Giampaolo Visetti, Affari&Finanza, La Repubblica 17/9/2012, 17 settembre 2012
BANCHE OCCIDENTALI E GIGANTI DI STATO LA SFIDA È APERTA SULLA PIAZZA CINESE
China Development Bank, uno dei tre giganti di Stato del credito cinese, ha compiuto un «grande balzo in avanti»: per la prima volta ha concesso importanti prestiti a clienti privati, avviando la propria trasformazione in banca commerciale. Negli ultimi mesi l’istituto, di proprietà del ministero delle Finanze di Pechino e di una società controllata dal fondo sovrano cinese, è entrato in alcuni tra i più consistenti affari dell’Asia. Ha prestato denaro al colosso nazionale dell’e-commerce, Alibaba, alla «Hong Kong Exchange & Clearing» e agli indonesiani di «Pt Bumi Resources», soffiando gli affari ai suoi più accesi concorrenti internazionali, già risentiti per aver perduto affari nel mercato delle offerte pubbliche iniziali. «CDB» avanza e cambia pelle mentre le grandi banche occidentali sono impegnate nel proteggere i propri bilanci e tagliano in particolare i prestiti a lungo termine. I mercati seguono con grande interesse questa evoluzione, che allontana l’istituto dall’immagine di banca controllata dal partito comunista, per finanziare i grandi progetti infrastrutturali dei governi regionali, per avvicinarla ad una comune banca d’affari. Alibaba in estate era alla ricerca di 2 miliardi di dollari di un prestito ponte tra diciannove banche, tra cui Barclays, Natixis e Australia & New Zealand Banking Group. L’affare è stato annullato all’ultimo istante e Alibaba ha preferito attingere ai fondi messi a disposizione dall’istituto cinese. Con Hong Kong Exchange & Claring, «CDB» ha superato la concorrenza di Deutsche Bank, Hsbc e PLC, concedendo 1,8 miliardi di dollari per acquistare il Metal Exchange di Londra. Il cambio, centrato sulle azioni, darà al governo cinese un accesso diretto al commercio delle materie prime. Anche con gli indonesiani di Bumi il meccanismo è stato simile: China Development Bank ha concesso 600 milioni di dollari in quattro anni, chiedendo un tasso di 6,7 punti in più rispetto all’Interbank di Londra, per rifinanziare un prestito a breve termine di Barclays, Bank of America, Merrill Lynch e JP Morgan. La metamorfosi risponde ad una priorità di Pechino: assicurarsi fonti energetiche per alimentare la propria crescita economica. «CDB» però non dispone di una grande base di deposito e dalla sua fondazione, nel 1994, per finanziare i prestiti vende obbligazioni garantite dal governo. Dopo il ministero delle Finanze è il più grande emittente di bond della Cina, oltre che il maggior fornitore di obbligazioni in yuan nel mercato off-shore. A differenza degli altri colossi del credito cinese non ha mai venduto azioni al pubblico, vanta attivi per oltre 980 miliardi di dollari e nonostante una crescita della redditività il suo sviluppo è in ritardo rispetto ai concorrenti interni. Per gli investitori, il rischio dello spostamento commerciale è che i suoi bond possano essere percepiti come meno sicuri, spingendo il profilo di rischio ad aumentare in modo significativo i suoi costi di finanziamento, rendendo «CDB» meno redditizia. La mossa del governo cinese, a cui spettano le decisioni ultime sulla banca, rivela che Pechino per assicurarsi energia è decisa oggi ad entrare con decisione anche nella concorrenza privata. Lo si era intuito già con l’operazione conclusa in Brasile nel 2009. «CDB» aveva prestato 10 miliardi di dollari in dieci anni alla statale «Petroleo Brasileiro» in cambio di 150 mila barili di greggio al giorno forniti alla Cina. E’ ancora presto per dire che il credito cinese lascia lo Stato per andare verso il mercato. La «lunga marcia» però è cominciata e le prime banche del mondo si preparano a reggere una concorrenza difficile da contrastare.