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 2012  settembre 17 Lunedì calendario

PETROLIO. E’ (TROPPO) BOOM. SI RISCHIA LA BOLLA

Il greggio corre nonostante la crisi: è l’ennesima bolla? In un momento in cui l’economia mondiale e la domanda di carburante sono estremamente deboli, il prezzo del petrolio è cresciuto quasi di un terzo negli ultimi due mesi.
I future sul Brent oscillano attorno ai 115 dollari al barile, in aumento del 30% dalla fine di giugno. Il petrolio aveva toccato il massimo storico a 147 dollari a metà del 2008, poco prima dell’avvio della crisi del credito, che dopo soli sei mesi aveva abbattuto le quotazioni fino a 36 dollari. Ora i prezzi sono ben al di sopra di quei 50-80 dollari al barile, costo di produzione nella maggioranza dei più moderni impianti di estrazione del mondo, ritenuti un punto di riferimento naturale per i prezzi del greggio.
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Le quotazioni attuali derivano dalla previsione che la Fed lancerà presto un nuovo giro di quantitative easing per stimolare l’economia, che l’aggressiva retorica tra Israele e Iran porterà a un conflitto, o che i problemi di produzione nel Mare del Nord dureranno a lungo. In realtà, nessuno di questi fattori appare come una scommessa sicura e se dovessero venire a mancare, il petrolio potrebbe deprezzarsi parecchio. Così, molti analisti vedono profilarsi una caduta: Citi Global Markets ha tagliato le sue previsioni sul Brent europeo per il 2013 da 120 a 99 dollari al barile e sul Wti texano da 113 a 85.
«Anche i recenti progressi tecnologici sono un fattore che incide sul prezzo del petrolio — spiega Giuseppe Recchi, presidente di Eni —. Quanto successo sul mercato americano, con la rapida crescita delle estrazioni di idrocarburi non convenzionali, potrebbe avere un ulteriore effetto se avvenisse pure nel Vecchio Continente in maniera altrettanto significativa. Ma, per ora, l’Europa è restia a cogliere queste nuove opportunità». Non a caso, Exxon si è appena ritirata dal suo programma di esplorazione dello shale gas europeo in Polonia, dove il governo ha varato una legge per aumentare il carico fiscale sull’estrazione di idrocarburi, che rischia di strangolare quest’industria nascente. Eni ha fatto il proprio ingresso nel settore del gas non convenzionale europeo nel 2010, con tre licenze nel bacino baltico in Polonia, facendo leva sulle competenze acquisite attraverso una joint venture nel Barnett Shale in Texas, e ha ampliato la sua presenza in giugno, investendo nello shale gas ucraino. «Lo sviluppo dello shale gas in Europa è soprattutto un problema politico — fa notare Recchi —. L’America ha risolto un problema molto grave di sicurezza degli approvvigionamenti, meno sentito dalla politica degli Stati europei. In Francia, ad esempio, hanno deciso di proibirne lo sviluppo. Manca una strategia forte di crescita su questo fronte». Ma se la pressione sugli approvvigionamenti dovesse aumentare e l’Europa cambiasse registro, questo potrebbe rivoluzionare il nostro scenario energetico, così com’è successo negli Usa da quando hanno cominciato a sfruttare il gas non convenzionale, che li ha resi completamente autosufficienti.
Texas
Grazie al boom delle estrazioni non convenzionali il prezzo del petrolio texano, il Wti, si sta distanziando dal Brent europeo, che oggi è più caro di quasi 20 dollari al barile. E sarà sempre più così. Nel suo discorso alla convention democratica a Charlotte, il presidente Barack Obama ha promesso che entro il 2020 le importazioni di petrolio saranno «tagliate della metà» e che ci saranno 600 mila nuovi posti nell’estrazione di gas nell’arco del prossimo decennio.
«Le previsioni dipingono uno scenario sul petrolio con forte tendenza al ribasso», dice David Hufton di Pvm Oil Associates, il più grande broker di prodotti petroliferi del mondo. Malgrado ciò, gli speculatori aumentano l’esposizione netta ai future sul greggio. «Il mercato si è scollegato dai fondamentali — conferma Carsten Fritsch, analista per Commerzbank a Francoforte —. Gran parte della sua forza si basa su fattori, come i nuovi stimoli all’economia degli Stati Uniti, che non sono affatto garantiti. Se la Fed non annuncerà in tempi brevi alcun nuovo giro di quantitative easing il mercato del petrolio probabilmente andrà giù. Le speranze stanno volando così in alto che c’è il significativo rischio di una caduta dei prezzi».
E non è l’unico a pensarla così.
Elena Cometto