Jay Elliot, Nòva24 16/9/2012, 16 settembre 2012
«DOVETE TRASFORMARVI IN PIRATI»
Alcuni mesi dopo il mio ingresso in Apple, io e Steve eravamo in riunione per finalizzare il progetto della costruzione di un edificio in cui trasferire il team Mac, un edificio tutto per loro. (...) Mi disse che di recente era stato a cena con un pubblicitario di grande talento che era diventato suo grande amico, Jay Chiat dell’agenzia Chiat/Day. Steve raccontò che lui e Chiat avevano trovato il modo per ridare energia alla cultura del team di sviluppo Macintosh. Mi illustrò il concetto con una sola parola: «Pirati». E poi mi disse il resto: «Pirates! Not the Navy».
Non cercava la mia approvazione su questo punto, ma io diedi lo stesso un parere: «Wow, splendido!». Quello slogan rifletteva tutti i messaggi che volevamo trasmettere. Si rivelò il momento giusto per annunciare un cambiamento di cultura: i membri con più anzianità del team Mac avevano iniziato a lamentarsi che l’azienda stava diventando troppo grande e cominciava a soffrire l’eccessiva burocrazia. Il team Mac era nato come un gruppo di ribelli, e invece lo vedevamo assomigliare ogni giorno di più alla Marina militare. Steve non parlò a nessun altro dell’idea dei "pirati", ma aspettò la successiva riunione fuori sede, quella volta all’hotel La Playa di Carmel, sempre su una spiaggia sabbiosa del Pacifico.
Al primo incontro, ciascun membro del team che entrava nella stanza era accolto da un addetto che gli consegnava una felpa con il logo: Pirates! Not the navy. Per Steve quella riunione capitava al momento giusto. Apple aveva appena presentato il personal computer Lisa: il primo prodotto "di rottura" dell’azienda, il primo a essere totalmente diverso dal prodotto di punta, l’Apple II. Steve voleva salvare il Macintosh da quelli che percepiva come gli errori commessi sul Lisa. A suo giudizio, il gruppo Lisa era diventato molto politicizzato, molto burocratico, e aveva perso la capacità di creare un prodotto davvero rivoluzionario. Erano diventati la Marina.
Peggio ancora, era convinto che l’intera azienda stesse andando nella medesima direzione. Apple aveva iniziato a scivolare verso una struttura aziendale classica: sembrava sbiadire la mentalità da startup che le aveva garantito il successo. L’unico modo per salvare l’azienda era sfornare un prodotto davvero innovativo. E l’unico modo per sfornare un prodotto davvero innovativo era tramutare il team Macintosh in una vera banda di pirati.
Il primo giorno della riunione di Carmel, Steve disse che il team Mac era ormai un’azienda pirata, e spiegò cosa intendeva. In questo modo fissò l’impostazione e la direzione del gruppo Mac. Il gruppo contava ormai oltre quaranta persone, e consolidarlo era cruciale. Soprattutto dal momento che in quella riunione avevamo fissato la data di uscita del Mac: maggio 1983, di lì a poco più di un anno. Quella fu la prima riunione dell’intero team in cui si discusse del prodotto completo: dai prototipi al software, dal marketing alle vendite. L’obiettivo era fissato, e ora dovevamo assicurarci che tutti fossero a bordo.
Quando i dipendenti lasciarono Carmel per tornare a Cupertino, nessuno aveva il minimo dubbio che fossimo una banda di pirati: e Steve Jobs era il capitano della ciurma.
I pirati del team Macintosh convivevano con un’analoga gamma di emozioni. Il loro lavoro quotidiano era molto stancante perché le scadenze erano ravvicinatissime, e perché Steve, il capitano, non era mai soddisfatto e chiedeva di rifare tutto da capo, o magari gli era venuta una nuova idea che gli piaceva ancor di più. All’avvicinarsi della data del lancio, alcuni ingegneri del software iniziarono a dormire sotto la propria scrivania, per poi rimettersi al lavoro: non tornavano mai a casa per una notte intera.
Eppure, nonostante le pressioni e lo stress, si sentivano privilegiati perché facevano parte del team, felici di partecipare a quella che avrebbero sempre ricordato come un’esperienza irripetibile. Non vedevano l’ora di mettersi al lavoro. L’entusiasmo era palpabile, quasi magico.
Questo è l’ambiente di lavoro dei pirati, che i bravi manager si sforzano di creare: quello in cui tutti lavorano meglio di quanto abbiano mai lavorato in vita loro.
Quando si conferisce a un team un’identità distintiva, possono succedere magie. Steve aveva creato un’aura speciale in grado di convincere tutti i membri del team che stavano contribuendo a qualcosa di unico.
Un risvolto dei risultati che il team Mac stava ottenendo, e di cui all’epoca non ci rendevamo ancora conto, aveva a che fare con la qualifica di "eroi", che veniva attribuita agli innovatori più brillanti della Silicon Valley, probabilmente su iniziativa di qualche giornalista ormai dimenticato. Ma fino ad allora il termine era stato applicato quasi esclusivamente sul versante dell’hardware. Uno degli aspetti più sottovalutati del Macintosh, tuttavia, erano le sue tante innovazioni nel campo del software: e con il tempo, alcuni dei membri che più vi avevano contribuito si sarebbero guadagnati il nome di "eroi del software".
Un giorno Steve Capps, uno di quei futuri "software heroes", ebbe un lampo di ispirazione: se il team Mac era una banda di pirati, allora sul loro edificio doveva sventolare una bandiera dei pirati. Comprò della stoffa nera, cucì una bandiera e chiese alla direttrice grafica del Mac Susan Kare di dipingerci un grosso teschio bianco e due tibie.