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 2012  settembre 18 Martedì calendario

TRA OSTRICHE, FESTE E BOLLICINE IL GIALLO DI 10 CARTE RICARICABILI

Da una parte l’ex capogruppo ed ex tesoriere in quota Alleanza nazionale Franco Fiorito, «er batman» della Ciociaria. Dall’altra l’attuale custode della cassaforte Pdl regionale, Francesco Battistoni, area Forza Italia.

Una guerra a colpi di ostriche, champagne e festini, a spese dei poveri contribuenti che pagano le tasse per alimentare le spese elettorali. Ma anche una guerra a suon di dossier e contro dossier.

E se Fiorito ha divulgato una serie di strali, accuse, e di fatturazioni contro il suo rivale che al momento suonano false agli inquirenti, le contro accuse di Battistoni sono - per ora - ritenute decisamente più precise e circostanziate.

In ogni caso non c’è che dire: l’ex tesoriere indagato per peculato che si è autosospeso dall’incarico ed è stato espulso dal partito per mano del segretario nazionale Angelino Alfano, non brilla certo per trasparenza. A partire dalle transazioni bancarie effettuate. Se in un conto intestato al Gruppo Pdl fondi per 1 milione e 800 mila euro (dal 17 giugno 2010 al 24 luglio 2012) risultano accreditati regolarmente, diverse anomalie si riscontrano in un altro conto dove sono stati depositati 6 milioni di euro con la causale «mandati di pagamento Consiglio regionale funzionamento gruppi o contributi».

Da questo conto sono stati prelevati 5 milioni e 976 mila euro, di cui 4 milioni e 180 mila euro di bonifici. Tra questi ultimi ci sono 439 mila euro versati su 7 conti personali di Fiorito in Italia e altri 314 mila euro depositati sempre su suoi conti personali ma in Spagna. Ma oltre a questi quasi 753 mila euro transitati, attraverso 109 autobonifici, nei conti personali di Fiorito ci sono ancora diverse incongruenze da chiarire. Come gli 864 mila euro di assegni di cui non si conosce il destinatario. O come i 400 mila euro versati per i contributie le ritenute d’acconto dei collaboratori: è la verità o c’è qualcosa dietro? Secondo Battistoni molte perplessità esistono anche su 10 carte di credito ricaricabili - per un valore complessivo di 188 mila euro - di cui non si conoscono i titolari. Tutti dettagli su stanno lavorando procura e guardia di finanza.

Ma in questo mare magnum di veleni ce n’è per tutti i gusti. La scelta di Battistoni di affidarsi ad un commercialista e revisore di conti e a un avvocato, Roberto ed Enrico Valentini, per redigere la sua contromossa a Fiorito nasce anche dalle pesanti insinuazioni di quest’ultimo. «Sul mio conto ha sparato un mucchio di fandonie - racconta Battistoni -. Dice che sono andato a Torino, al Salone del Gusto, con l’amante. E per dimostrarlo sono arrivati a falsificare un voucher, capito? Il voucher di una camera matrimoniale... Grazie al cielo, però, io non solo conservo la prenotazione che feci, e che era relativa a due matrimoniali-uso singola, ma anche alla disdetta e alla penale che mi fu addebitata, perché poi, a Torino, io non andai più».

Respinte a piene mani anche lo spreco di denaro pubblico per cene luculliane. «Qualche incontro conviviale con gli amministratori l’ho effettivamente organizzato - precisa Battistoni -. Ma non ho mai organizzato una cena con 120 persone costata 6 mila euro, come invece mi viene contestato». Cene che in media costavano «3 mila e 500 euro... qualche volta 4 mila». Idem per i buoni benzina. «Mai richiesto né ritirato un solo buono benzina. So che c’è una ricevuta dell’Api con sopra scritto a penna: Battistoni. Ma può averlo scritto chiunque, il mio cognome».

Fin qui parole che suonano quasi come delle boutade. Ma poi c’è la ricostruzione dei passaggi chiave dei movimenti bancari al centro dell’attenzione della magistratura. Un esempio? Scrivono Battistoni e i suoi consulenti nel dossier: «Esiste una consistente mole di bonifici per un totale di 1 milione e 426 mila euro addebitati su conti bancari del gruppo senza alcuna specifica nello spazio destinato alla causale del pagamento».

Francesco Battistoni, insomma, non vuole essere per nulla paragonato al suo predecessore. E, infatti, nonostante le pressioni della governatrice Polverini, ieri non si è dimesso dall’incarico di capogruppo Pdl.