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 2012  settembre 15 Sabato calendario

IL NUOVO FANTOZZI LAMPADATO

Sono io il Rag. Fantozzi, che chiamano Fantocci i più buoni. Pupazzi quelli meno buoni e le carogne Scagnozzi. Non son felice, ma rassegnato. Ho imparato nel tempo ad accettare questa condizione, , che se la paragoniamo ai Fantozzi di ora è quasi leggera felicità. Quelli di adesso. Ridono di com’eravamo vestiti noi: pantaloni ascellari, cappotti siberiani lunghi fino alle caviglie, tipo funerali di Lenin a Mosca. Servili con i potenti, belve umane in famiglia. Depositari dello scettro del potere: il telecomando. Quando entriamo a casa, un ruggito alla moglie: “Donna… in cucina! Subito cofana di spaghetti aglio olio e peperoncinooo!” Ci mutandiamo, vestaglione di flanella, tavoli-netto di fronte al televisore. Guardiamo mugolando di gioia una vecchia partita Roma-Milan, Peroni gelata e rutto libero. Entra la Pina con cofana fumante: “Ugo… mi sono permessa di far-teli al dente come piaccio...”. Non rispondo sto tracannando a canna la Peroni, stacco la bottiglia dalla bocca… due respiri profondi… poi rutto devastante: “Pina non rompere i coglioni che sto guardando il Milan!”. Mia moglie in piedi: “E io che devo fare?” “In cucinaaaa…!” “ Ma in cucina non c’è la televisione...” “E chi se ne fotte… sbucciami tre mele… due pesche e dei chicchi d’uva… portali e poi lava i piatti… già che ci sei porta il sacco della spazzatura nel cassonetto in strada… l’hai fatta la raccolta differenziata?”
LEI CON un soffio: “Sinceramente no… è grave?” Ruggito: “Fai quello che cazzo vuoi, ma non rompermi i coglioni… non vedi che sono occupa...” non finisce la frase che viene interrotta da un rutto da competizione. Noi Fantozzi di allora eravamo vestiti da Fantozzi: lingua cartonata, salivazione azzerata, mani due spugne, due trote marce sotto le ascelle, sette o al massimo nove denti a persona, aliti tipo fogna grande di Calcutta nella stagione secca.
Quelli di adesso. Dodici o al massimo quattordici denti. Quasi tutti rasati a zero perché pelati. Quelli coi capelli: pettinati a cresta, mojcani, alla Balotelli. Altri con le mèches color arcobaleno. Orecchini metallo dai due ai quindici per orecchia, i più audaci diamanti finti alla Vendola. Lampadati dal parrucchiere sotto casa. Piercing sulla lingua, tatuaggi devastanti, jeans comperati già strappati, scarpe con stringhe rigorosamente slacciate, braccialetti fosforescenti, multicolori, catene di finto oro, con croce sempre finto oro al collo. Sconsigliabili catene e croci troppo pesanti in caso di naufragio. Anche loro: lingua cartonata, salivazione azzerata, mani due spugne, trote marce sotto le ascelle, aliti come se avessero tracannato una tazza di merda. I nuovi sono mascherati da giovani felici. A parte i profumi atroci comprati dal tabaccaio all’angolo, son tutti uguali, omologati dalla televisione di cui son ghiotti. Vestiti come i calciatori ricchi e potenti, circondati da strafighe povere aspiranti veline. Loro soli come cani randagi. Non li distingui dai giovani figli dei ricchi, dai giovani grandi ladri, dai giovani politici ancor più ladri. Tutti presenzialisti: noi andavamo a Le-vanto a vedere l’avvocato Agnelli vestito alla marinara, in Versilia l’avvocato Agnelli col principe siciliano Lanza di Trabìa. Poi l’avvocato si è spostato a Porto Rotondo e i nuovi si son spostati tutti a guardare i ricchi in Sardegna. Poi Agnelli si è rintanato in Corsica, l’han perso di vista, allora tutti a Ibiza dove vengono cacciati ferocemente da tutti i locali. Molti lampadati fingono di esser-ci stati a Ibiza.
GIORNI FA a uno sportello di una banca di Roma, c’era un lampadato con naso bruciato, occhi rossi, guance viola e orecchie verdi. Una vecchia vedova: “Mortacci quanto sei nero... sei annato in vacanza?” Lampadato tenendo gli occhi bassi frulla dei biglietti da 50 euro: “Sì”. La vecchia implacabile: “Ando’ sei stato?” Lui: “A Ibiza”. La vecchia: “Come ce sei annato? In nave o in aereo?” Lui sempre occhi bassi “Non me lo ricordo”. La vecchia aggressiva: “Ando’ dormivi? Albergo o ospite de ‘na amico?” Lui non risponde. La vedova: “Come se chiama l’amico tuo?” Il lampadato perde il controllo, butta per aria i soldi: “ So’ cazzi miaaa!” E va verso il cesso. La vecchia piange, interviene il direttore con pantaloni ascellari: “Signora che succede?” La vecchia: “E che ne so’… ‘sti giovani se la tirano perché so’ ricchi, mentre lei direttore se vede ch’è ‘n poraccio, ma è gentile”. I Fantozzi di un tempo erano rassegnati. Questi vorrebbero essere ricchi e famosi, ma sono invisibili. Si travestono da ricchi e felici, ma sono disperati. Hanno paura di un futuro incerto. Non c’hanno i soldi per sposarsi, per comprarsi una casa, vivono fino a 35 anni a casa dalla mamma, però che come fa i rigatoni co’ la pajata lei non li fa nessuno al mondo.
Non sono mai stati a Ibiza, ma ogni domenica a Ostia in un mare di catrame. I professori capeggiati da Monti parlano solo di banche, di euro da salvare. Poi c’è il branco di lupi dei politici che vogliono tornare ai privilegi, alle macchine blu, molti anche a rubare. Tutti a urlacchiare: “Il problema dei giovani… bisogna rilanciare l’economia o siamo fottuti!” I sindacalisti vogliono continuare a fare i sindacalisti da battaglia. Gli operai si arrampicano sulle torri e sbattono gli elmetti per terra. Negli scontri rimangono feriti figli di braccianti calabresi che per disperazione hanno fatto i poliziotti. Io sono il Ragionier Ugo Fantozzi e ne sono fierissimo. Noi abbiam cominciato dopo la guerra: l’Italia era quasi rasa al suolo, né ponti, né strade, né ospedali, né ferrovie, solo fame. In 20 anni siamo diventati il quarto paese industrializzato della terra, i giapponesi completamente distrutti e pieni di radiazioni nucleari, il secondo, i tedeschi da zero il terzo. Conclusione: il vittimismo dei Fantozzi di oggi, andrebbe sostituito con la felicità per la fine della guerra e la volontà feroce di tornare a vivere.