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 2012  settembre 15 Sabato calendario

OCCHI BRASILIANI GUARDANO ROMA. CLAUDILEIA LEMES DIAS, RITRATTO SPIETATO DELL’ARROGANZA

La scrittrice Claudiléia Lemes Dias è nata a Rio Brilhante, piccola città dal nome sfolgorante nel cuore del Brasile: venticinquemila anime e duecentoventicinquemila bovini. È cresciuta con due sorelle e un fratello. «Abitavamo in una fazenda di allevatori e andavamo a scuola a cavallo, ognuno con il suo. Percorrevamo i sentieri di campagna fino alla strada provinciale. Parcheggiavamo i cavalli in un prato e prendevamo l’ autobus». Oggi vive a Roma, dalle parti di piazza Vittorio, con un marito italiano e due figlie. Ha trentatré anni, una cascata di riccioli, e scrive racconti. In italiano. Il suo primo romanzo, «Nessun requiem per mia madre», è appena uscito da Fazi. Protagonista, Genuflessa De Benedictis, donna tirannica, egocentrica, razzista. Abita in un appartamento ai Parioli, ha sottomesso il marito e due figli alla sua volontà, il terzo è riuscito a scappare e a farsi una vita autonoma sposando una brasiliana di colore che lei chiama «la negra». È convinta che sia «premeditata questa invasione di donnine straniere a stordire e rimbambire il maschio italiano, imbastardendo i nostri geni migliori». Il motto che ha inculcato ossessivamente nei cervelli dei figli è: «Tutte le donne sono delle galline, di aquila ce n’ è una sola: la mamma». Una logorroica sovrana che ha piegato le vite dei familiari «come fossero origami». Che ammira il cognato rimbecillito, ma con alle spalle «una sua lunga stagione aurea, in cui le mazzette da milioni di lire se le ritrovava praticamente in tasca, quali ricompensa per i favori elargiti grazie al suo potere». Un ritratto spietato, che Claudiléia dice di aver costruito mettendo insieme piccoli tasselli delle molteplici esperienze fatte negli otto anni della sua vita romana. Ma l’ ispirazione le è arrivata guardando distrattamente una popolare trasmissione televisiva del pomeriggio. «Intervistavano una signora sui sessant’ anni, bellissima, i capelli corvini tirati in uno chignon, con una casa ai Parioli e una villa sull’ Appia Antica. Ed ecco la scena che mi ha fatto sobbalzare: mentre sta per rientrare in casa, dopo una passeggiata in giardino, la bella sconosciuta viene raggiunta dal servitore filippino che si inginocchia ai suoi piedi e le pulisce le scarpe. Resto allibita. Ho passato mesi a cercare di identificarla. Soltanto pochi giorni fa, dopo che il mio libro era già stato pubblicato, ho scoperto che si trattava non di una pariolina doc, ma di una donna di origine latinoamericana». Roma in realtà, secondo Claudiléia, non è una città arrogante o razzista. «Soltanto un po’ provinciale. I romani sono convinti che il Brasile sia pieno di trans e appena sentono il mio accento straniero mi identificano come badante». Crede tuttavia che il suo paese in questo momento abbia molti più problemi di xenofobia che l’ Italia. Pur essendo nato da un miscuglio di immigrati arrivati da ogni parte del mondo, ha rivelato una sorprendente intolleranza verso la recente immigrazione di peruviani, uruguayani e argentini, tanto che il governo si è dovuto mobilitare per combatterla. Claudiléia è diventata emigrante per caso. «Ho sempre amato leggere e leggendo mi sono accorta che Rio Brilhante era diventato piccolo. Sono partita per Curitiba e mi sono iscritta al liceo, poi all’ università. Studiavo e lavoravo come commessa. Mi sono laureata in legge e siccome mi ero innamorata del diritto romano, sognavo di diventare docente all’ università in questa materia. Così sono arrivata a Roma con una borsa di studio per un dottorato di ricerca. Nel frattempo però il diritto romano è stato cancellato dai corsi in Brasile e io mi sono vista revocare la borsa di studio. È stato un periodo difficile. Per mantenermi distribuivo volantini pubblicitari o lavoravo come domestica. Per sfogarmi ho cominciato a scrivere in italiano storie di immigrati di tutto il mondo che avevo incontrato a Roma». Dice che ormai l’ italiano ha sostituito la sua lingua madre e che non riuscirebbe più a vivere lontana da questa città. «Per il calore umano, la cultura e le stratificazioni di antichità. In Brasile si demolisce tutto ciò che è vecchio per costruire grattacieli».
Lauretta Colonnelli