Massimo Gaggi, Corriere della Sera 18/09/2012, 18 settembre 2012
L’ANTI-FACEBOOK DEI GEMELLI —
Rieccoli: dopo una finale olimpica a Pechino 2008, la rinuncia alle gare di canottaggio ai Giochi di Londra e il gigantesco indennizzo incassato quasi un anno fa, Tyler e Cameron Winklevoss, i «gemelli rematori» che otto anni fa si fecero scippare da Mark Zuckerberg l’idea sulla quale è stata costruita Facebook, tornano in campo cercando di inventarsi una carriera da imprenditori digitali. Anche se per adesso il loro ruolo non sembra andare oltre quello dei consulenti-finanziatori.
SumZero, la società nella quale sono entrati, viene presentata come la Facebook degli investitori professionali di Wall Street e degli altri mercati finanziari. Fin qui, però, la loro è una parte da investitori e da immobiliaristi: versano un milione di dollari e mettono i loro uffici a disposizione di una «start up» che esiste e funziona già da quattro anni. La società — fondata dal loro compagno di classe a Harvard, l’«indiano del Bronx» Divya Narendra — è un «social network» che ha appena 7.500 utenti. Questo perché Divya, che vuole solo «compratori» di rango provenienti da «hedge fund», fondi comuni e società di «private equity», seleziona gli accessi di persona, scartando i tre quarti dei candidati.
Aveva scartato anche i Winklevoss come utenti. Ma poi li ha accettati come soci «coi soldi in bocca». Fregato pure lui nel 2004 dal diabolico Zuckerberg, evidentemente anche Narendra porta i segni indelebili di quella brutta avventura: il giovanissimo «secchione» Mark, coinvolto nel progetto, che promette di fare lui il grosso del lavoro tecnico. Poi sparisce per parecchio tempo, mandando ogni tanto messaggi rassicuranti ai suoi soci distratti e creduloni. Quando, alla fine, riemerge col lavoro per la loro ConnectU completato, ha già registrato e messo in moto la «start up» gemella Facebook.
Da allora i due gemelli resi celebri due anni fa da «The Social Network», il film che racconta la nascita di Facebook e la tortuosa personalità del suo fondatore, hanno cincischiato senza molto costrutto, incerti tra l’impegno nel canottaggio e una carriera manageriale. Le giustificazioni ai ragazzi che avevano concepito per primi la rete sociale per studenti universitari, non mancano: soprattutto lo «choc» per lo scippo di un’idea brillante, di quelle capaci di rivoluzionare il mondo.
Tramortiti, da allora Tyler e Cameron hanno speso gran parte del loro tempo a chiedere giustizia. O almeno un indennizzo. Che è arrivato un anno fa: 65 milioni di dollari secondo le cifre ufficiali. Ma forse molto di più (la cifra precisa non si saprà mai, anche perché una parte è stata pagata in azioni) per lenire una ferita che brucia ancora.
Che fare con tutti questi soldi? «Faremo gli imprenditori» avevano promesso i due gemelli, finalmente scossi dalla conclusione della lunga vicenda giudiziaria. Più facile a dirsi che a farsi: nel febbraio scorso la creazione di Winklevoss Capital, la loro società finanziaria. E l’affitto di un grosso spazio per uffici a Manhattan, vicino a Madison Square Park, firmando un sontuoso contratto quinquennale. Già, ma per fare cosa? Fino a ieri l’unico investimento noto di Tyler è Cameron è stato l’acquisto di una villa a Hollywood: non vicinissima al loro nuovo ufficio di New York (sei ore di volo) e pagata ben 18 milioni di dollari. Una casa zeppa di vetrate e tutta automatizzata con viste spettacolari su Los Angeles ma costata la bellezza di 25 mila dollari per metro quadro: un record dicono alcuni immobiliaristi. Un prezzo da polli, sussurrano altri.
Ma i gemelli canottieri — che hanno sempre detto di essersi ispirati, nel loro impegno sportivo, alle gesta dei fratelli Abbagnale e a quelle di un grande ciclista, Mario Cipollini — non se la sono mai presa troppo per le insinuazioni. Né per la rappresentazione satirica della loro avventura nei cartoni animati dei «Simpsons». Capelli che grondano gel e abiti gessati neri, si aggirano nella zona di Wall Street senza temere di apparire la caricatura dei «broker» dei Lower Manhattan: pericolosamente simili ai giovani attivisti di «Occupy Wall Street» che ieri si sono fatti arrestare mentre, travestiti da manager, festeggiavano il primo (e forse ultimo) compleanno del movimento cercando di bloccare l’accesso allo «Stock Exchange».
Figli di un professore di scienze attuariali, Tyler e Cameron sono convinti di avere molto da dire nello sviluppo di una società che, a differenza di Facebook, punta su un approccio selettivo per gli utenti. Come, a suo tempo, la rete ConnectU alla quale potevano aderire solo studenti di poche, selezionate, università, dotati di indirizzo mail che finisce in «edu».
Con Zuckerberg, e il suo miliardo di utenti, le cose hanno preso un’altra piega. Ma Tyler è pronto a ricominciare. Al «Wall Street Journal» spiega, con ottimismo un po’ fanciullesco: «SumZero è la mia occasione per costruire. Mi è sempre piaciuto costruire. Fin da bambino, coi Lego».
Massimo Gaggi