Franco Bechis, Libero 14/9/2012, 14 settembre 2012
MONTI SI BUTTA A DESTRA E ATTACCA IL TABÙ STATUTO DEI LAVORATORI
Mario Monti ne ha detta una giusta, anche se proibita. Forse gli è perfino scappata di bocca ieri mattina a Roma,e un po’ gliela ha estorta il perfido Gianfranco Pasquino che conduceva l’incontro: «Certe disposizioni dello Statuto dei lavoratori», ha esordito con la solita calma serafica e un po’ noiosa il premier, «ispirate dall’intento molto nobile di proteggere la parte più debole(il lavoratore), hanno contribuito a determinare una insufficiente creazione di posti di lavoro». Siccome Monti ieri era proprio in vena, ne ha detta perfino una seconda giusta: «Penso anche a certe norme sul blocco dei fitti, che hanno reso più difficile la disponibilità di alloggi in affitto a favore di coloro che si volevano tutelare». Musica per le orecchie di tutti i liberal, e anche per quelle del centrodestra, visto che al di là di come si è razzolato in questi anni, i punti programmatici del Pdl quello hanno sempre detto. Una sportellata in faccia invece alla sinistra demagogica e populista, che è l’ossatura di partiti come quello di Nichi Vendola o di Antonio Di Pietro, ma alberga ancora in gran parte del Pd. Quelli presi a sportellate dal premier naturalmente non hanno gradito e con toni non proprio urbani hanno provato a restituire il colpo. Il povero Pierluigi Bersani si è fatto un nodo sulla linguaccia rinchiuso in un silenzio obbligato per non lasciare il campo troppo aperto alle incursioni dello sfidante, Matteo Renzi, che di Monti condivideva certamente ogni parola. Lo staff del premier in serata ha provato a minimizzare per riportare la calma, assicurando che non c’era alcun intento polemico nelle sue parole, e che anzi si riprendeva una antica discussione accademica, mostrata da scritti montiani addirittura del 1985. Vero che Monti l’ha detta giusta (e l’aveva detta più o meno così anche a febbraio-marzo), e poi ha razzolato diversamente, abortendo quella riformicchia sull’articolo 18 che a poco o nulla servirà (tanto più che è del tutto inattuata, non avendo varato i decreti ministeriali necessari). Ma il grilletto ormai era stato premuto, e la fucilata contro lo Statuto dei lavoratori aveva colpito nel segno, scatenando a sinistra rabbia e incredulità.
Possibile che Monti abbia calibrato il suo fucile come già accaduto in questi mesi: quando qualcuno dei suoi grandi sostenitori gli metteva qualche bastone di troppo fra le ruote, il premier se ne usciva bel bello e con aria da gran ingenuone a sparare pallettoni contro il colpevole di turno, salvo poi precisare o negare. Della tecnica è stato vittima in un paio di occasioni Silvio Berlusconi e il suo precedente governo, presi a male parole proprio in momenti di particolari mal di pancia in Parlamento delle truppe Pdl. Siccome in questo periodo a staccare la spina almeno a parole nei confronti del governo tecnico è stato Bersani, possibile si tratti di banale vendetta. Ma non così credibile. L’arma scelta questa volta non è stata quella della battuta sarcastica e velenosa: lo Statuto dei lavoratori è tema ben più politico del solito, e Monti sa benissimo che divide.
Siccome non è il solo esempio degli ultimi giorni, e il premier non è il solo protagonista (sono in campo da agosto anche Corrado Passera ed Elsa Fornero), sembra che sia sempre più fondato il desiderio dei tecnici di avere una seconda chance, che non può che essere politica. Nel giro di pochi giorni è sembrato cambiare ogni orizzonte futuro. Prima la Bce di Mario Draghi e poi la Corte costituzionale tedesca hanno innalzato un muro piuttosto solido che renderà difficile la grande speculazione contro l’euro. Potrà esserci qualche fiammata estemporanea, ma difficile che in queste condizioni ci sia chi voglia bruciare miliardi rischiando di schiantarsi contro quel muro. Almeno fin che non vedrà qualche crepa. Con uneuro più stabile, rischia di non avere futuro il ruolo da Cincinnato che Monti e soprattutto i suoi tifosi avevano ritagliato al premier in carica: se non ci sarà più emergenza finanziaria, non sarà così impellente il bisogno del supertecnico ritenuto il solo in grado di domare i mercati. Per restare in campo, bisogna essere più politici. E lo stanno diventando gran parte dei ministri tecnici. Solo che come ufficiali di complemento gli spazi sono tutti a disposizione in vecchi e nuovi partiti. Come generali, no. A sinistra sono già troppi a contendersi il comando: non c’è spazio per un Monti politico. Fra i moderati e nel centrodestra gli spazi invece sono immensi. E mancano sia generali che in questo momento generalissimi. Chissà che non stia facendoci un pensierino il nuovo Monti. Quello così politico di ieri è su quella prateria deserta che ha fatto vedere le sue mostrine…