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 2012  settembre 16 Domenica calendario

QUEGLI ARTICOLI CON LE FRASI DEL VOLANTINO SU ADINOLFI —

Anche ieri mattina lo stand numero 53 è rimasto vuoto. Alfredo Cospito e la sua compagna, Anna Beniamino, confidavano negli incassi della due giorni del Festival del tatuaggio al Parco Ruffini per mettere insieme un gruzzolo tale da consentire la fuga all’estero.
È andata in altro modo, decisamente. Adesso toccherà al giudice per le indagini preliminari di Torino decidere della sorte dell’uomo, che insieme al suo amico Nicola Gai è ritenuto responsabile del ferimento di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, avvenuto a Genova il 7 maggio scorso. I due sospettati hanno scelto di non rispondere alle sue domande. Ma non si sono dichiarati prigionieri politici, tanto meno hanno rifiutato il patrocinio legale. Le perquisizioni non sembrano aver migliorato la loro posizione. Sono stati sequestrati abiti definiti «compatibili» con quelli usati il giorno dell’agguato, in particolare una camicia e il giubbotto marrone, e due caschi neri che verranno mostrati ad Adinolfi. Sembrano accertati anche i viaggi in Toscana a casa di un militante anarchico condannato per rapina, che potrebbe essere stato il fornitore dell’arma.
Nei due mesi trascorsi tra il rigetto della richiesta di arresto fatta a luglio dal gip di Genova e il fermo di venerdì, le indagini hanno acquisito qualche altro dettaglio che lascia intravedere un piccolo mondo che potrebbe guardare con favore, se non con complicità, alla scelta dell’azione diretta. La rivendicazione dell’attentato ad Adinolfi giunse l’11 maggio con una lettera alla redazione milanese del Corriere della Sera, firmata a nome del «Nucleo Olga-Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale», dove il nome proprio era quello di una militante greca, detenuta nelle carceri del suo Paese. Quel testo era già stato spedito, tre giorni prima della sua pubblica divulgazione, a un gruppo di anarchici napoletani, ritenuti dagli investigatori titolati a ricevere comunicazioni di questa rilevanza, in quanto portatori di «affinità ideologiche e strategiche» con l’insurrezionalismo greco.
Al Centro studi libertari Louise Michel non sanno di essere ascoltati dalla Polizia. Quando ricevono il documento per posta elettronica, mostrano di conoscere l’argomento. «Il comunicato della Fai, leggi». A questo punto, un altro anarchico dice: «Ma è sul fatto del Valentino?». Il riferimento sembra essere a un parco torinese, quello dove si trovavano Cospito e Gai quando dovevano discutere senza timore di essere intercettati. Tra i partecipanti alla riunione napoletana, non si sa quanto improvvisata, figurano Gianfranco Mendicino e Christos Tasioulas, che in aprile erano stati avvistati a Torino, al parco del Valentino. Il 2 maggio Tasioulas è intercettato mentre pronuncia questa frase: «7 maggio, inizio lavori». È il giorno del ferimento di Adinolfi. Se fosse confermata questa interpretazione di fatti e parole, significa che qualcuno sapeva cosa stava per accadere.
L’avanguardia torinese, per quanto isolata, comunicava con l’esterno attraverso la rivista Kno3, frutto del lavoro di Cospito e della sua compagna. Quei fogli ciclostilati rappresentavano il modo per far conoscere le proprie idee e intenzioni a una rete di militanti sparsi per l’Italia. Le assonanze non solo ideologiche ma anche lessicali tra alcuni articoli e il testo della rivendicazione dell’attentato contro Adinolfi hanno assunto per gli investigatori un valore di prova per via di espressioni ricorrenti in entrambi i documenti: dal «cittadinismo», considerato il vero male che attanaglia i rivoluzionari inconcludenti, fino alla perifrasi «ad ogni azione corrisponde una reazione», per altro piuttosto diffusa.
Alcune somiglianze balzano agli occhi. In un articolo firmato dal «compagno greco Pitokos», anagramma di Cospito, si legge: «La colpa fondamentalmente è di quel "realismo" che ha preso piede, trasformando generosi e coraggiosi rivoluzionari in professorini dell’anarchismo militante...». Nella rivendicazione si parla di contrapposizione a un «realismo senza speranza». Altro esempio: Kno3 scrive che «l’obiettivo di questa nuova genia di compagni» sarebbe la trasformazione del «cittadino democratico indignato» in un ribelle. Rivendicazione: «Non consideriamo un referente i cittadini indignati...».
I temi sono quasi sempre gli stessi, le parole molto spesso simili: dallo sberleffo del «gioco politico del consenso» fatto da alcuni compagni anarchici, che nel testo-Adinolfi diventa una la critica a una «ricerca del consenso senza mai oltrepassare i limiti del possibile», passando per la risposta a chi accusava i militanti della Federazione anarchica informale di fare delle loro azioni uno «spettacolo» per i mass media, dove i riferimenti sono quasi identici, nella rivista e nella rivendicazione. I magistrati sono convinti che anche gli autori siano gli stessi. E che non abbiano scritto, e agito, a loro esclusivo uso e consumo.
Marco Imarisio