ma sono sette, viene via per 35.
Sono stati i truccatori dello «Studio 13» a realizzare la foto cult dell’invito al party di De Romanis, sulla scalinata della Galleria Nazionale di Arte Moderna a Villa Borghese, con Cupido, Nettuno con tridente da 7 euro e Dioniso versione champagne. «In realtà sono pose diverse, assemblate col photoshop». E comprendevano pure una Medusa con serpentelli in testa e un Polifemo con monocolo ovviamente posticcio.
La moda degli eventi in costume è consolidata. «Si fanno da sempre, dai cinquemila invitati in giù. Cambia il festeggiato ma il giro è sempre quello, la gente è la stessa. Molta Roma Nord ma non solo. Due anni fa ricordo un party grandioso in stile Bollywood dietro piazza di Spagna». I prezzi qui sono modici: corona di alloro 7 euro, elmo 25, tunica 35, sandali romani 12 «e vanno molto pure per la Via Crucis».
Le parrucche a riccioloni biondi, altro must di quella soirée, probabilmente sono state comprate qui, assieme a gran parte dell’armamentario più vario. Mentre la tunica deluxe da Odisseo del consigliere regionale del Pdl dovrebbe essere uscita dall’infinito campionario della sartoria teatrale «Costumearte», storico laboratorio in zona Vigna Clara, il cuore di Roma Nord — dove il De Romanis è diventato De Romanis — e che ha vestito protagonisti e comparse di Cleopatra e Ben Hur, di Scipione l’Africano e di Barabba. «Non ne sono sicura, bella mia, abbiamo migliaia di pezzi», dice la titolare Gabriella Lo Faro, che lavora parecchio con cinema, teatro e fiction tv. «Quando ho visto le foto mi sono sforzata di ricordare, perché ero curiosa, ma sono passati due anni. Probabile che alcuni invitati siano venuti a rifornirsi privatamente, senza specificare per quale ricorrenza».
Ma in catalogo esiste un kit da Ulisse? «No, però che vuole che le dica, quella è una corazza, poi ognuno le dà il nome che vuole». Affittarla da loro costa circa 100 euro. Più economico travestirsi da ancella. «Le tunichette sono davvero striminzite, bastano 50 euro, ma quelle che si vedono nelle foto sono davvero degli straccetti, non possono essere nostre. L’alloro poi è orrendo, secondo me se lo sono fatti in casa, tagliando un cespuglio del giardino».
Giovanna Cavalli