Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  settembre 18 Martedì calendario

SANNINO E HANNIBAL ZAMPARINI LA SPERANZA È LA PRIMA A MORIRE

Sei andato a cena con Hannibal Lecter (e la cena, come noto, eri tu). Hai sposato un clone di Liz Taylor. Hai firmato un contratto con Zamparini. Quanto ci vorrà prima di ricevere un morso all’orecchio, una richiesta di divorzio o il comunicato numero 3 del presidente cannibale? Numero uno: «Questo allenatore durerà a lungo, apriremo un ciclo». Numero due: «Anche le perdesse tutte, resterà». Numero tre: «È stato un errore clamoroso, licenziato». La pietanza 41 sul menù aperto da Fabbri & Cerantola è Giuseppe Sannino. La sua replica alla “notizia” è la parola d’ordine della terza di campionato: «Speravo di avere più tempo per lavorare».
È uno scambio così prevedibile da risultare struggente, come lo è l’inesorabile ripetersi delle illusioni, la volontà di credere (più che la convinzione) che questa sia quella buona, pardòn, quest’altra, no quest’ancora. Ogni volta Charlie Brown corre incontro al pallone per calciarlo e ogni volta Lucy glielo sposta, facendolo volare e cadere malamente sulla schiena. A tutte le vigilie di Natale un noto produttore
chiama un meno noto attore
e lo invita a casa sua. Quello accorre, sperando di vedersi offrire una parte, ma gli vengono dati un costume rosso e una barba finta per consegnare i regali ai bambini. L’anno dopo ritorna (“e se non andassi e mi volesse offrire una parte?”). Inizia il campionato e Zamparini presenta il nuovo capospalla della sua collezione “ed è subito inverno”. Il tempo di indossarlo e se lo trova stretto, lo strappa e lo butta. Debuttò, a Palermo, con Glerean. Durò una giornata. L’anno scorso con Pioli battè il record: cacciato prima di cominciare. Con Sannino ha contato fino a tre prima di stappare. E quello sperava di avere più tempo. Per lavorare. Come se lì stesse il problema. Come se esistesse una logica. Zamparini stesso la smentisce. In un altro comunicato rileva gli errori arbitrali che avrebbero penalizzato la sua squadra, tra cui un «rigore solare» negato contro il Napoli. Ma se la cattiva classifica è colpa delle eclissi, perché cacciare l’allenatore?
Perché è prigioniero di se stesso e, pure lui, delle proprie illusioni. In fondo Zamparini è l’ultimo romantico: cerca l’amore della vita e lo fa con la sontuosa ostinazione dei perdenti. Le ha provate tutte: dal navigato Mutti, al sorprendente Mangia. Ha ritrovato su Facebook vecchie passioni (Guidolin) e dato loro una seconda e una terza chance. Si è fatto presentare candidati dagli amici (Sannino glielo voleva affibbiare già Sogliano, ci è riuscito Perinetti). Ha organizzato speed dating in cui ha concesso cinque minuti e poi scaricato chi c’era dall’altra parte. Se non lo facesse, che Zamparini sarebbe? Come conquisterebbe un titolo di
giornale a tutta pagina? Se aspettasse la decima giornata sarebbe un Cellino qualunque, così è Zampa il cannibale, l’uomo che sbrana le attese, parla con gli uccelli e ha avuto gli alieni in giardino mentre era collegato con Sky. Ha fondato un Movimento per la Gente e alla gente dà quello che chiede: vecchi spettacoli, pubbliche esecuzioni, eterna fede nell’usato che avanza.
Sannino, misero, sperava di avere più tempo. Ma il tempo è denaro e Zamparini, “vittima” di Equitalia, non ne ha più molto, a giudicare dalla campagna acquisti simile a una raccolta differenziata dei rifiuti. Gli restano la visione e la capacità di contrabbandare il cambiamento per programma, mutuata dalla peggiore e
più vincente politica di qualsiasi schieramento.
La cosa straordinaria non è che gli creda la Gente, che fa della speranza il proprio mestiere collettivo. È che, un due tre quarantuno, ci caschino allenatori di ogni genere. È giugno, sei in terrazza in infradito a sventagliarti con la liquidazione del tuo precedente incarico, squilla il telefono fisso, risponde tua moglie, dice: “È Zamparini, che faccio?”. Perché l’istinto femminile (e una quarantina di precedenti) glielo dice: qui finisce male. In fretta, ma male. Prendi un po’ di soldi, la patente di “errore clamoroso”, ti richiama a gennaio, ti dà una pedata a maggio. Ma tu sei il penultimo dei romantici e dici: “Passamelo!”. Perché pensi di essere quello che lo cambierà, lo farà sorridere, ragionare invece di esprimersi per ventriloquismi inguinali. Che dietro il burbero ci sia un tenerone che bussa invano alla porta. Che vi capirete e amerete, per sempre. Poi finisce come deve: la speranza è la prima a morire.