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 2012  settembre 19 Mercoledì calendario

Basta ballare con i lupi, adesso si torna a sparare. In teoria è una notizia buona, perché significa che questi animali non sono più in via di estinzione, almeno negli Stati Uniti

Basta ballare con i lupi, adesso si torna a sparare. In teoria è una notizia buona, perché significa che questi animali non sono più in via di estinzione, almeno negli Stati Uniti. In pratica, però, la decisione di riaprire la caccia in molte regioni del Paese sta già scatenando le polemiche. Il rapporto tra uomini e lupi è complicato da sempre, anche senza scomodare Cappuccetto Rosso. In America, però, è stato a lungo una questione di sopravvivenza. Il mito tramandato dal secolo scorso ci ha insegnato che gli immigrati in cerca della nuova frontiera avevano tre grandi problemi da superare: le difficoltà climatiche, risolte con l’aria condizionata, le case in muratura riscaldate, e i moderni mezzi di trasporto; la convivenza con chi era arrivato prima, imposta agli indiani attraverso la guerra; e la competizione con le forze della natura, tipo orsi, serpenti, bisonti e appunto lupi, che era impossibile rinchiudere nelle riserve con i convincenti argomenti delle armi prima, e dei trattati di pace poi. Per questo genere di nemici, quindi, erano rimaste solo le armi: «Un secolo fa - ha detto al “Washington Post” Jamie Rappaport Clark, presidente dell’organizzazione Defenders of Wildlife - noi americani combattemmo contro i lupi per il dominio del territorio. Vincemmo. Ora dobbiamo trovare il modo di equilibrare le esigenze della natura con quelle degli uomini». Ecco il punto, che rivela la nuova tendenza negli Usa. Per tre secoli il lupo, cattivo per antonomasia, era stato cacciato: serviva la sua pelliccia calda, bisognava evitare che sterminasse gli animali da allevamento e occasionalmente gli esseri umani. L’offensiva era andata così bene che nel 1973 il governo federale era stato costretto a dire basta. Nei 48 Stati che costituiscono il corpo della nazione, Alaska e Hawaii a parte, erano rimaste poche centinaia di lupi. L’estinzione era dietro l’angolo, e Washington aveva deciso di intervenire. I lupi erano diventati di colpo un patrimonio da proteggere: non solo era stata vietata la caccia, ma il Fish and Wildlife Service aveva avviato programmi per farli moltiplicare. Quaranta anni dopo, il governo può dichiarare il quasi completo successo della sua iniziativa. Il lupo è tornato, e gode di ottima salute. Nei 48 stati contigui ce ne sono circa 6.000, mentre in Alaska vivono tra 7.700 e 11.200 esemplari. Tutte le varietà sono ormai fuori pericolo, con la sola eccezione di due: i lupi grigi messicani in Arizona e New Mexico, e quelli rossi in North Carolina. Per gli altri, l’emergenza è finita. L’altro lato di questa medaglia è che adesso i lupi sono diventati anche troppi, e quindi si pone il problema di riportare la loro popolazione in equilibrio, rispetto agli esseri umani e ai loro animali da allevamento. Risultato: dal primo ottobre la caccia tornerà legale nel Wyoming, sede dello spettacolare parco di Yellowstone, che così diventerà il quinto Stato a consentire di sparare sui vecchi competitori dei cowboy. Non sarà un’offensiva indiscriminata come quella del passato, perché serviranno licenze apposite e i numeri saranno strettamente controllati. Però alcuni gruppi ambientalisti si sono già lamentati, temendo la strage: non si capisce - secondo loro - come sia possibile che il 30 settembre il lupo ha bisogno di protezione, e il 1° ottobre può essere ammazzato. Il Fish and Wildlife Service ricorda che l’Endangered Species Act non è una legge per la protezione degli animali, ma per evitare la loro estinzione. Tutti concordano sui vantaggi legati al ritorno dei lupi, dai turisti che fanno la coda per vederli alla vegetazione di betulle che proprio a Yellowstone è rinata, perché i lupi tengono lontane le bestie che saccheggiavano foglie e arbusti. La natura però ha bisogno del suo equilibrio, a cui contribuisce anche un predatore chiamato uomo. *** MARCO ALBNO FERRARI Nessuno vede il lupo. Né chi plaude al suo ritorno, né chi legifera sul suo grado di protezione, né i pastori che scorgono gli esiti delle sue predazioni tra le greggi. Solo qualche ricercatore, dopo mesi di appostamenti, riesce a coglierne una fugace immagine. Il lupo, con la lince, è l’animale europeo più elusivo: vaga guardingo, si apposta dietro i cespugli e se ne va sparendo nel mistero delle foreste. Eppure, di quell’animale solo immaginato, di quell’essere più simbolico che reale, si fa oggi un gran parlare. Si dedicano edizioni di festival letterari (LetterAltura), o di cinema (Film Festival della Lessinia), si indicono premi per i migliori racconti a tema (Lupus in Fabula). E si dibatte se mantenere la specie nella lista degli animali da proteggere o se, dopo il suo aumento demografico, lo si può abbattere tutelando così il lavoro stagionale dei pastori. Il lupo, dall’Europa, era sparito secoli fa: in Germania, Francia, Svizzera, Austria esisteva solo come figura fiabesca. Sulle Alpi l’ultimo esemplare fu ucciso nel 1923, nei pressi di Mondovì: in Italia rimasero pochi branchi in un’area circoscritta, dalla Sila ai Monti Sibillini. Poi, negli Anni 70, vennero varate leggi di tutela e si iniziò a pensare al lupo come al simbolo di una natura in pericolo e da salvare. Il primo atto fu il decreto Natali del 1971. Poi la legge sulla caccia del 1992 inserì definitivamente il Canis Lupus nella lista degli animali protetti. Ma è in ambito europeo che a più riprese sono stati stretti accordi dall’alto valore formale, come la Convenzione di Berna del 1979 e, vent’anni fa, la Direttiva Habitat dell’Unione Europea. Oggi in tutto il continente è vietata ogni tipo di caccia al lupo. Eppure, dopo il suo ritorno spontaneo, in alcuni cantoni elvetici è concesso sparare agli esemplari che abbiano predato almeno 25 animali «da reddito» in un mese. E anche in Francia si è dato il via libera a temporanee «caccie di prelievo» per contenere l’ira dei pastori. Il lupo torna così al centro del dibattuto perché i pastori, e le forze politiche che li sostengono, vogliono far sentire le loro proteste. Tutti parlano del lupo senza averlo mai visto. Chi lo attacca, chi prende le sue difese. Così continua a essere un simbolo dove il materiale e l’immateriale convivono: c’è dove non è presente, ed è presente quando nessuno lo vede.