Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  settembre 16 Domenica calendario

UNDICI UOMINI SEDUTI SUL CIELO

Undici uomini sospesi nel cielo. Chi fuma, chi mangia, chi conversa amabilmente. Sono seduti su una trave appesa nel vuoto: scamiciati, cappello in testa, i piedi penzoloni. Sullo sfondo, nubi bianche, velo di smog, il parco, la città. Sotto, duecento metri di abisso. Guardatela, quest’immagine: il terzo da sinistra, parlando con il suo vicino, addirittura si sporge, come se fosse accomodato su una panchina. Il quinto, rivolgendosi al compagno di fianco, sembra quasi ondeggiare nel vuoto. L’ultimo, con lo sguardo inquietante rivolto all’obbiettivo, maneggia una bottiglia dal contenuto sospetto. Brivido in quota, fermo immagine ad alta (altissima) tensione. 29 settembre 1932: Lunchtime atop a Skyscraper, scattata da Charles Clyde Ebbets, è una delle fotografie più celebri della storia. Stampata in centinaia di migliaia di copie — e ampliata in poster che almeno una volta nella vita abbiamo pensato di appendere al muro — ha fatto sgranare gli occhi a milioni di persone: ma non sarà un fotomontaggio o una posa costruita in uno studio d’arte? Negativo: è tutto vero.
La scena è realmente accaduta; a naso, si direbbe che si sia ripetuta nel tempo e nello spazio decine e decine di volte, perché questa, certo, era la consuetudine di persone abituate a vivere sospese: il lavoro per imbullonare le travi, il pranzo, un momento di pausa, di nuovo il lavoro. Tutto ad altezza di grattacielo. Operai-acrobati dalle mani solide e con i nervi d’acciaio, di sicuro non sofferenti di vertigini, certamente coraggiosi oltre ogni limite. Senza corde di protezione, senza rete, probabilmente neppure senza una buona polizza assicurativa. Il clic tra i più visti al mondo si colloca in uno scenario preciso: il palazzo in costruzione, che si intuisce appena, è l’Rca Building al 30 di Rockefeller Plaza, a Manhattan. L’autore dello scatto è un ragazzo di 27 anni con la mania della fotografia. Charles Clyde Ebbets, che nasce in Alabama nel 1905, ha otto anni quando acquista la sua prima camera, mettendola sul conto del drugstore dove fa la spesa la madre. A 16 anni è già al lavoro nella redazione del quotidiano di Montgomery. A nemmeno 20 si trasferisce a St. Petersburg, in Florida, dove diventa attore interpretando in diversi film ambientati in Africa il ruolo di Wally Renny, un avventuroso cacciatore di animali. Vita d’artista a tutto tondo: al di là della macchina da presa, al di qua della macchina fotografica.
Charles è un tipo che non si fa problemi: pur di assecondare la sua divorante passione per la fotografia, si trasforma in mille e uno personaggi, da pilota di auto a pescatore, da wrestler ad acrobata sulle ali degli aerei. È lo Zelig della camera oscura. Nei tempi morti, si diletta con la lotta libera e il pugilato: e infatti diventa il fotografo ufficiale del campione di pugilato Jack Dempsey. Viaggia continuamente lungo tutta la costa est degli Stati Uniti, basando gran parte della sua attività in Florida. Negli anni ’30 trascorrerà molto tempo nelle Everglades, testimoniando con scatti eccezionali la vita a pelo d’acqua della tribù indiana dei Seminoles. Val la pena di scorrere i suoi bianchi e neri così nitidi da sembrare ritagliati nella lamiera. Così come la suggestiva serie sull’aviazione, o i ritratti di sportivi, baseball e automobilismo soprattutto: un gioco di diagonali, di vuoti e di pieni dietro i quali si intuiscono talento ma anche studio e cura del particolare.
La fama conquistata sul campo gli garantisce buoni contratti: le sue foto vengono pubblicate dai maggiori quotidiani americani, «New York Times» compreso. Così, quando il committente di Rca Building cerca un fotografo che immortali le fasi di costruzione del grattacielo, si rivolge a Ebbets, ben sapendo che dalla macchina del fotografo non usciranno immagini banali. Il giovane Charles si impegna a fornire un prodotto all’altezza. E infatti sale, sale, sale fino al 69° piano del gigante d’acciaio che sta crescendo nel cuore di Manhattan (oggi si chiama G. E. Building e ospita, tra le altre cose, la sede della Nbc). All’ora di pranzo, il magico scatto. Poco dopo, altri clic d’autore, meno celebri ma ugualmente suggestivi, perché oltre al famoso «lunchtime» Ebbets fissa anche il pisolino post-prandium dei carpentieri-acrobati, sempre su quella sbarra d’acciaio aggrappata al cielo (e alcuni di essi sono gli stessi protagonisti della prima foto). Le immagini sono talmente incredibili da spingere il «New York Herald Tribune» ad acquistarle per denunciare le condizioni di insicurezza nei posti di lavoro: la «pausa pranzo» sarà pubblicata qualche giorno dopo, il 2 ottobre, nell’edizione domenicale del giornale. È il primo (inconsapevole) passo verso la gloria fotografica che accompagnerà l’immagine nei decenni successivi. La foto è stata interpretata, parodiata e clonata da artisti e creativi: il segno tangibile della sua immediata riconoscibilità.
Al lunch nel cielo di Manhattan è legata anche una complessa vicenda di copyright risoltasi soltanto nel 2003: fino ad allora, infatti, non era certa l’identità dell’autore del servizio fotografico (a differenza degli operai, quasi tutti riconosciuti): le ricerche e la costanza di Tami Ebbets Hahn, la figlia di Charles, hanno consentito di ristabilire la verità, oltre che il corretto numero di conto bancario ove far confluire le royalties milionarie provenienti da quel lavoro.
Ebbets è morto di tumore il 14 luglio 1978, lasciando tracce solide nella storia della fotografia. Ora la famiglia è impegnata nel progetto di un film che ne racconti la vita e le opere. Si intitolerà Skywalkers. C’era da giurarlo.
Claudio Colombo