Carlo Grande e Raffaello Masci, la Stampa 23/9/2012, 23 settembre 2012
AL LAVORO NEI CIRCHI PIÙ DI 2000 ANIMALI
È proprio vero: le giraffe, di solito, non vivono a Imola. Né gli elefanti a Parma o i coccodrilli a Venezia. Eppure sono centinaia gli animali costretti in circhi, giardini zoologici e «zoo-safari» italiani. Le bestie prigioniere sono migliaia al mondo: in genere dentro strutturebusiness, nate per attirare bambini e famiglie, per strappare sorrisi e qualche euro.
Secondo un dossier della Lav (Lega Anti Vivisezione) del 2010 il numero dei circhi con animali, comprese mostre faunistiche itineranti e i circhi acquatici, sarebbe di circa 100 unità. Gli animali sarebbero più di 2.000, tra cui più di 400 equidi (per la maggioranza cavalli, ma anche pony e asini) e circa 50 zebre. Risultano anche un’ottantina di bovidi vari tra cui una decina di bisonti. E poi circa 140 tra cammelli e dromedari, 9 giraffe, una sessantina di lama, 6 rinoceronti, più di 20 ippopotami, più di 50 elefanti, una decina di orsi, 8 scimmie, circa 160 tigri, circa 60 tra leoni ed altri felini, 40 tra struzzi, emù, etc., circa 350 volatili (la maggioranza pappagalli, ma anche rapaci notturni e avvoltoi), più di 100 cani, una ventina di mammiferi marini (otarie, etc.), circa 60 pinguini, circa 400 rettili, tra cui 250 serpenti (prevalentemente pitoni, boa e anaconde) e 50 tra coccodrilli e alligatori, più di 200 i pesci stimati, in gran numero piranha. Il «divertimento» che offrono può essere un’emozione da poco, in certi casi se ne esce – e questo capita anche a molti bambini - con fitte di tristezza, con l’amaro in bocca. Vedere specie selvatiche in cattività non è naturale; per quanto possano godere di spazi e cure consistenti non è quello il loro habitat, il luogo nel quale possono vivere felicemente.
Si vedono cammelli che bevono la Coca-cola, elefanti seduti su minuscoli sgabelli, scimmie vestite come bambini, tigri che vanno compulsivamente avanti e indietro, stordite dal dolore. Per non parlare, negli acquapark, dei delfini a volte usati come clown. Quanti sono i circhi in Italia e i loro animali? Difficile quantificarlo, al di là di pochi e famosi complessi c’è un sottobosco di strutture che varia nel corso degli anni.
È ben vero, comunque, che alcune specie in Africa o Asia sono vittime del bracconaggio (è il caso di elefanti e rinoceronti) e che alcune strutture servono per la conservazione della biodiversità. Ma è altrettanto vero che i bracconieri alimentano un fiorente traffico internazionale delle specie protette.
Possiamo biasimare le amiche bestie, se tentano la fuga? Le giraffe paiono ossimori zoologici, con il loro collo lungo cinque metri, la lingua blu e gli zoccoli da mucca. Ma sono animali sensibilissimi, come dimostra la povera fuggitiva di Imola, stroncata da un infarto e dallo stress causato dagli umani. Il Bioparco di Roma ne ha 4-5, le tiene nella «Casa delle Giraffe» e leggiamo di nascite felici come quella di Gina, per la cui nascita è stato predisposto un letto di paglia, per attutire la caduta del neonato da due metri di altezza. In qualche parco-divertimento i visitatori hanno detto di aver visto ippopotami giacere in vasche ridicolmente piccole. Il Bioparco di Roma, sia chiaro, è tenuto bene, spesso accoglie animali con tristi storie di maltrattamenti, costretti per anni a lavorare nei circhi e poi ceduti a zoo-safari.
Il primo esemplare di giraffa giunse in epoca moderna in Europa oltre due secoli fa, si chiamava Zarafa, attraversò la Francia a piedi tra folle entusiaste, arrivò a Parigi al Jardin des Plantes, visse 18 anni sola, lontana dalle rive del tiepido lago africano in cui era nata. Zarafa soffrì molto, docile, timida e silenziosa. Aveva un cuore grosso così (come avrebbe fatto, altrimenti, ad attraversare la Francia?), come la giraffa di Imola, che si è spezzato. Forse a ricordarci che zoosafari e circhi saranno belli, ma struzzi, tigri, foche scimmie e cammelli in gabbia o in un recinto danno tristezza. Salviamone gli habitat, andiamo a vederli là dove nascono oppure accontentiamoci dei documentari: la Bbc ne produce di meravigliosi.
Carlo Grande
DUE MILIONI DI EURO PUBBLICI FINISCONO SOTTO I TENDONI –
Il circo forse non è un business, nel senso che difficilmente ci si diventa ricchi. Ma ha un orgoglio forte rispetto ad altri settori dello spettacolo che sono iperassistiti: vive del suo. Più un piccolo (piccolissimo) sostegno pubblico.
Tutti conoscono le grandi famiglie degli Orfei e dei Togni, ciascuna delle quali ha più circhi. Ma, in totale, le famiglie circensi italiane sono un’ottantina e tengono in piedi all’incirca 100 circhi. Il numero non è preciso perché, a fronte di alcune grandi realtà stabili e che lavorano tutto l’anno, ce ne sono altre «stagionali», che quindi aprono e chiudono.
Una quindicina di circhi si considerano ormai «in esilio», nel senso che, pur essendo italiani in tutto, lavorano esclusivamente su piazze estere: i Paesi iberici, i Balcani, ma anche l’Estremo Oriente. Poi ce ne sono un’altra trentina - piccoli e stagionali - definiti tecnicamente «arene», cioè allestimenti senza tendone che lavorano solo d’estate all’aperto. Quando diciamo «Il» circo, per antonomasia, quindi, ci riferiamo a tutti gli altri (50-60) che lavorano tutto l’anno e allietano le feste di Natale nelle maggiori città italiane.
Tra artisti, tecnici, impiegati e addetti alla cura degli animali, il mondo circense dà oggi lavoro a 4 mila e 500 persone (con forti oscillazioni stagionali, però) e alimenta un importante indotto nel comparto metalmeccanico, al quale viene commissionata tutta l’attrezzatura, nonché gli imponenti mezzi di trasporto.
L’associazione di settore è l’Ente nazionale circhi, di cui è presidente Antonio Buccioni: «L’orgoglio del nostro circo - dice - è quello di vivere dei propri mezzi. La nostra forza è quella di avere un pubblico affezionato che ci sostiene, anche economicamente». Poi, due lire dallo Stato arrivano, si capisce, «ma poca roba».
Tutto il comparto dello spettacolo itinerante, in effetti, accede al Fus, il fondo unico dello spettacolo, del quale agli «itineranti» va l’1,5 per cento, pari a 6,6 milioni di euro l’anno, così divisi: 3,3 milioni se li prendono i luna park per le loro costose strutture. I restanti 3,3 milioni, teoricamente, vanno il circo. Ma 1,3 milioni sono vincolati al mantenimento della casa di riposo per i circensi di Scandicci, per l’Accademia del Circo di Verona e per il Centro di documentazione circense della stessa città.
Ai circa 60 circhi che ne fanno richiesta vanno, dunque, sì e no due milioni l’anno: un’inezia, il corrispettivo dei costi di trasporto e (qualche volta) delle utenze.
Raffaello Masci