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 2012  settembre 08 Sabato calendario

GENERALI E GENTILUOMINI

Dovrebbero vederla tutti i ragazzi che vanno a scuola e quegli adulti convinti che il generale La Marmora sia uno solo, il protagonista della guerra di Crimea. La mostra «Quattro fratelli nel Risorgimento. I La Marmora dal Piemonte all’ Italia», che si è inaugurata nella Sala delle Bandiere al Vittoriano dove resterà aperta fino al 28 ottobre, riserva infatti rivelazioni sorprendenti a chi ha sfogliato distrattamente i libri di storia. Si scopre che il nome La Marmora, a cui sono dedicate caserme e strade, scuole e monumenti, include non uno ma quattro generali, ognuno con una parte di primo piano nelle vicende del Risorgimento: Carlo Emanuele, Alberto, Alessandro e Alfonso. L’ equivoco nasce anche dal fatto che le targhe spesso non riportano il nome di battesimo. Come succede a Roma per la via che si dirama da piazza Vittorio a via Filippo Turati, indicata semplicemente come La Marmora. Questa mostra, curata dalla storica Silvia Cavicchioli e da Francesco Alberti La Marmora, discendente diretto di Carlo Emanuele, aiuta a individuare le diverse personalità dei quattro generali, raccontando una saga familiare che inizia nel Settecento con il legame profondo tra i La Marmora e i Savoia e si dipana fino al processo di unificazione. La famiglia compare quasi al completo nel monumentale dipinto realizzato nel 1828 da Pietro Ayres. Al centro, l’ anziana matriarca, Raffaella Argentero di Bersezio, vedova del marchese Celestino Ferrero della Marmora. I due ebbero sedici figli. Alberto è in piedi dietro la madre, che sfoglia il libro «Voyage en Sardaigne», da lui pubblicato due anni prima. Gli altri fratelli e sorelle coronano il quadro, in una parata sfolgorante di divise e abiti di gala, sullo sfondo del salotto di palazzo La Marmora a Biella, da cui provengono la maggior parte dei documenti presenti in mostra: lettere, ritratti, onorificenze, le foto di James Robertson con le immagini della guerra di Crimea, la feluca di Alfonso e lo scialle intessuto d’ oro che gli fu donato dal governatore ottomano Omar Pasha Latas, la sedia realizzata con il bronzo di fusione dei cannoni sottratti ai russi nella battaglia di Sebastopoli, gli acquerelli naturalistici di Alberto, che oltre ad essere senatore e comandate militare della Sardegna, fu soprattutto scienziato noto in tutta Europa per i suoi studi di geologia, geografia, ornitologia. «I quattro erano tutti delle teste calde», racconta Francesco La Marmora. «Il più riservato fu Carlo Emanuele, che ebbe una carriera meno vistosa, legata all’ intimità della corte dei Savoia. I più scatenati, Alessandro e Alfonso. Il primo inventò il corpo dei bersaglieri e creò la carabina adatta a queste nuove truppe, leggera e maneggevole. Aveva impiantato in casa un’ officina di fabbro e ogni tanto gli esplodeva qualcosa. Al comando dei bersaglieri seguì Alfonso in Crimea, dove morì di colera. Alfonso, tornato in patria, fondò la batteria a cavallo, fu ministro della guerra per dieci anni e presidente del consiglio, riformò profondamente l’ esercito, innanzitutto rifornendo ogni battaglione di libri e insegnanti. Creò anche una fondazione per aiutare le famiglie di coloro che avevano subito degli infortuni sul lavoro». Sono sepolti tutti e quattro nella chiesa di San Sebastiano a Biella.
Lauretta Colonnelli