Paolo Colonnello, la Stampa 20/9/2012, 20 settembre 2012
ABU OMAR, NUOVO PROCESSO PER GLI EX VERTICI SISMI CONDANNATI 23 AGENTI CIA
Il sequestro di una persona, sebbene sospettata di terrorismo, è un reato che il «segreto di Stato» non può coprire. Anche se a commetterlo sono strutture governative che agiscono in nome della «sporca guerra» contro l’estremismo islamico. Vale per il nucleo degli agenti Cia che rapirono il 17 febbraio 2003 l’imam egiziano della moschea di viale Jenner e che per questo sono stati condannati. E potrebbe valere anche per i vertici del Sismi che, secondo le accuse, fornirono appoggio logistico, ma che «un uso troppo estensivo del segreto di Stato» - secondo quanto trapela dalle motivazioni che verranno depositate prossimamente dalla Cassazione - non permise di giudicare.
Questo il senso della decisione con cui ieri sera la quinta sezione della Suprema Corte ha confermato in parte la sentenza di secondo grado della Corte d’appello di Milano del 2010 per quanto riguarda le pene comminate ai 23 agenti segreti americani (7 anni per ciascuno degli operativi, 9 per l’ex capo della sede milanese, Bob Seldon Lady) che parteciparono al sequestro e ai due uomini dell’ex Sismi, Pio Pompa e Luciano Seno (2 anni e 8 mesi di reclusione, con esclusione delle pene accessorie) accusati di favoreggiamento. Mentre ha deciso il rinvio a un nuovo processo d’appello per il responsabile dell’ex Sismi Luciano Pollari (attuale consigliere di Stato) e del suo dirigente Marco Mancini, così come per i capicentro Giuseppe Ciorra, Luciano Di Gregori e Raffaele Di Troia. I tempi per il nuovo processo potrebbero essere sufficienti per effetto delle sospensioni dei termini di prescrizione dovuti ai ricorsi alla Consulta, intervenuti durante i dibattimenti di primo e secondo grado.
Si dice «sorpreso della decisione» Niccolò Pollari, attuale consigliere di Stato, che spiega come sulla vicenda Abu Omar «ho opposto il segreto di Stato, poi sempre confermato dai vari governi (sia Prodi che Berlusconi, ndr), perché tali Esecutivi mi ordinarono di opporlo». Le difese sia di Pollari che di Marco Mancini sostennero infatti di non potersi pienamente difendere proprio per l’impossibilità di raccontare i fatti coperti dal segreto dichiarandosi sempre comunque «estranei» ad ogni tipo di partecipazione al sequestro. «Questa estraneità - ha proseguito Pollari - è stata provata nei documenti coperti dal segreto di Stato, non avendo io alcun interesse personale ad opporre questo segreto ma rispettando sempre le direttive del governo in conformità agli obblighi che mi derivano per legge. È sorprendente che persone del tutto estranee alla questione ma che in ragione del loro ufficio sono costrette a rispettare ordini ad esse legalmente impartiti, non solo debbano essere assoggettate a un processo ma debbano poi difendersi quasi si trattasse di fatti e problemi di ordine personale».
Gli stessi imputati avevano fatto ricorso in Cassazione: Pollari, Mancini e gli altri sperando che la sentenza venisse riformata con un’assoluzione piena; gli agenti della Cia sostenendo vizi di forma nel recapito del rinvio a giudizio e di altri atti: reso impossibile dal fatto che ben 5 ministri di Giustizia dei precedenti governi non hanno mai dato seguito alle richieste di estradizione presentate dalla magistratura milanese.
Una «patata bollente» che adesso passa nelle mani del Guardasigilli Paola Severino. Alla fine i giudici di terzo grado si sono allineati alle richieste dell’accusa: sia d’Appello che in Cassazione, rappresentata dal Pg Oscar Cedrangolo. Soddisfatto il pm dell’inchiesta, il procuratore Armando Spataro, secondo il quale la sentenza di terzo grado «conferma e rende definitiva la ricostruzione storica dei fatti per un episodio che rimane inconcepibile in una democrazia. Per altro, la nostra inchiesta ha consentito all’amministrazione americana di abbandonare certe pratiche. Ora bisognerà aspettare la nuova sentenza. Ma di fatto si stabilisce che il segreto di Stato non è una generale causa di impunità e quindi bisognerà valutare prova per prova, quelle ammissibili oppure no».