Serena Danna, la Lettura (Corriere della Sera) 16/09/2012, 16 settembre 2012
UNA VITA SU MISURA
Non bisogna essere per forza hacker o sportivi. Si può diventare lifelogger per caso e, come spiega il neologismo inglese, essere «registratori della propria vita». Può succedere una mattina di luglio a Londra, a casa di amici, in un bagno. L’ignaro lifelogger si sta lavando i denti (scoprirà poi l’esistenza di un sensore che, collocato sullo spazzolino, monitora il numero quotidiano, mensile e annuale di lavaggi dentali), quando a un tratto intercetta sul pavimento una bilancia nera dal design elegante. Con la paura del peccatore di gola e il desiderio di provare l’oggetto bellissimo, ci sale sopra. Buone notizie: i muffin ai mirtilli di Londra non hanno colpito ancora. Si avvia in cucina sorridente, ma viene bloccato dal padrone di casa che, con aria divertita, chiede: «Ti sei pesato?». «Sì», risponde intimidito, «perché?». Scopre così che il meraviglioso oggetto destinato alla toilette è una bilancia wireless che comunica in tempo reale i dati su peso, massa grassa e massa magra di chi la usa sull’iPhone del proprietario. L’amico londinese ha sullo smartphone una mappa dettagliata delle sue oscillazioni di peso negli ultimi anni, a cui si è aggiunta da pochi mesi quella della sua fidanzata.
Raccontano che è un modo per conoscere il proprio corpo e migliorarlo, filosofia che si ritrova in tutti i forum e i siti dedicati al «quantified self», la quantificazione del sé: gli esseri umani, al pari di un pc, quando camminano, mangiano, respirano, dormono, producono dei dati. Conoscerli e monitorarli aiuta a vivere meglio. Se nel ventesimo secolo abbiamo cercato l’anima nelle macchine — scrive la rivista «The Atlantic» — il ventunesimo sarà dedicato alla ricerca della macchina nelle anime. Basta avere un iPhone (e accesso a un app store) per poter tracciare le proprie attività fisiche ed emotive. Un mondo di sensori — prima riservato ad assi dello sport e pazienti in terapia intensiva — che oggi, grazie agli sviluppi della tecnologia che li ha resi economici e precisi, è disponibile a tutti noi.
Il primo pensiero della giornata del lifelogger è capire come ha dormito. Curiosità che viene soddisfatta grazie a uno «sleep manager», un software che monitora, attraverso i movimenti del dormiente, le attività cerebrali durante la notte, per svegliarlo infine in un momento di sonno leggero o di veglia (il lifelogger ha già imparato che aprire gli occhi durante la fase di sonno profondo è la prima causa di nervosismo mattutino). Lo smartphone mostra il grafico della notte: il lifelogger ha impiegato 20 minuti per addormentarsi, ha dormito 6 ore e 23 minuti e ha avuto 5 risvegli nel corso della notte (rispettivamente alle: 2.30, 3.15, 5.40, 6.00, 7.10) e un solo episodio Rem. Voto complessivo della nottata: 70 su 100. La colazione viene monitorata dal dietologo virtuale: «My Fitness Pal» (il mio amico del fitness). Per il suo peso e la sua altezza, il lifelogger deve ingerire 1.610 calorie al giorno (la quantità varia per ciascun individuo, secondo struttura, sesso ed età). È più facile raggiungere l’obiettivo quando hai un’applicazione che mostra in tempo reale il numero di calorie ingerite per ogni alimento. Una colazione estiva composta da yogurt con cereali e caffè con latte scremato corrisponde a 148 calorie, 11 grammi di carboidrati, zero grammi di grassi, 21 grammi di proteine, 11 grammi di zucchero e 65 di sodio. Archiviata, prima ancora che digerita, la colazione, è il momento di registrare l’appuntamento quotidiano con lo sport. Quello che per gli altri sarebbe «mezz’oretta di corsetta al parco» per il lifelogger diventa: in 35 minuti e 17 secondi sono stati percorsi 3,30 chilometri a una velocità media di 10 km all’ora con smaltimento di 148 calorie.
Anche sul piano motivazionale, spesso scarso quando si tratta di sport, la tecnologia della quantificazione del sé si rivela utile. L’applicazione per l’attività fisica è infatti dotata di una voce (che alterna maschile e femminile) che incita chi corre con frasi e urla da energico personal trainer. Alla fine della performance il lifelogger può assegnare una emoticon (una faccina che esprime un’emozione) alla sua performance. In questo caso è un broncio perché il quadro dell’attività mensile mostra che può fare molto meglio.
La sua giornata lavorativa viene scandita da appuntamenti, telefonate e note riportate sulle agende digitali mentre Facebook avvisa in automatico i suoi amici riguardo a cosa legge e ascolta online. La vita digitale è importante. Per fortuna anche quella può essere monitorata. Il sito Klout, ad esempio, valuta in tempo reale la reputazione online attraverso il feedback ricevuto sui social media o il numero di follower e amici. L’indice di popolarità del lifelogger è 61. Il suo tweet più popolare (un messaggio in 140 caratteri sul social network Twitter), cioè maggiormente condiviso da altri utenti, risale al 30 agosto. Ma il lifelogger resiste all’idea di monitorare il gradimento social di ciascun tweet. Giusto un’occhiata generale ogni tanto, se si può.
Uno dei vantaggi dell’auto-misurazione è che se tanti di noi si trovano a volte perplessi davanti alla bonaria domanda: «Come è andata oggi?», i self-quantifiers hanno un software che risponde per loro. Ogni giorno, consultano il «moodscope», un rivelatore di umore che sembra un videogioco. Anche gli ultimi strumenti dell’auto-contabilità hanno, infatti, scoperto il principio della «gamification»: se rendi un programma simile a un gioco, l’utente lo approccerà più volentieri. Così il lifelogger per aggiornare il grafico del suo umore gioca con venti carte, ognuna corrispondente a un’emozione — dalla rabbia alla determinazione.
L’algoritmo usato dal sito elabora tutti i dati e li trasforma in un numero. La settimana del rientro dalle vacanze, il tasso di felicità del lifelogger è stato del 37%. A comunicare la triste percentuale è stata la sua migliore amica. Il sito infatti — che ancora crede in un possibile ruolo per gli esseri umani — chiede ai nuovi iscritti di inserire l’indirizzo mail di una persona cara, che possa ricevere gli aggiornamenti di umore. Amici del cuore a parte, nell’era del web sociale, anche i lifelogger fanno comunità. I primi a promuoverla sono stati Kevin Kelly e Gary Wolf, direttore e contributor della rivista di tecnologia «Wired», che nel 2007 — non a caso l’anno del lancio dell’iPhone — hanno creato Quantified Self (http://quantifiedself.com), un sito dove gli appassionati dell’auto-tracciamento possono condividere notizie, strumenti ed esperienze personali.
Periodicamente gli utenti del sito — che hanno gruppi sparsi in tutto il mondo da Ottawa a Milano — si incontrano e ascoltano le testimonianze dei loro guru. Come Cathal Gurrin, a capo di un team di ricercatori dell’Università di Dublino al lavoro su un motore di ricerca per lifelogger. Da cinque anni Gurrin registra ogni attimo della sua vita con SenseCam, la macchina fotografica realizzata da Microsoft per il progetto di mappatura MyLifeBits e rivolta alle persone affette da disturbi alla memoria. Oppure Larry Starr, un ex astrofisico che insegna computer science all’università della California, e che a 63 anni ha cominciato a monitorare tutte le sue attività minuto per minuto, convinto che nella quantificazione del sé si nasconda il futuro della salute. Il lifelogger per il momento si limita alla misurazione della pressione durante l’attività fisica ma sa che strumenti come SpiroScout, l’inalatore Wi-Fi per i malati di asma, o l’Ecg device di AliveCor, un elettrocardiogramma da iPhone, sono il futuro. Prima di andare a dormire controlla sullo smartphone l’orario della sveglia: 8.30. Considerando i 5 stadi del sonno, per avere una buona nottata, lo smartphone gli ricorda che dovrà andare a letto alle 23.30 oppure all’1.00, alle 2.30 o alle 4.00. Resta il tempo per annotare il numero di caffè bevuti oggi su «Quit it», l’applicazione per interrompere le cattive abitudini. E scoprire che, al solito, sono stati troppi.
Serena Danna