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 2012  settembre 20 Giovedì calendario

Italiani bamboccioni a vita ma non per colpa della crisi - Bamboccioni fino a trent’an­ni, nostalgici e tradizionalisti fino ai sessanta

Italiani bamboccioni a vita ma non per colpa della crisi - Bamboccioni fino a trent’an­ni, nostalgici e tradizionalisti fino ai sessanta. Nulla da fare: gli italia­ni amano stare con mamma e pa­pà. E anche quando se ne vanno non si allontanano dal quartiere: l’indipendenza dai genitori non supera la mezz’ora di strada a pie­di dalla casa di origine. Il rapporto Coldiretti/Censis «Crisi: vivere insieme, vivere me­glio » la dice lunga sulle abitudini e le preferenze nostrane. E non è so­lo la crisi economica che spinge a scelte di vita condivise in famiglia. C’è anche la necessità di una rete di protezione tranquillizzante, il vincolo degli affetti, la comodità di cenare senza l’ansia di dover fa­re tutto da soli. Così,non c’è da stu­pirsi quando emerge che quasi un terzo degli italiani (il 31%) abita con i genitori. E neppure che il 60,7% dei giovani tra i 18 e i 29 anni vive insieme alla madre. Sono i co­siddetti bamboccioni, che resta­no attaccati alle gonne materne non solo perché disoccupati o sen­za il becco di un quattrino. Il socio­logo Mario Morcellini - preside della facoltà di Scienze della co­municazione della Sapienza- par­la di cambiamento culturale: «So­prattutto i maschi preferiscono protrarre il loro tempo di vita non connesso al ruolo di genitore o co­niuge: ci si sposa e si fanno figli sempre più tardi». Per questo «vi­vere con mamma e papà è un feno­meno che potrebbe sopravvivere alla crisi economica». Ma in Italia un po’ bamboccio­ni si resta per la vita. Anche i tren­tenni che raggiungono l’indipen­denza continuano a vivere nel rag­gio di azione della famiglia. Infat­ti, il 42,3% ha la madre, il padre op­pure i parenti stretti che abitano a un massimo di trenta minuti a pie­di dalla propria abitazione. E que­sto non vale solo per i bamboccio­ni che hanno deciso di diventare adulti, ma anche le persone di età compresa tra i 30 e i 45 anni (il 25,3% coabita, il 42,5% abita nei pressi), e addirittura gli adulti dai 45 ai 64 anni (l’11,8% coabita, il 58,5% abita in prossimità). Bentor­nata famiglia, che secondo il rap­porto si è trasformata «in soggetto di welfare che opera come provi­der di servizi e tutele per i membri che ne hanno bisogno e tende a ri­compattare i componenti, anche quando non coabitano». Qualcu­no potrebbe sfoderare un sorriso ironico di fronte a questa immagi­ne un po’ atavica del nucleo fami­liare ma il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, smorza l’ironia e ricorda che«la solidarie­tà tra generazioni sulla quale si fonda l’impresa familiare è un mo­dello vincente­per vivere e stare be­ne insieme e non un segnale di ar­retratezza sociale e culturale co­me molti si ostinano ad afferma­re ». Gli italiani stanno cambiando gusti e tendenze? Sembra di sì, vi­sto che il Censis evidenza un ritor­no alla terra, fenomeno ancora sotterraneo ma in crescita. La gen­te rivaluta la dimensione rurale e di quartiere per migliorare la pro­pria qualità di vita ed è più attenta al costo e alla qualità di quello che acquista e mangia. «C’è un ritor­no sul territorio, alla vita in comu­ne, all’agricoltura, alla cultura enogastronomica- spiega il presi­dente del Censis, Giuseppe De Ri­ta- . Marchionne penserebbe que­sti sono fuori dal mondo, ma per gli italiani il cibo diventa qualità della relazione umana». E non è un caso se più di sette milioni di ita­liani a pranzo mangia il cibo pre­parato in casa non solo per rispar­miare ma anche per essere sicuro della qualità e preferisce sapori e profumi casalinghi durante la pausa dal lavoro. E il gusto della buona tavola non evapora neppu­re nel weekend, quando si spende davanti ai fornelli anche più di un’ora per preparare cenette«an­ticrisi » per amici e parenti.