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 2012  settembre 19 Mercoledì calendario

L’ASSASSINO DI YARA NON HA VOLTO PERÒ SAPPIAMO CHI È SUO PADRE

Ancora a caccia dell’infame che ha ucciso la povera Yara Gambirasio, il cui corpo senza vita fu trovato il 26 febbraio del 2011, abbandonato in un campo nella zona industriale di Chignolo d’Isola, nella Bergamasca. Ancora una traccia, una goccia di sangue, un’impronta cui attaccarsi, ancora l’immancabile Dna di cui trovare il proprietario. E confessiamo che c’è sempre questo sentimento ambivalente, quando si tratta di indagini scientifiche e analisi genetiche e tecnologie sofisticatissime al servizio dell’investigazione. Da una parte la sensazione - invero un po’ datata, ammettiamolo - che negli ultimi anni i tradizionali metodi d’indagine basati su prove e riscontri, e in ogni caso supportati da ragionamento e intuito, siano stati troppo spesso messi da parte in nome della presunta infallibilità dei detective da laboratorio - e più volte s’è visto invece come non sempre le inchieste in camice bianco offrano poi ricostruzioni del tutto credibili, anzi. E però d’altra parte, nonostante le tante critiche piovute loro addosso, è comunque encomiabile che i magistrati non s’arrendano, a costo di considerare ogni minima traccia e setacciare ogni pertugio in cerca d’un assassino che pare evaporato come la foschia in queste mattine di settembre. Ma tant’è, «l’inchiesta continua », così si dice. E pare ormai la trama d’un film.
LE GOCCE DI SANGUE
Allora, succede questo. Su mutandine e pantaloni di Yara vengono trovate piccolissime tracce di sangue. Tracce da gocciolamento, tanto da far supporre - supporre, ché di sicuro c’è nulla - che possano appartenere all’assassino. Da quel sangue viene poi isolato il Dna, microscopica spirale contenente tutto il patrimonio genetico dell’individuo in questione: trovare un’altra traccia e un Dna identico significherebbe dunque aver scovato il criminale. Ed ecco che comincia la caccia. Gli investigatori raccolgono campioni genetici ovunque e d chiunque, vicini di casa e compagni/ e di scuola, frequentatori della vicina discoteca e operai al lavoro in zona. E proprio un ragazzo habitué della sala da ballo risulta avere un Dna non identico ma molto simile a quello trovato sul corpo. Pochino, ma comunque una pista da seguire.
Anche i familiari del giovane vengono dunque sottoposti ad analisi, compresi gli zii. Uno dei quali vive nel Lazio, a Frosinone. Il patrimonio genetico di quest’ultimo è in effetti ancor più vicino a quello che si sta cercando, e gli esami si estendono ai suoi fratelli. Uno dei quali è però ormai deceduto.
Gli investigatori insistono, «nulla va lasciato d’intentato». Necessario allora compilare un profilo genetico anche di quest’uomo. E come si fa, visto ch’è morto? Lo si ricava da alcune sue tracce biologiche trovate su oggetti d’uso comune: la patente, le cartoline e i francobolli attaccati con la saliva, cose così. Anche i figli e i parenti dell’uomo - rintracciati un po’ dappertutto, soprattutto in provincia di Bergamo - vengono sottoposti alle analisi: niente, nessun Dna corrisponde.
ENIGMA INESTRICABILE
Un enigma inestricabile, così pare. Gli inquirenti battono allora la pista del figlio illegittimo. Ma esiste davvero? E, eventualmente, come rintracciarlo? La vita di quest’ignota famiglia viene passata al setaccio, e però tutti descrivono esistenza e abitudini d’un uomo tutto casa e lavoro. Vengono convocate alcune donne che, in passato, sono entrate in contatto con questa persona. Per ora nulla di rilevante pare essere emerso. In ogni caso, gli investigatori non abbandona la pista.
Ecco, questo è quanto. E però alla fine di questo racconto da telefilm americano la fastidiosa e ambivalente sensazione rimane. Una famiglia, quella per l’appunto dello “zio morto”, la cui vita viene completamente sezionata e sconvolta. La reputazione d’un padre di famiglia messa in discussione senza che lui possa eventualmente spiegare. D’altra parte, gli investigatori che continuano a cercare il responsabile di quella morte iniqua.
Non sapremmo dire.
La tragedia di Yara, purtroppo, non è la trama di un film. Aveva solo tredici anni.