Paolo Baroni, la Stampa 17/9/2012, 17 settembre 2012
IMPRESE STREMATE DAI MANCATI INCASSI
In Italia un’impresa su tre muore per asfissia. Non riesce a farsi pagare servizi e forniture, e visto che i rubinetti del credito sono chiusi alla fine è costretta a tirare giù la serranda. Dal 2008 ad oggi, secondo la Cgia di Mestre, sono state almeno 14.400 (su un totale di 46.400 fallimenti) le società, soprattutto di piccole e medie dimensioni, che hanno fatto questa misera fine. A schiacciarle una montagna di pagamenti incagliati: le ultime stime parlano di 90 miliardi di euro a carico di Stato e amministrazioni locali. Una montagna di soldi che si fa molta fatica ad aggredire. E come segnala la fondazione Hume, che ha rielaborato per la Stampa i dati dell’European payment index 2012, più passa il tempo e più è difficile recuperare i propri crediti. Aspettare tre mesi prima di sollecitare un pagamento significa infatti perdere il 25% di possibilità di incasso, addirittura il 40% aspettandone sei.
Pagare in ritardo sembra sia davvero una malattia nazionale, che contagia sia il pubblico, che in alcuni casi tocca livelli di vera indecenza, che il privato. In Italia, mediamente, - segnalano i ricercatori dello Hume - i pagamenti da privati nei confronti delle imprese sono effettuati con un ritardo di 30 giorni, che sommati ai 45 previsti dai termini contrattali, portano a 75 (contro una media Ue di 35) i giorni che intercorrono tra la presentazione della fattura e il suo saldo. Se si analizzano i pagamenti da impresa a impresa la situazione non cambia molto: solo la Spagna presenta dati peggiori dei nostri. Le imprese iberiche aspettano infatti in media 97 giorni, mentre quelle italiane devono attendere un giorno in meno (96): 65 giorni medi fissati dai contratti più altri 31. Se però si contano i giorni “di puro ritardo”, la maglia nera
spetta a Portogallo e a Grecia con 40 giorni. Anche in questo caso il dato italiano di 96 giorni però è quasi il doppio della media Ue27.
Ma il vero “buco nero” riguarda i ritardi della pubblica amministrazione. Senza arrivare ai picchi di certe Asl meridionali (il record spetta all’Azienda sanitaria Napoli 1 centro che scandalosamente paga i propri fornitori in 1.676 giorni, ovvero in più di 4 anni e mezzo!), la media italiana arriva a 6 mesi, ovvero 180 giorni (i 90 fissati da contratto più 90 di ritardo puro). Inutile dire che anche in questo caso siamo gli ultimi in Europa, tallonati da vicino solo da Grecia e Spagna rispettivamente con 174 e 160 giorni. A dire il vero, in termini di ritardo puro la disastrata Grecia va peggio di noi toccando quota 114 giorni. Anche in questo caso il dato italiano è doppio della media Ue e poco importa se incorpora i 90 giorni fissati dai contratti perché la quasi totalità delle amministrazioni pubbliche degli altri paesi fa segnare ritardi reali di pochi giorni, addirittura appena 4 giorni la Finlandia, 11 la Germania, 21 la Francia.
Detto questo, si capisce perché la questione dei ritardi di pagamento, soprattutto da parte della pubblica amministrazione, non solo rappresenta una vera palla al piede per la tenuta e la crescita delle nostre imprese, ma si comprende perché questo tema sia da tempo in cima alla lista delle rivendicazioni delle imprese italiane. Il governo, col decreto Cresci-Italia a inizio anno è corso ai ripari introducendo nuove procedure per accelerare i pagamenti e la possibilità di farsi certificare i crediti dallo Stato o dai comuni allo scopo di scontarli poi in banca. Come sempre si tratta di procedure complesse, che richiedono molti passaggi e dei 10 e più miliardi promessi dal sistema bancario sotto forma di anticipazioni per ora non si è visto quasi un euro. Addirittura, denuncia Franco Tumino, presidente dell’Anseb, l’associazione delle imprese che emettono buoni pasto, “alcune amministrazioni fanno problemi a rilasciare le certificazioni, e ci risultano alcuni casi di banche che poi non le accettano”.
Il governo dal canto suo vigila e assicura che entro fine anno tutto il meccanismo andrà a regime. Non solo, di qui a qualche settimana secondo il ministro dello Sviluppo Corrado Passera il governo adotterà la direttiva europea sui pagamenti che fissa un tetto massimo di 60 giorni. Arriverà entro fine anno, o forse anche prima.