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 2012  settembre 22 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - L’INCONTRO MONTI-MARCHIONNE


REPUBBLICA.IT PRIMO PEZZO DOPO LA FINE DELL’INCONTRO ALLE 22
TORINO - E’ durato più di cinque ore a Palazzo Chigi l’incontro tra il premier Mario Monti e i vertici della Fiat. A termine della riunione il Lingotto conferma l’intenzione di investire in Italia "nel momento più idoneo". Questo anche grazie alla sicurezza finanziaria dell’azienda dovuta all’attività al di fuori dell’Unione europea. "Fiat - si legge nella nota di Palazzo Chigi - è intenzionata a riorientare il modello di business in Italia in una logica che privilegi l’export", manifestando "piena disponibilità a valorizzare le competenze e le professionalità peculiari delle strutture italiane, quali ad esempio l’attività di ricerca e innovazione". Una decisione apprezzata dall’esecutivo: "Il governo ha apprezzato l’impegno assunto nel corso della riunione a essere parte attiva dello sforzo che il Paese sta portando avanti per superare questa difficile fase economica e finanziaria", si legge nel comunicato congiunto diffuso a fine giornata.
AUDIO Griseri: "Il Lingotto chiede gli ammortizzatori" 1
L’Ad e il presidente del Lingotto Sergio Marchionne e John Elkann, sono arrivati alle 16 in punto a bordo di un’auto con i vetri oscurati e sono entrati dall’entrata posteriore dell’edificio. Per l’esecutivo, oltre al presidente del Consiglio, erano presenti il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, quello del Lavoro, Elsa Fornero, della Coesione territoriale, Fabrizio Barca, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà.
Nel corso dell’incontro il Lingotto ha illustrato "le proprie stime sull’andamento del mercato automobilistico italiano e internazionale e le prospettive strategiche di sviluppo futuro del gruppo, concentrandosi in particolare su quelle che possono derivare dall’integrazione delle piattaforme di Chrysler e Fiat". L’azienda ha ricordato di aver investito 5 miliardi in Italia negli ultimi tre anni.
Al termine della riunione, governo e Fiat "hanno concordato di impegnarsi per assicurare nelle prossime settimane un lavoro congiunto utile a determinare requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità competitiva dell’azienda". In particolare, "un apposito gruppo di lavoro sarà costituito presso il Mise per individuare gli strumenti per rafforzare ulteriormente le strategie di export del settore automotive". A fine giornata Fiat ha fatto sapere di apprezzare "l’azione del governo che ha giovato alla credibilità dell’Italia e ha posto le premesse, attraverso le riforme strutturali, per il miglioramento della competitività, oltre che per un cambiamento di mentalità idoneo a favorire la crescita".
Secondo alcune fonti dopo le prime ore di colloqui, governo e vertici Fiat hanno avuto riunioni separate, da una parte premier e ministri e dall’altra i rappresentanti del Lingotto. Poi l’esecutivo e i vertici aziendali si sono nuovamente riuniti allo scopo di raggiungere una linea comune, che potrebbe essere sintetizzato in un comunicato congiunto.
Mentre i vertici della Fiat incontravano i rappresentanti dell’esecutivo, decine di operai sono scesi in piazza per protestare. I lavoratori della Irisbus di Valle Ufita, stabilimento chiuso dalla Fiat a luglio 2011 in provincia di Avellino, e di Pomigliano d’Arco hanno manifestato davanti a Palazzo Chigi per chiedere l’attenzione del governo e dei vertici del Lingotto.

TORINO - E’ appena incominciato a palazzo Chigi l’incontro tra il premier Mario Monti e i vertici della Fiat. L’Ad e il presidente del Lingotto Sergio Marchionne e John Elkann, sono arrivati alle 16 in punto a bordo di un’auto con i vetri oscurati e sono entrati dall’entrata posteriore dell’edificio. Per l’esecutivo, oltre al presidente del Consiglio, sono presenti il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera e quello del Lavoro, Elsa Fornero. Sul tavolo, da una parte le prospettive industriali del Lingotto in Italia e, dall’altra, gli strumenti che il governo può mettere in campo per assicurare gli ammortizzatori sociali e sostenere il settore auto.
"La Fiat sta bene", ha detto questa mattina Marchionne ai cronisti durante la sua visita al campus "Luigi Einaudi", dove l’amministratore delegato del Lingotto si è recato con il presidente Elkann. Avvicinato più volte dai giornalisti, il manager non ha voluto rilasciare altre dichiarazioni.
In concomitanza con l’incontro i lavoratori della Irisbus di Valle Ufita, stabilimento chiuso dalla Fiat a luglio 2011 in provincia di Avellino, e di Pomigliano d’Arco manifestano davanti a Palazzo Chigi per chiedere l’attenzione del governo e dei vertici del Lingotto
Monti. Oggi
sul confronto ha parlato Monti, a Pontignano (Siena) per un convengo organizzato dal British Council. Sibillina la prima replica del presidente del Consiglio: "Oggi ho tanti incontri". E poi: "Ho fiducia in questo incontro", riferendosi ai lavori di Pontignano. Dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nessuna battuta. "Un ministro deve avere fiducia. Sono fiduciosa che ci saranno almeno dei chiarimenti, necessari per dare fiducia alle persone. Quindi bisogna sapere quali sono le prospettive".
Clini. Sulla questione oggi è intervenuto anche il ministro dell’Ambiente Corrado Clini,a margine della Reunion 2012 oggi all’Università Luiss di Roma. "Non saremmo in questa situazione se il governo italiano avesse avuto 10 anni fa la capacità di dire a Fiat adesso si confronti con noi sulla sua politica industriale perché in Francia e Germania, dove sono le altre case automobilistiche europee, le politiche nazionali hanno dato input alle politiche industriali", ha detto Clini. Ad esempio, "l’innovazione tecnologica e l’auto elettrica sono casi simbolici". Invece, prosegue il ministro, "il governo italiano si è confrontato con la Fiat su un solo obbiettivo: conservare l’occupazione".
La vigilia dell’incontro è stata movimentata anche dal botta e risposta tra l’ad del Lingotto e il ministro dello Sviluppo economico. In visita in Brasile giovedì scorso, Passera aveva rilevato come "anche in Europa è possibile guadagnare costruendo automobili". L’Ad del Lingotto ha risposto oggi con una nota tanto stringata quanto secca nei toni. "Sono felice che il ministro Passera si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in quel Paese - aveva replicato in una nota Marchionne - . Certamente non gli sarà sfuggito che il governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche dell’industria automobilistica. Sono sicuro che il ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali".
Catricalà. Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, battute e frecciate a distanza non influiranno negativamente sull’incontro. "Non penso - dice - è un normale scambio di idee. Stasera all’incontro ci sarà il vero scambio di idee". "Sono moderatamente ottimista - aggiunge Catricalà -, perché credo che l’Italia abbia bisogno della Fiat, ma credo che anche la Fiat ha bisogno dell’Italia. Dove sarebbe la Fiat senza l’Italia?".
Angeletti. Pessimista è invece il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. "Sono ottimista per definizione - dichiara al Giornale Radio Rai -, ma ho il timore che il vertice non produca risultati concreti". Come dice Marchionne, "la Fiat sta complessivamente bene tranne che in Italia - sottolinea il leader sinacale -, dove purtroppo utilizza gli impianti e soprattutto i lavoratori al 50% delle sue potenzialità, quindi questo è il problema".
Richiamando le dichiarazioni di Marchionne sul Brasile, quindi la questione del sostegno pubblico all’auto in Italia, Angeletti commenta: "Credo che non ci sia nessun bisogno di dare sostegni pubblici, per altro vietati in Europa. Semplicemente bisogna fare quello che il governo deve fare per tutte le imprese: ridurre le tasse sugli investimenti e finanziare la ricerca".
Infine, Angeletti rifiuta una logica di "scambio" tra l’impegno di Fiat a non chiudere stabilimenti e quello del governo a fornire la cassa integrazione in deroga e (secondo indiscrezioni sui giornali) un piano di prepensionamenti. "La Fiat deve confermare gli investimenti in nuovi modelli. Non è uno scambio. Se poi bisognerà discutere di cassa integrazione per dare un sostegno, anche modesto, a chi non lavora, questo lo avremmo dovuto fare comunque".
Landini. Parte all’attacco anche il leader della Fiom Maurizio Landini. "Il governo dovrebbe inchiodare la Fiat alle sue responsabilità", ha detto Landini parlando dal palco dell’Idv a Vasto dei finanziamenti pubblici alle imprese. "Il governo - aggiunge - dovrebbe chiedere alla Fiat i piani industriali, perchè quando li vide la Merkel che li aveva chiesti a Marchionne che voleva investire sulla Opel, lei disse no". "Non posso nemmeno immaginare che non ci sia più Fiat in Italia - sottolinea Landini - perchè sarebbero migliaia i lavoratori a pagarne le spese, ma è anche vero che il governo dovrebbe aprire ai produttori di auto stranieri che invece sono sempre stati tenuti fuori".

(22 settembre 2012)

CORRIERE.IT
«La Fiat sta bene!». Così Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, ha risposto con queste poche parole ai cronisti che, in occasione dell’inaugurazione del nuovo campus universitario a Torino, alla presenza anche del presidente John Elkann, gli hanno chiesto dell’incontro di oggi pomeriggio con il governo.
«FIDUCIOSO» - E non è mancata la replica a distanza del presidente Monti, che preferisce il basso profilo (senza caricare il summit di ulteriori significati): «Sono fiducioso in questo incontro, quello di Pontignano...». Questa è stata la secca risposta del premier ai giornalisti che questa mattina alla Certosa di Pontignano gli chiedevano dell’incontro con la Fiat previsto questo pomeriggio a Roma. «Sì, ma questo pomeriggio l’incontra...», hanno insistito i cronisti. Laconica la contro-replica di Monti: «Ne ho diversi di incontri...».
IL TEMA BRASILE - Venerdì Sergio Marchionne ha replicato con una nota alle affermazioni del ministro Passera, tornato da un viaggio in Brasile: «Sono felice che il ministro Passera si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in quel Paese. Certamente non gli sarà sfuggito che il governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche dell’industria automobilistica. Sono sicuro che il ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali». Così l’Ad della Fiat Sergio Marchionne, che aggiunge: «In particolare per lo stabilimento nello stato di Pernambuco, in corso di costruzione, la Fiat riceverà finanziamenti sino all’85% su un investimento complessivo di 2,3 miliardi. A questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni».
POLEMICA CON PASSERA - CORRIERE.IT
MILANO - Sale la tensione alla vigilia del delicato incontro tra il governo e la Fiat. A Sergio Marchionne non sono andate giù le parole di Corrado Passera, che due giorni fa da San Paolo aveva commentato i risultati raggiunti dal gruppo torinese in Brasile, dove la Fiat è leader di mercato. «I suoi innegabili successi in Brasile dimostrano che quando si è in sintonia con un Paese i risultati arrivano» aveva detto il ministro dello Sviluppo economico, aggiungendo però: «Dovrà spiegarci perché non riesce a guadagnare in Europa e in Italia, a differenza dei suoi concorrenti». La risposta è arrivata a stretto giro, accendendo la polemica. A Passera «non sarà sfuggito che il governo brasiliano è particolarmente attento alle problematiche dell’industria auto» ha replicato l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler con una lunga nota.
Quello che Passera ha visto in Brasile - il progetto della nuova fabbrica di Recife: 250.000 auto l’anno - è certamente merito del lavoro fatto dal Lingotto, ha fatto presente il manager, ma in un contesto favorevole creato dalla politica industriale adottata dal governo di Dilma Rousseff, incentrata su aiuti, sgravi fiscali e una riduzione dei tassi di interesse, che ha tenuto il Paese al riparo dalla recessione mondiale. «Sono sicuro che il ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali» ha spiegato Marchionne. «In particolare - ha ricordato - per lo stabilimento nello Stato di Pernambuco, in corso di costruzione, la Fiat riceverà finanziamenti sino all’85% su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro». Non solo: «A questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni».
Insomma: dove ci sono le condizioni - è il pensiero di Marchionne - la Fiat le cose le fa. In Italia «l’ultima operazione del genere si è verificata all’inizio degli anni Novanta per lo stabilimento di Melfi» ha ricordato il numero uno operativo del Lingotto. Che non si fa troppe illusioni: «Sappiamo bene che, considerando l’attuale quadro normativo europeo, simili condizioni di finanziamento non siano ottenibili». Però qualcosa, fa intendere Marchionne, si deve fare. «Abbiamo proprio un incontro domani» ha replicato Passera, che insieme al premier Mario Monti e al ministro del Welfare, Elsa Fornero, oggi incontrerà il presidente di Fiat, John Elkann, e Marchionne a Palazzo Chigi.
L’appuntamento serve a fare chiarezza. Sulle intenzioni del Lingotto e sulle possibili aperture del governo. «Mi auguro che la Fiat mantenga, pur nel rispetto delle logiche di profitto e d’impresa, la sua italianità», ha auspicato il presidente del Senato, Renato Schifani. «Gli italiani hanno dato tanto alla Fiat e la Fiat ha dato tanto all’Italia: credo che questo matrimonio non si possa sciogliere». Alla vigilia dell’incontro nel governo c’è prudenza, ma anche un cauto ottimismo. «Speriamo sia un incontro utile, bisogna chiarirsi e parlarsi - ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà -. È necessario che i problemi vengano esposti con chiarezza e sincerità, bisogna che qualcuno si impegni ad ascoltare e a risolvere i problemi nei limiti del possibile». «Il governo si caratterizza per una certa sobrietà - ha aggiunto -, soprattutto quella degli annunci, e anche a me non piace fare anticipazioni, sono tuttavia cautamente ottimista». Sulla stessa linea il ministro del Welfare, Elsa Fornero: «Aspettiamo. Bisogna essere fiduciosi, un ministro deve essere fiducioso per dovere», ha affermato. L’auspicio del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, è che il confronto aiuti non solo a fare chiarezza ma anche a trovare un percorso che possa essere di stimolo all’industria perché «un grande Paese come l’Italia non può non avere una grande azienda automobilistica».
Federico De Rosa

BACCARO SUI PROBLEMI DEGLI STABILIMENTI MIRAFIORI E CASSINO
ROMA - A Palazzo Chigi le chiamano «condizioni di contesto», espressione che nel linguaggio dei tecnici equivale agli aiuti possibili allo sviluppo o, in questo caso, al mantenimento in vita di un’attività imprenditoriale. Proprio sulle condizioni di contesto che potrebbero essere offerte alla Fiat in cambio, sia ben chiaro, di qualche impegno più preciso sulle fabbriche italiane, hanno lavorato in questi giorni le squadre tecniche di Palazzo Chigi, ministero dello Sviluppo economico e Lavoro.
Se ne parlerà oggi nell’incontro con la Fiat non prima di aver strappato all’amministratore Sergio Marchionne qualche anticipazione sul piano che sarà presentato il 30 ottobre, con il consueto impegno alla riservatezza.
Capire le reali intenzioni della Fiat è necessario prima di squadernare l’armamentario possibile degli aiuti, nessuno dei quali per il governo è di facile gestione. A cominciare dagli ammortizzatori sociali: i quattro principali stabilimenti Fiat sono oggi in cassa integrazione ordinaria, pagata da azienda e lavoratori. Ma l’ipotesi di lasciarli in vita con una produzione ridotta già all’osso fino alla ripresa, che Marchionne non colloca prima del 2014, richiede l’utilizzo di nuova cassa. In ballo c’è quella in deroga, finanziata dallo Stato, a Mirafiori, Pomigliano e alla ex Bertone, quando sarà esaurita quella straordinaria. E poi forse anche i prepensionamenti per i lavoratori che oggi non arrivano a 60 anni. Può il governo impegnarsi su questo fronte? Il problema non è solo economico ma anche sociale: le situazioni come quella di Fiat sono tantissime, soprattutto tra le medio-piccole imprese, che bramerebbero di poter superare il periodo di crisi con una qualche forma di aiuto. L’effetto a catena è scontato.
L’altra condizione di contesto che può essere messa sul tavolo sono gli incentivi fiscali di cui proprio ieri ha parlato Marchionne citando in positivo il caso Brasile. Far calare le accise sul carburante, alleggerire la presa del redditometro, rendere meno onerosa l’Rc auto o la tassazione sulle auto sono interventi che potrebbero rianimare il mercato domestico ma nessuno è a costo zero. Le entrate fiscali del Paese sono blindate se si vuole mantenere la promessa di non aumentare l’Iva.
E infine c’è la questione europea che Marchionne ieri ha brandito incalzando il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera.
L’idea del manager è che Monti sfrutti il suo appeal in Europa per ottenere quello che lui stesso ha proposto inutilmente all’Acea, l’associazione europea delle case d’auto: una politica comune che consenta gli aiuti e coordini le chiusure delle fabbriche. Vorrà Monti, alfiere della concorrenza europea, intestarsi questa battaglia? Si vedrà, intanto per il premier sarà più agevole garantire l’impegno a facilitare l’ottenimento dei prestiti della Bei o a semplificare le norme societarie. Così come è prevedibile che Monti ricordi a Marchionne che il Paese è impegnato in uno sforzo riformatore che il manager, da italiano, farebbe bene a riconoscere confermando i suoi impegni.
Antonella Baccaro

L’INTERVENTO DI DE BENEDETTI - REPUBBLICA.IT
MILANO - Fabbrica Italia era "uno specchietto per le allodole", "una favola". Lo scrive Carlo De Benedetti a proposito della vicenda Fiat in un intervento sul Sole 24 Ore dedicato alla sfida del lavoro e dell’innovazione per l’Italia e l’Europa. Una sfida che, osserva, non si vince "sul costo del lavoro" ma sulla capacità di investire ed innovare.
"Quando furono annunciati gli investimenti da 20 miliardi - sottolinea De Benedetti a proposito dell’impegno assunto dal Lingotto sull’Italia - il calo delle immatricolazioni in Europa era già in corso. Da 16 milioni di vetture nel 2007 a 13,8 nel 2010. Quindi il quadro non è così cambiato. Ma soprattutto quella cifra era dall’inizio chiaramente sovradimensionata: da una parte non è nelle disponibilità di cassa di Fiat; dall’altra equivarrebbe alla spesa necessaria per far nascere 20 fabbriche nuove. Un’assurdità".
"Quando Marchionne spiega che la Punto si fa in Serbia perché i salari sono geometricamente più bassi, sembra dire un’ovvietà, ma in realtà sbaglia", scrive De Benedetti, secondo il quale "bisogna produrre con costi italiani prodotti di qualità italiana", come stanno facendo i tedeschi. "Se invece non investi in valore aggiunto e innovazione, scapperai sempre e non risolverai i problemi del tuo Paese".
"Pur ammirando le indubbie capacità di Marchionne - aggiunge l’imprenditore - contesto radicalmente la sua argomentazione
per la quale in un mercato debole non si investe. Se nel 2014 arriverà una ripresa della domanda di automobili, è evidente che bisogna investire ora, in modo da arrivare con una catena produttiva innovativa e con buoni modelli all’appuntamento con i nuovi potenziali clienti. Per non parlare della catena di vendita, punto di forza tradizionale di Fiat, che di questo passo tra un anno sarà smantellata".
"La Fiat deve investire per fare automobili che portino nelle loro linee e nei loro motori - sottolinea De Benedetti - il marchio positivo della qualità italiana. Altro che Serbia. Ma loro stessi sembrano non crederci più. Rivendicano l’investimento nella Bertone, ma il segno della sfiducia è nell’aver perso in favore di Volkswagen la capacità di design e di alta tecnologia di Giugiaro. Eppure è lì, fuori Torino, a 15 chilometri dagli stabilimenti Fiat. Il segreto del miracolo italiano è stato nella capacità di produrre cose belle, che piacciono al mondo. Oggi invece ci lasciamo scappare Giugiaro e andiamo a fare macchine in Serbia. Pochi investimenti, nessuna innovazione, competizione al ribasso delocalizzando: il modo migliore per perdere la guerra del lavoro. I nostri giovani non ci diranno grazie".
"Come diceva Cipolla - conclude De Benedetti - il segreto del miracolo italiano è stato nella capacità di produrre all’ombra dei campanili cose belle, che piacciono al mondo. Lo è stato sempre. Non è che fosse economico costruire statue in Toscana all’epoca di Michelangelo, ma quelle statue si vendevano bene perché erano belle".
(22 settembre 2012)

GRISERI: MARCHIONNE VUOLE AMMORTIZZATORI SOCIALI, CASSA IN DEROGA, NON POSSIAMO CONTINUARE A PERDERE 700 MILIONI L’ANNO

corriere.it
MILANO- Vertice fiume a Palazzo Chigi fra il presidente del Consiglio Mario Monti e l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne. L’incontro si è concluso dopo cinque ore, dalle quali probabilmente dipenderà il futuro del Lingotto in Italia.
INVESTIMENTI SOLO NEL MOMENTO IDONEO-La Fiat dichiara di voler salvaguardare la presenza in Italia grazie all’export negli Usa e in altre aree extra europee. Sostenendo le difficoltà europee con gli utili prodotti altrove. Ma si riserva di investire «nei nuovi prodotti al momento più idoneo», quando il mercato europeo si sarà ripreso. Nel frattempo il costruttore lavorerà allo sviluppo di un modello di export per aumentare la capacità degli impianti italiani. Una dichiarazione che arriva dopo l’abbandono del costruttore del piano Fabbrica Italia che prevedeva investimenti di 20 miliardi di euro nel nostro paese. Elkann e Marchionne ribadiscono, però, che l’azienda ha investito 5 miliardi di euro nel nostro paese negli ultimi 3 anni. Annunciando che la collaborazione con la Chrysler sarà sempre più stretta, grazie all’integrazione delle piattaforme. All’esecutivo la Fiat non avrebbe chiesto aiuti, ma «un sostegno per la produttività e una maggiore competitività».
L’APPELLO DEI SINDACATI-Fuori da Palazzo Chigi si leva forte la voce dei sindacati. Per Bonanni segretario della Cisl, «Marchionne deve riprepararsi al mercato che riprenderà vigore facendo ricerca, migliore innovazione di prodotto e rimettendo a posto l’azienda».
LA PROTESTA DI IRISBUS- Fuori dalla sede governativa,
la protesta dei lavoratori di Irisbus che protestano contro la chiusura dello stabilimento di Avellino :«A fine anno scade la cassa integrazione - hanno spiegato dopo le grida contro la Fiat - Ma noi non vogliamo assistenza» Chiediamo a Monti e a Marchionne di dirci se in Italia si devono produrre autobus anche perchè abbiamo mezzi obsoleti e inquinanti. Finora non abbiamo avuto risposte, non ci ricevono nemmeno».