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 2012  settembre 16 Domenica calendario

CARA SVIZZERA CARI OSPEDALI


In ogni punto della Svizzera, di giorno e di notte, si sente passare il treno. Lungo la linea del Gottardo, il passaggio dei treni è incessante, ogni quattrocinque minuti. È un paesaggio sonoro che non prosegue, se non sporadicamente, oltre Chiasso. In Italia i merci passano di rado. Se sei in Svizzera per cure medico-chirurgiche tra Basilea e il confine, quel suono uguale e cadenzato è antidolorifico e calmifero.
«Grazie. niente morfina. Mi basta il treno».
Avrei voluto, anzi dovuto, dopo l’uscita del mio, eminentemente iniziatico, Viaggio in Italia da Einaudi, nel 1983, proporre un analogo viaggio in Svizzera. Lo immaginavo come una lunga discesa nell’anima di una nazione europea creata, stabilmente, dalle mille combinazioni di un proprio frastagliato universo segreto. La sua segretezza bancaria non è che il riflesso di una cassaforte dell’essere dov’è depositato un tesoro immateriale di cui nessuno mai penserebbe di porre a rischio militarmente l’imprendibilità. La Svizzera gnostica ed esoterica ieri e oggi: in questa avrei voluto farmi guidare dalla mia lanterna di Filosofo Ignoto.
Un giorno (era forse il 1975) Elémire Zolla mi convinse di visitare ad Ascona un alchimista di nome Augusto Pancaldi, che aprì e spiegò a me e a mia moglie il suo laboratorio di ripercorritore delle vie medievali. C’era da lui un signor Pfister astrologo di Basilea che chiese i nostri dati per ricavarne gli oroscopi di entrambi (carte che conservai e oggi si trovano presso il Fondo Ceronetti della Biblioteca Cantonale di Lugano). Pfister ci designava come futuri ideali cittadini elvetici, ma non ricordo altro... Una ventina d’anni dopo, visitando le straordinarie memorie asconesi di Monte Verità (un’epopea del migliore spirito eversivo e libertario del XX secolo, fino al 1914 e poi tra le due guerre) appresi che l’alchimista era morto da qualche anno, ma nulla del suo laboratorio asconese-praghese. Su Monte Verità ho fatto un paio di disegni esoterici: Resurrezione (in russo), e un ricordo del soggiorno che vi fece, nel 1913, Max Weber, afflitto dalla depressione. Non so se sia stato anche lui nudista, tra gli altri devoti del Monte, né se quelle cure lo guarirono. Mi pare che ci fece due soggiorni, anche con un po’ di lievito sentimentale.
Per rianimare Monte Verità, molti anni dopo, fecero una foresteria e un ristorante vegetariano, che poi ha tralignato. C’è oggi una grande sala per convegni, dove avrei desiderato fare coi miei attori del teatro mirabile, ma non me ne fu data mai l’occasione.
Nel 1990 avevo, conosciuto da circa tre anni, un amico di Langa che non se ne sarebbe trovato l’uguale per culto dell’amicizia. Cesare era un fumatore e si era fabbricato un tumore. Operato alle Molinette, stava per partire, molto riluttante, per Cuneo, e là iniziare la cura chemio, se ne parlava insieme. Gli suggerii, qualora avesse voluto una alternativa, la Lukas Klinik di Arlesheim, sobborgo di Basilea, steineriana oncologica, dove gli avrebbero fatto cure palliative a base di vischio senza togliergli cortisone o altro, per la durata di un mese.
«Partiamo per Basilea» mi comunicò la moglie il giorno dopo. Cesare cercava qualcosa di più che perseguire a ogni costo una guarigione impossibile, e mi fu molto grato del mese passato nella tranquillità e nel sostegno spirituale; e visse, tornato, ancora un mese o due. A distanza di molti anni rimpiango ancora quella perdita. Con lui il dialogo filava con l’armoniosità di un telaio a mano, e la ripugnante obbligatoria rimozione della morte era bandita. Poter dire la verità sempre è il frutto delle amicizie vere.
Alla clinica oncologica è associata e vicinissima la Wegman Klinik, per cure di ogni genere, dove andai, dopo Cesare, per motivi ben più leggeri, un paio di settimane. E ne ho un ricordo di fine inverno mite, puntinato di neve ammucchiata e di ansie tenute a freno - tra i più piacevoli. La domenica mattina le infermiere tedesche percorrevano i corridoi facendo cori evangelici deliziosi, e amavo allora quella mia solitudine più di una donna. Spesso, al pomeriggio, andavo a Basilea, dove, al Kunstmuseum, c’è un piccolo ritratto di Erasmo scrivente e pensieroso, scavato dall’assenza di denti, opera di Holbein, in cui riconoscevo una mia vita anteriore, e dalla cattedrale riformata guardavo lo spaventoso danno ambientale prodotto dalle industrie dei farmaci nel Reno, che non finiva di rattristarmi.
I due borghi, di Arlesheim e Dornach, sono cuore del culto gnostico di Rudolf Steiner, che a Dornach fece sorgere un colossale edificio chiamato Goetheanum, tutto impregnato delle sue visioni, che un po’ mi allettava, ma dove lo spirito del suo fondatore, terribilmente dogmatico in ogni sua dottrina, decisamente mi respingeva.
Vecchiaia, vieni, mostra la tua faccia. L’allungamento dell’esistenza materiale è il trionfo e l’esito catastrofico della medicina occidentale. Questo va messo in primo piano, perché tanti e così troppi vecchi costituiscono un insolubile dramma sociale che tutti recitano con inesauribili battute di sofferenza.
Un altro pezzo di Svizzera segreta è a Seelisberg, nel cantone tedesco di Uri, e anche là, dall’altra parte del lago, il treno udito la notte, dalla clinica ayurvedica del Maharishi, rallegra, rassicura. Le cure che facevamo consistevano soprattutto nel far evacuare potentemente il paziente e nel massaggiarlo ayurvedicamente dai capelli alle unghie dei piedi con olio di sesamo caldo. Alle coppie sono proibiti i rapporti sessuali. Il pranzo e la cena li trovi pronti, senza veder nessuno a servirli, in contenitori caldi, fino a esaurimento; in verità, eccellenti. La mia compagna e io venimmo iniziati a una tecnica meditativa con l’affidamento a ciascuno di un mantra segreto che, ahimè, ho dimenticato. Iniziarsi costava parecchio, ma dappertutto le casette di legno erano ubriache di fiori.
Il verso che più adopero per consolarmi, in questa durissima convivenza ultima con l’esistenza materiale, è del mio amicissimo poeta di Orihuela, Miguel Hernández. È nella poesia del treno dei feriti repubblicani nella Guerra Civil : En un rincón de carne cabe un hombre. La visione è degli amputati, dei mai più rialzati, dei mai più come prima - e giovani. Così traduco, chiarendo bene: «Un residuo di carne è un uomo intero». Bèccati questo, vecchiaia troia!
Svizzera amata fu per me la sinistramente celebre Eigernordwand, la parete inviolata, la divoratrice dell’Oberland, che quattro intrepidi austrotedeschi demitizzarono nel 1938. Domina tutto il paesaggio alpino da Grindelwald, e se ne ha visione ravvicinata dal campo base di Kleine Scheidegg, e ancor più dalla stazione Eiger del trenino della Jungfrau, e oggigiorno leggo che è una tristezza, i ghiacciai morenti di caldo, come dappertutto, la sconcia nudità di una immensa roccia annerita. Ero stato là ospite del turismo dell’Oberland, godendo di una illimitata libertà di circolazione coi mezzi pubblici in tutte le direzioni, in una stagione fiorita, intervistando le guide. Purtroppo, volare aquila mi è stato negato.
Fui anche, non lontano da Grindelwald, a Kienthal, per una decina di giorni, in un centro di esercitazioni e diete dei Macrobiotici oshawiani dogmatici, e di quel loro cibo così osservante non riuscivo a ingurgitarne quasi niente. Era un piacere buttarlo via, guadagnandoci in salute. La loro ricerca accanita dell’Alimento onniguaritore è un’utopia interessante, ma un luogo macrobiotico non è mai un tripudio.
La casa di Carl Jung a Küsnacht, sul lago di Zurigo, è un altro appuntamento con possibili illuminazioni, ma la mia speranza di arrivarci si è ormai molto affievolita. Leggere Jung non è mai sprecato per la conoscenza, ma anche il semplice contatto con il luogo dove si è avverato un evento speculativo ti può illuminare.
Visto ex alto e insieme de profundis , tra quantismo e taoismo, il Cern di Ginevra è un altro luogo di possibile iniziazione eleusina all’interno del cosmopolitismo svizzero. Ma come non posso volare sulla vetta dell’Eiger né rifare la via Hekhmair, così Cern, neutrini e bosone, pellegrinaggi dell’essere, mi sono inaccessibili. Certamente, a quello stuolo di scienziati, un soggiorno nudista e vegetariano a Monte Verità ante 1914 avrebbe giovato.
Quest’anno i miei ricoveri sono stati parecchi. Preferirei non aggiungerne altri. Il più recente, in Italia, presso la casa di cura San Michele di Albenga, per riabilitazione e convalescenza, è stato una pausa di grande rilassamento.
Il treno da tempo non è più un mezzo alla mia portata fisica e di bagaglio: è puro paesaggio sonoro.
Questo suono mi ha accompagnato, per più ricoveri, anche all’ospedale della Beata Vergine, che si trova a un centinaio di metri al di sopra della stazioncina ticinese di Mendrisio. Ho subito là due interventi leggeri, e l’ultimo, nel luglio del 2012, nel pieno del caldo che tutto il continente ha patito, feroce - per una frattura soggettivamente memorabile. Nigro lapillo . Ma ritengo fermamente che sia stata una sciagura predestinata.
Non avrei, quasi certamente, senza quel colpo esistenzialmente peggiorativo, riveduto e riamato il bel numero di amici che ho nel Cantone. Soffrire, e avere accanto, piene di sollecitudini, tante persone care, e anche sconosciute, tutte formanti una solidale catena, è stato per me un bagno nella misteriosa, sublime bellezza della tenerezza e della compassione.
L’arte di medicare è di tutti e di nessuno; è un fungo delle foreste umane. Anche questa lunga indimenticabile carezza ricevuta, molteplice, in un momento ritenuto pessimo, è treno che passa e ritorna, treno che ai feriti della vita - Svizzera o altri luoghi dell’ignoto mondo - scaccia le tenebre della solitudine, l’offuscamento della vecchiaia e del dolore.