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 2012  settembre 20 Giovedì calendario

SE IL MONDO VINCE LA SFIDA DELLA LIQUIDITÀ

Le banche centrali dei principali paesi stanno stringendo d’assedio la grande recessione. Dopo la decisione della Banca centrale europea di intervenire in modo risoluto nel vecchio continente per bloccare la crisi del debito sovrano e dopo l’annuncio della Fed, dall’altra parte dell’Oceano, di varare un massiccio programma di immissione di liquidità al ritmo intenso di 40 miliardi di euro al mese, è ora il turno dell’estremo oriente. La banca centrale del Giappone ha deciso di seguire la stessa rotta. Essa si unisce alle altre due banche centrali, rafforzando in modo sostanziale il suo programma di espansione monetaria passando da 70 a 80 miliardi di yen di acquisti di titoli e quindi di immissione di liquidità nonché estendendo la durata degli interventi e mantenendo tassi di interesse prossimi a zero per un periodo di tempo più lungo. Questi interventi hanno motivazioni diverse: evitare l’implosione della moneta unica bloccando una crisi di fiducia sull’euro nel caso della Bce; accelerare e consolidare la ripresa sperando di riassorbire il tasso di disoccupazione nel caso degli Usa; promuovere la ripresa dell’economia favorendo un cambio debole nel caso del Giappone. Ma vanno tutti nella stessa direzione: garantire un sufficiente afflusso di liquidità al mercato e alle banche innanzitutto, in modo da cercare di contenere il rischio che le economie di mezzo pianeta vengano intrappolate in una lunga stagnazione. Che ci si riesca è tutto da vedere e molte incertezze permangono. Il fatto però che vi è una azione congiunta delle tre principali banche centrali del mondo accresce le speranze di successo. Inoltre alcuni frutti, soprattutto in Europa già si sono visti: i mercati dei titoli di Stato nei paesi a rischio sono oggi meno tesi e il rischio di implosione dell’euro è molto più contenuto rispetto a solo qualche settimana fa ed è già riflesso nei rendimenti relativi dei titoli di Stato. Il miglioramento è tale che oggi la domanda che abbiamo di fronte in Europa non è più se è possibile varare una politica monetaria adatta alle circostanze ma quando gli stimoli monetari che si stanno immettendo inizieranno a far sentire i loro effetti sull’economia reale, sulle scelte delle imprese, sulle decisioni di spesa delle famiglie e finalmente sul mercato del lavoro. Questa domanda è particolarmente sentita nei paesi dove le imprese patiscono maggiormente la stretta creditizia e guardano con apprensione ai mesi che verranno. I dodici mesi trascorsi sono stati per le imprese italiane, per quelle spagnole, per quelle greche e di tutti i paesi europei investiti dalla crisi del debito sovrano i peggiori del dopoguerra nella necessità di reperire liquidità e nella difficoltà di ottenerla. In Italia durante altre crisi anche acute come quella degli inizi degli anni 90 o del 2008, più o meno il 15% delle imprese aveva necessità di ottenere ulteriori fondi esterni aggiuntivi rispetto a quelli di cui già disponeva. Nell’anno trascorso questa quota è salita al 40%: poco meno di una impresa su due aveva necessità di accrescere il proprio indebitamento, denunciando uno squilibrio mai prima riscontrato tra debito disponibile e debito desiderato. Ma solo la metà di queste sono riuscite ad ottenere fondi ulteriori, spesso solo in parte. Le banche erogatrici affrontavano un problema analogo a quello delle imprese – reperire liquidità – e trovavano difficile finanziare i loro clienti. Lo Stato aveva pure lo stesso problema: raccogliere liquidità per finanziare le sue attività e una delle strade seguite è stata quella di farla mancare alle imprese creando un circolo vizioso in cui lo Stato ritarda i pagamenti, aggrava la situazione finanziaria delle imprese, che si rivolgono alle banche che non sono in grado di soddisfarla perché esposte verso uno stato in odore di insolvenza. Questo cerchio oggi, dopo la dichiarazione di intervento della Bce è stato interrotto. Ma richiederà del tempo prima che le politiche della Banca centrale europea, della Fed e ora della Banca centrale del Giappone raggiungano quelle imprese assetate. Quanto tempo? La cattiva notizia è che è difficile prevedere quando lo stimolo monetario arriverà all’economia reale, quando inizierà a mutare le decisioni di finanziamento delle banche, quando queste cambieranno le decisioni di investimento delle imprese e di acquisto delle famiglie. Quando infine questi cambiamenti nella domanda si tradurranno in decisioni di assunzioni di nuovo personale. Vi sono, tra lo stimolo dato dalla Bce e le altre banche centrali e i loro destinatari finali, parecchi ritardi e talvolta anche anticipi (reazioni agli annunci). Della loro lunghezza abbiamo delle stime, ma, come per primo notò Milton Friedman, anticipi e ritardi non sono costanti ma mutevoli e le stime passate non sono buone per predire il futuro, ancor più dopo i dissesti e le mutazioni avvenute durante questa crisi. La buona notizia è però che oggi all’ordine del giorno vi è questa preoccupazioneanzichè quella di una possibile fine imminente dell’euro: solo poche settimane fa avremmo volentieri sottoscritto un patto per questo cambio di agenda.