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 2012  settembre 17 Lunedì calendario

QUEI MANIFESTANTI «PAGATI» E LA REGIA DEI DISORDINI — I

«giovani arrabbiati» che hanno assaltato le ambasciate occidentali in Nord Africa ricordano i dimostranti mobilitati dai mullah contro il grande Satana. Persone che si infuriano a comando. Sono distratti da altro. Oppure pensano ad altro. Poi si ricordano che mesi prima qualcuno ha offeso il Profeta. E c’è chi li aiuta a concentrarsi sulla nuova causa. Suggerimenti che mandano all’aria la teoria — poco credibile — della spontaneità dei protagonisti delle gravi violenze. E infatti con il passare dei giorni emergono altri dettagli sugli ispiratori della catena di eventi. Il video blasfemo risale all’inizio dell’estate ma è esploso a settembre. Era di fatto una pellicola clandestina che però è diventata nota grazie all’azione della cellula estremista copta in Usa e ai piromani che vivono in Medio Oriente. Non si è trattato di un piano (per ora non esistono le prove), però abbiamo assistito a mosse, almeno nelle ultime settimane in modo da far coincidere la rabbia con l’anniversario dell’11 settembre.
Il primo ministro egiziano Hisham Qandil, intervistato dalla Bbc, ha sostenuto che alcuni degli arrestati per l’attacco alla sede diplomatica americana al Cairo sono stati «pagati». Qualcuno, dunque, è andato nei quartieri più difficili della megalopoli ad arruolare i teppisti. Secondo un comunicato della polizia decine di loro erano dei criminali ricercati e altri avevano precedenti. L’informazione del premier Qandil è interessante. Tuttavia ha bisogno di essere integrata con un dato chiave. Chi ha tirato fuori i soldi? Nostalgici del vecchio regime? O ambienti conservatori del Golfo? O ancora quei sauditi che alimentano l’estremismo islamico dal Marocco fino alla Siria? Magari i Fratelli musulmani, che conoscono alla perfezione quegli ambienti, possono accertarlo senza dover ricorrere ai servizi segreti. Probabilmente basta una telefonata. Possono anche contare su mediatori finanziari — ben noti anche in Europa — che ne sanno. Eccome. Solo che la questione può diventare imbarazzante per molti.
Sempre il governo egiziano potrebbe bussare alla porta dello sheikh Khaled Abdallah. L’esponente religioso ha attirato l’attenzione sul filmato blasfemo parlando dalla tv satellitare «al Nas» alla vigilia dell’11 settembre. E il predicatore ha un passato. Se muore una mosca è colpa dei cristiani, dei sionisti, degli americani. Quando 28 copti furono massacrati dalla polizia egiziana, Abdallah, parlando sempre dal pulpito televisivo, si è scagliato contro le vittime. Quando dozzine di persone morirono negli scontri tra tifosi spiegò che la colpa era del Mossad. A suo giudizio l’Egitto è vittima degli infiltrati, che per lui sono gli israeliani, l’Iran, gli omosessuali. Ne ha anche per i giovani manifestanti della Primavera, guardati con molto sospetto. Ed Abdallah ha degli imitatori salafiti in quei Paesi dove si sono avute le sommosse antioccidentali.
Nella vicina Tunisia la polizia ha arrestato Mohamed Bakthi, leader radicale protagonista di video con appelli a dimostrazioni forti. Sono invece ancora latitanti due suoi colleghi. Abu Ayub, personaggio che si è fatto intervistare ostentando la bandiera di Al Qaeda, e Abu Iyad, considerato la mente degli attacchi contro gli obiettivi statunitensi nella capitale. A dire il vero Abu Iyad non si è nascosto troppo: ieri era al funerale dei dimostranti uccisi dagli agenti e i suoi gli hanno fatto scudo impedendo che fosse bloccato. Altro aspetto grave. I salafiti tunisini, in questi mesi, hanno imperversato con aggressioni nei confronti di professori, studenti, intellettuali. Ancora ieri alcuni giornali locali continuavano a spargere bugie sull’origine del video. Eccessi tollerati dal nuovo governo che ora si accorge della loro pericolosità. In realtà ha cercato di barcamenarsi per evitare lo scontro con quelli che comunque appartengono all’Islam politico. Scelta sbagliata perché i salafiti, in questa fase, non sembrano disposti a compromessi. E la vicenda del video californiano ha dato la possibilità a quanti manovrano di aprire un fronte usando non questioni terrene ma l’offesa al Profeta.
Quella che è stata la tempesta perfetta — 11 settembre, tensioni regionali, appelli qaedisti — ha dunque trovato energia in un sistema che ha usato i media, fondi discreti e i progetti di cattivi maestri che non sono così occulti.
Guido Olimpio