Paolo Griseri, la Repubblica 16/9/2012, 16 settembre 2012
LE MOSSE DEL MANAGER TRA SILENZI E VELENI
LA PAROLA d’ordine è: spingere Marchionne a uscire dall’angolo senza convocarlo direttamente. Per evitare che l’ad della Fiat metta tutti nel sacco rinviando l’appuntamento dopo il cda della fine di ottobre.
NESSUN governo può permettersi il lusso di convocare il vertice della più grande azienda del paese e uscire dall’incontro con un nulla di fatto. Questo è il timore di Monti, Passera e Fornero. Ma nessun governo può permettersi di aspettare quarantacinque giorni per conoscere il destino del principale settore della sua industria. Quella tra Roma e Auburn Hills, tra Palazzo Chigi e la sede della Chrysler a Detroit, è una di quelle partite a scacchi in cui Sergio Marchionne è abituato a cimentarsi. Sapendo che in questo caso è la politica ad essere sotto pressione, non l’azienda.
Rispetto alla posizione originaria espressa nei giorni scorsi, al «non dirigismo nei confronti di un’azienda quotata», ieri Corrado Passera ha compiuto un passo in avanti dicendo che «l’azienda deve fare al più presto chiarezza per rispettare la responsabilità nei confronti degli italiani». E Fornero ha sostenuto di non avere il potere di convocare un ad ma di volerlo incontrare quanto prima. I ministri più coinvolti fanno insomma capire che la Fiat deve chiarire ben prima del 30 ottobre le sue intenzioni sull’Italia. Saltato il piano di investimenti per 20 miliardi e la piena occupazione per i quattro stabilimenti oggi in attività (Mirafiori, Cassino, Pomigliano e Melfi), chi saranno i sommersi e i salvati nella nuova ristrutturazione?
Il problema è che forse oggi nemmeno Marchionne saprebbe rispondere con precisione alla domanda. Perché i contatti con potenziali alleati potrebbero essere ancora in corso, perché la speranza è che nelle prossime settimane l’orizzonte possa diventare meno fosco di quello odierno spingendo l’azienda a una cura meno drastica di quella ipotizzata. Ma l’ad potrebbe comunque far capire in quale direzione l’azienda vuole muoversi, così stemperando
la tensione.
Alcuni segnali delle ultime ore hanno invece creato allarme nei palazzi del governo. Il
primo e principale è il silenzio degli azionisti. In questi casi, si faceva notare ieri a Roma, tocca al presidente di una grande società, che non ha un ruolo operativo, dire una parola che serva a far scendere il livello delle preoccupazioni, a far capire un indirizzo. Se John Elkann rassicurasse
sull’intenzione degli Agnelli di mantenere gli attuali insediamenti produttivi in Italia, questo potrebbe essere un elemento incoraggiante. Ma nonostante il putiferio delle ultime ore, Elkann quella mossa non l’ha fatta. Perché? Perché anche gli Agnelli prendono
tempo? Forse è proprio per smuovere la Famiglia dal mutismo di queste ore che Passera ha parlato di «responsabilità verso gli italiani».
Nel quartier generale della Chrysler, dove Marchionne si trova in questi giorni, l’aria è ufficialmente serena. Venerdì il
manager ha partecipato alla cerimonia dello United Way, iniziativa caritatevole di raccolta fondi a favore dei bambini poveri di Detroit. Le fotografie lo ritraggono mentre canta un inno insieme al sindaco della città, Dave Bing. Ieri e oggi l’ad aveva in programma riunioni di lavoro nella sala incontri di Auburn Hills. Ma sotto la crosta ufficiale è chiaro che la tempesta produce effetti anche nel palazzo della Chrysler. «A qualcuno - si commentava ieri negli uffici di Auburn Hills - può aver dato fastidio che Marchionne non abbia fatto vacanze esotiche, nella ville di Briatore o sulle barche a vela in Grecia, che non abbia contenziosi per la messa a norma della casa al mare. E’ vero, nei giorni scorsi è andato a Las Vegas. Ma non per giocare al Casinò: per incontrare i concessionari ». Ha colpito insomma, il durissimo attacco di Diego della Valle, sferrato, si dice, da una barca in navigazione nell’Egeo. Ed è stata considerata doverosa l’immediata presa di distanza di Montezemolo che ha evitato al presidente della Ferrari di essere messo sullo stesso treno del patron della Tod’s. Veleni che probabilmente non cesseranno di circolare anche nei prossimi giorni. E ai quali dal quartier generale Fiat si risponde sottolineando la difesa di Marchionne da parte di un ex presidente del Lingotto come Paolo Fresco.
Quali potranno essere gli effetti di questa rissa tra miliardari sul futuro della Fiat e dei suoi insediamenti italiani? Probabilmente gli scontri verbali di queste ore sono piuttosto l’effetto di un clima, contribuiscono a far piombare tutta la discussione sul futuro dell’industria italiana in un’atmosfera da crepuscolo degli dei che non è certo incoraggiante. Un clima che ingrossa le file del partito di chi ormai dà per persa la scommessa della Fiat, attendendo solo il momento dell’annuncio ufficiale del disimpegno. Di questo scenario gran parte della politica di ogni orientamento sembra ormai convinta, da Alfano a Bersani, da Casini a Vendola. E i ministri tecnici si trovano ancora una volta in mezzo. Sospesi tra i partiti e Auburn Hills.