Rosario Salamone, Corriere della Sera 24/9/2012, 24 settembre 2012
Il Palatino, primo colle di Roma
«Roma! Quella gran Roma!», questa la conclusione a cui giunse il marchese Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone (Cremona 1761-ivi 1842), cavaliere gerosolimitano e gran ciambellano dell’imperatore Ferdinando I, dopo lunghi e segretissimi anni di studi sulla storia dell’Urbe. Morto il marchese, i curiosi andarono a rovistare tra le sue carte, ansiosi di sapere quali fossero stati i risultati di tante solitarie ricerche. Trovarono solo pagine bianche e quella conclusione lapidaria. L’aneddoto lo racconta Franco Maria Ricci nella presentazione della magnifica edizione dell’Enciclopedia di Roma (1999). Negli stessi anni in cui il Ponzone non metteva il pennino sui fogli dei venti volumi (geniale iperbole!) di un’enciclopedia che avrebbe ridato la vista pure a Borges, il grande Giovan Battista Brocchi pubblicava la Carta fisica del suolo di Roma (1820), la prima carta geologica della Capitale. Il modello digitale elaborato nel 1995 confermava di fatto gli studi del Brocchi, al punto da rendere sovrapponibili le due carte geologiche. Da qualsiasi punto di Roma è visibile il Palatino, con la sua morfologia tabulare, sovrastante il Tevere e ben ventilato nella calura estiva. Il colle dove sorsero i primi insediamenti abitati, come confermato anche dalle recenti campagne di scavo di Andrea Carandini, è costituito di roccia tufacea proveniente dal materiale di deposito delle eruzioni del vulcano dei Colli Albani. Il Palatino, come d’altra parte il colle Capitolino, facevano parte di uno stesso plateau, parzialmente eroso dai rivi che scendevano verso il Tevere. Sul Palatino Romolo tracciò il solco della Roma Quadrata e lì sorse la prima casa del fondatore della Città. Un luogo ideale per celebrare le feste dedicate a Pales, la dea dei pastori, la cui ricorrenza cadeva il 21 aprile, il Natale di Roma. Probabilmente il primo etimo di Palatino nacque da proprio Palilia o Parilia, in onore della misteriosa divinità agreste. Tra quelle balze, dove una lupa allattò i due gemelli Romolo e Remo, era approdato Ercole nella sua peregrinazione in Italia. Sul Palatino l’eroe greco fece giustizia di Caco, la «mezza bestia, il crudo ceffo», come racconta Virgilio nell’Eneide. La tessitura dei miti di fondazione della Città Eterna si stratificherà nel tempo intrecciando storia e leggenda e riservando al Palatino una funzione archetipica tra i sette montes (i colli) di Roma. Il luogo scelto dall’aristocrazia senatoria per erigere la propria domus, come decisero Crasso, Cicerone, Marco Antonio e Augusto, per antonomasia divenne così il Palatium, il simbolo fisico dell’autorità, del potere, il luogo residenziale dei Cesari. A questa scelta emblematica aderirono nel medioevo anche i papi e gli imperatori, fin quando nel ’500 gran parte del colle fu occupata dalla villa del cardinale Farnese e dove nel 1625 sorse il primo orto botanico al mondo, gli Horti Farnesiani. Poi, a seguito degli scavi dell’Ottocento, gli orti, i ninfei e gli edifici annessi furono in larga misura eliminati e l’intera area del Palatino divenne una sorta di accademia per le scuole archeologiche che si susseguirono. Tra i primi Francesco I duca di Parma, l’abate francese Rancoureuil, Pietro Rosa (1869) su committenza di Napoleone III, Giacomo Boni su incarico del ministro dell’Istruzione Baccelli (1898), Gian Filippo Carettoni negli anni ’50 del secolo scorso. Il «Palazzo», ovviamente, s’era trasferito altrove ma il Palatino - Deo gratias - sta sempre lì.