VARIE 14/9/2012, 14 settembre 2012
APPUNTI PER GAZZETTA - TERZO GIORNO DI FURIA ISLAMICA
CORRIERE.IT
Dopo aver preso il via in Egitto e in Libia, le proteste per il film su Maometto, ritenuto blasfemo dalla comunità islamica, si sono diffuse in tutto il mondo musulmano. Prendendo di mira anche le sedi diplomatiche dei paesi dell’Ue.
TUNISI, FUMO DALL’AMBASCIATA USA - A Tunisi, manifestanti hanno occupata l’ambasciata di Washington che è stata evacuata, mentre le forze dell’ordine hanno sparato ad altezza uomo. I diplomatici Usa sono stati costretti ad abbandonare il paese, mentre sarebbe stato appiccato il fuoco alla scuola americana della capitale nordafricana: tra i dimostranti ci sarebbero cinque feriti.
UN MORTO IN LIBANO- È di un morto e 25 feriti il bilancio delle violente proteste scoppiate a Tripoli, nel nord del Libano. Una folla di 300 estremisti islamici ha assaltato e dato alle fiamme un Kentucky Fried Chicken, la catena americana di fast food, e poi si è scontrata con le forze di sicurezza. L’attacco è avvenuto nelle stesse ore in cui il Papa Benedetto XVI iniziava a Beirut una storica visita pastorale nel paese.
INCENDIATA L’AMBASCIATA TEDESCA IN SUDAN - In Sudan, i manifestanti hanno preso d’assalto l’ambasciata britannica a Khartoum, mentre hanno sfondato il cordone posto davanti all’ambasciata tedesca, issando una bandiera islamica sul tetto dell’edificio, poi dato alle fiamme: le forze di sicurezza locali hanno risposto con il lancio di lacrimogeni. Tutto il personale diplomatico di Berlino risulterebbe illeso, secondo quanto riferisce il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle. Dopo aver attaccato le sedi diplomatiche dell’Ue, 10.000 manifestanti si sono poi diretti verso l’ambasciata americana che hanno provato a occupare. Tre dimostranti sarebbero morti negli scontri con la polizia.
UNDICI FERITI AL CAIRO- È di almeno undici feriti il bilancio degli scontri avvenuti al Cairo: vicino a piazza Tahrir, è invece di 33 il totale dei feriti dall’inizio della protesta, di cui due sono in gravi condizioni. Le forze politiche egiziane, tra cui i Fratelli Musulmani, avevano indetto per venerdì una giornata «milionaria» per manifestare pro Maometto. Gli scontri di oggi tra manifestanti e forze dell’ordine si sono svolti nei pressi dell’ambasciata americana e nella piazza della moschea di Omar Makram al Cairo. Dopo la preghiera del venerdì gli sconti si sono riaccesi e le forze dell’ordine hanno lanciato lacrimogeni sulla folla per allontanarla dalla zona dell’ambasciata.
MARINES VERSO LO YEMEN- Anche in Yemen non si placano le proteste, migliaia di manifestanti si sono recati in corteo contro le ambasciate occidentali: a scopo precauzionale, marines Usa si stanno dirigendo verso il paese. Nella martoriata Siria si registra un sit-in a Damasco: scontri anche in India nel Kashmir e a Madras, dove la polizia ha arrestato 86 dimostranti, e in Afghanistan, dove i talebani hanno dato fuoco all’immagine di Obama. Anche in Nigeria, Giordania, Pakistan e Marocco si registrano cortei di protesta. Pure in Europa sono state rafforzate le misure di sicurezza intorno alle sedi diplomatiche: vicino al consolato Usa di Milano vi sono diverse camionette di polizia e carabinieri.
Redazione Online
IL PAPA IN LIBANO - CORRIERE.IT
DAL VOLO PAPALE – Benedetto XVI ha la voce un po’ bassa e arrochita ma l’aria serena. Il Volo AZ 4000, con l’A320 “George Bizet”, è partito da un’ora e mezzo quando il Papa, come tradizione, raggiunge i giornalisti in fondo l’aereo e risponde alle domande che gli hanno preparato, lette da padre Federico Lombardi. Il ventiquattresimo viaggio internazionale del pontefice è forse il più delicato. Ma Benedetto XVI non si sottrae né evita di affrontare gli argomenti più ardui. Alle prime due domande risponde in francese, la lingua che parlerà nei tre giorni di permanenza in Libano. Alle altre in italiano.
Santo Padre, in questi giorni ci sono anniversari terribili, come l’11 settembre o il massacro di Sabra e Shatila. Alle frontiere del Libano c’è una sorta di guerra civile, il rischio della violenza è sempre presente. Con quale sentimento affrontate questo viaggio? È stato tentato di rinunciare per l’insicurezza o qualcuno le ha suggerito di rinunciare?
«Cari amici, sono molto riconoscente per questa possibilità di parlare con voi. Nessuno mi ha consigliato di rinunciare a questo viaggio e per parte mia non ho mai pensato a questa ipotesi. Perché so che se la situazione diventa più complicata diventa ancora più necessario dare questo segno di fraternità, di incoraggiamento, di solidarietà. Dunque questo è il senso del mio viaggio: invitare al dialogo, invitare alla pace, contro la violenza, andare insieme per trovare la soluzione dei problemi. E dunque i sentimenti in questo viaggio sono soprattutto sentimenti di riconoscenza per la possibilità di andare ora in questo Paese che come ha detto Giovanni Paolo II è più di un Paese, è un messaggio, in questa regione dell’incontro delle origini delle tre religioni abramitiche. E sono riconoscente soprattutto al Signore che mi ha dato la possibilità; sono riconoscente a tutte le istituzioni e le persone che hanno collaborato e collaborano ancora; e sono riconoscente a tante persone che mi accompagnano con la preghiera, con questa protezione della preghiera… Sono felice e sono sicuro di poter fare un servizio reale per il bene degli uomini e per la pace».
Un gran numero di cattolici manifesta inquietudine davanti alla crescita dei fondamentalismi in varie regioni del mondo e davanti alle aggressioni delle quali sono vittime molti cristiani. In questo contesto difficile, come può la Chiesa rispondere all’imperativo del dialogo con l’Islam, sul quale lei ha più volte insistito?
«Il fondamentalismo è sempre una falsificazione della religione, è contro l’essenza della religione che vuole riconciliare e creare la pace di Dio nel mondo. E dunque il compito della Chiesa e delle religioni è: purificarsi. Una auto-purificazione delle religioni da queste tentazioni è sempre necessaria. Ed è nostro compito illuminare, purificare le coscienze, rendere chiaro che ogni uomo è un’immagine di Dio e noi dobbiamo rispettare nell’altro non solo la sua alterità ma nell’alterità l’essenza comune, d’essere un’immagine di Dio, dobbiamo trattare l’altro come immagine di Dio. Dunque il messaggio fondamentale della religione è d’essere contro la violenza che è una falsificazione, come il fondamentalismo. Deve essere per l’educazione e l’illuminazione e la purificazione delle coscienze, per renderle tolleranti, capaci di dialogo, riconciliazione e pace».
Nel contesto dell’onda del desiderio di democrazia che si è messa in moto in tanti Paesi del Medio Oriente con la cosiddetta “primavera araba”, data la realtà sociale della maggioranza di questi Paesi in cui i cristiani sono minoranza, non c’è il rischio di una tensione inevitabile tra il dominio della maggioranza e la sopravvivenza del cristianesimo?
«Direi che di per sé la primavera araba è una cosa positiva: è il desiderio di più democrazia, di più libertà, di più cooperazione, di una rinnovata identità araba. E questo grido della libertà che viene da una gioventù più formata culturalmente e professionalmente, che desidera più partecipazione nella vita politica e nella vita sociale, è un progresso, una cosa molto positiva e salutata come tale anche da noi cristiani. Naturalmente dalla storia delle rivoluzioni noi sappiamo che il grido della libertà, così importante e positivo, è sempre in pericolo di dimenticare un aspetto e una dimensione fondamentale della libertà, cioè la tolleranza dell’altro e il fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa, che solo nella condivisione, nella solidarietà, nel vivere insieme con determinate regole può crescere. E questo è sempre il pericolo, così anche in questo caso e dobbiamo fare tutti il possibile perché il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella giusta direzione, non dimentichi la tolleranza, l’insieme, la riconciliazione come parte fondamentale della libertà. E così anche la rinnovata identità araba implica, penso, anche il rinnovamento dell’insieme secolare, millenario, di cristiani e arabi che proprio insieme, nella tolleranza di maggioranza e minoranza, hanno costruito queste terre e non possono non vivere insieme. Perciò, penso, è importante vedere l’elemento positivo di questi movimenti e fare il nostro perché la libertà sia concepita nel modo giusto e risponda al maggioro dialogo e non alla dominazione di uno contro l’altro».
In Siria come tempo fa in Iraq molti cristiani si sentono costretti a malincuore a lasciare il loro Paese. Che cosa intende fare o dire la Chiesa Cattolica per aiutare in questa situazione, per arginare la scomparsa dei cristiani in Siria e in altri Paesi mediorientali?
«Devo innanzitutto dire che non solo i cristiani fuggono ma anche i musulmani. Ma naturalmente il pericolo che i cristiani si allontanino e perdano la loro presenza in queste terre è grande, dobbiamo fare noi il possibile per aiutarli a rimanere. L’aiuto essenziale sarebbe la cessazione della guerra, della violenza, questa crea la fuga e quindi il primo atto è fare tutto il possibile perché finisca la violenza e che sia realmente creata una possibilità di rimanere insieme anche in futuro. Che cosa possiamo fare contro la guerra? Diciamo naturalmente sempre difendere il messaggio della pace, chiarire che la violenza non risolve mai un problema, e rafforzare le forze della pace. Direi importante è il lavoro dei giornalisti che possono aiutare molto per dimostrare come la violenza distrugge e non costruisce, non è utile per nessuno. Poi direi forse gesti della cristianità: giorni di preghiera per il Medio Oriente, per i cristiani e i musulmani, mostrare la possibilità di dialogo e di soluzione. Direi anche che deve finalmente cessare l’importazione di armi, perché senza l’importazione delle armi la guerra non potrebbe continuare, invece dell’importazione delle armi che è un peccato grave si dovrebbero importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni da accettare ognuno nella sua alterità e dobbiamo quindi nel mondo rendere visibili il rispetto delle religioni, gli uni degli altri, il rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni. In questo senso con tutti i gesti possibili, con aiuti anche materiali, bisogna aiutare perché cessi la guerra la violenza e tutti possano ricostruire il Paese».
Lei porta un esortazione apostolica indirizzata a tutti i cristiani del Medio Oriente. Oggi è una popolazione sofferente. Oltre alla preghiera e ai sentimenti di solidarietà, lei vede passi concreti che le chiese e i cattolici dell’Occidente, soprattutto in Europa e America. possono fare per sostenere i fratelli del Medio Oriente?
«Direi che dobbiamo influire nell’opinione politica e chiedere ai politici di impegnarsi realmente con tutte le forze, con tutte le possibilità, con creatività per la pace, contro la violenza. Nessuno dovrebbe sperare in vantaggi dalla violenza, tutti devono contribuire. In questo senso è un lavoro di armonizzazione, di educazione, di purificazione, è molto necessario da parte nostra. Del resto le nostre organizzazioni caritative dovrebbero anche aiutare in modo materiale e fare di tutto. Abbiamo organizzazione come i Cavalieri del Santo Sepolcro, di per sé solo per la Terra Santa, ma simili organizzazioni potrebbero aiutare materialmente, politicamente e umanamente anche in questi Paesi. E direi ancora una volta: gesti visibili di solidarietà, giorni di preghiera pubblica, simili cose possono allarmare l’opinione pubblica, essere veramente fattori reali. Sono convinto che la preghiera ha un effetto: se fatta veramente con fiducia e fede, avrà il suo effetto».
EVACUATE DUE UNIVERSITà AMERICANE - CORRIERE.IT
Due università americane sono state evacuate venerdì mattina per due allarmi bomba. Problemi anche in un ateneo luterano dell’Indiana. Gli episodi potrebbero essere collegati all’ondata di scontri anti-americani in medio oriente.
IL TEXAS - L’università di Austin, in Texas, è stata evacuata in seguito ad una telefonata anonima in cui si segnalava la presenza di esplosivi nel campus. Il personale dell’ateneo ha diramato l’allarme poco prima delle 10 del mattino, ora locale, spiegando che l’allarme deriva da una telefonata di un uomo: professandosi di al Qaeda, ha dichiarato di aver sparso delle bombe in tutto il campus. Il messaggio di allarme inviato via sms agli studenti alle 9.53 chiedeva di «vacuare immediatamente TUTTI gli edifici e allontanarsi il più possibile».
«ACCENTO MEDIORIENTALE» - In una nota l’ateneo ha spiegato che alle 8.35 è arrivata una telefonata da «un uomo con accento mediorientale che sosteneva di aver piazzato bombe in tutto il campus, e che sarebbero esplose di lì a 90 minuti. Il Rettore ha così disposto l’evacuazione per maggiore cautela». L’allarme è cessato verso mezzogiorno.
IL BIS A FARGO - Quasi alla stessa ora di Austin un episodio analogo è stato registrato all’Università statale di Fargo, in North Dakota: per un altro allarme bomba, alle 9.49, è stata ordinata l’evacuazione di tutti gli impiegati e gli studenti. Si tratta, complessivamente, di oltre 60.000 persone tra studenti e personale nei due atenei. A metà mattinata non era ancora stato chiarito se le due telefonate, avvenute quasi in contemporanea, fossero collegate tra loro.
IL TERZO ALLARME - Circa un’ora dopo un allarme ha riguardato un terzo ateneo americano. Si tratta della Valparaiso University, un istituto luterano dell’Indiana. L’allarme riguarda una «minaccia non specificata» che potrebbe colpire l’istituto durante la «chapel break», la pausa per la preghiera. L’istituto non è comunque stato evacuato, e non è chiaro se l’episodio sia in relazione con quelli di Austin e Fargo.
Redazione Online
IL PAPA CRONACA - CORRIERE.IT
Papa Benedetto XVI è arrivato a Beirut, accolto all’aeroporto internazionale Rafiq Hariri dal presidente della Repubblica, il cattolico maronita Michel Suleiman. Il pontefice, che è al suo 24esimo viaggio internazionale, rimarrà in Libano fino a domenica. All’aeroporto, insieme al presidente Suleiman, anche il premier Najib Mikati, musulmano sunnita e il presidente dell’Assemblea dei deputati Nabih Berri, musulmano sciita. Presenti anche tutti i patriarchi e vescovi del Libano e personalità ortodosse e musulmane. Con i cronisti, in volo, il Papa si è espresso contro il fondamentalismo che, ha avvertito «è sempre una falsificazione delle religioni» e ha auspicato che dal positivo «grido di libertà» della Primavera araba scaturisca un clima di tolleranza
LE CONFESSIONI - Il viaggio apostolico del pontefice inizia in un momento cruciale per la regione, a causa della guerra in Siria e dei contraccolpi dell’attacco al consolato americano a Bengasi, in Libia. E nello stesso giorno in cui in Libano, dove cattolici e musulmani convivono, è stato assaltato un fast food provocando un morto e 25 feriti. Sulla convivenza tutta libanese, ha parlato anche il Pontefice ricordando che il Libano deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che all’interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese, «tutte parti nell’unica Chiesa cattolica - ha detto il Papa nel discorso in aeroporto davanti alle autorità religiose - in uno spirito di comunione fraterna con gli altri cristiani e, al tempo stesso, la convivenza e il dialogo rispettoso tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni»
GLI AUGURI DI NAPOLITANO - Per il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, «la visita del Pontefice in Libano porterà un importante messaggio di pace e speranza in tutta la regione, quanto mai necessario in un periodo drammatico come l’attuale». È quanto scrive il capo dello Stato nel messaggio inviato a Benedetto XVI, sottolineando che si tratta di una visita «molto attesa, non solo dalla comunità cristiana, ma da tutta la società civile libanese e alla quale guarda con grande speranza l’intero Medio Oriente. Essa infatti contribuirà a rafforzare la volontà del popolo libanese di procedere sulla via della libertà religiosa e della pacifica convivenza e recherà un importante messaggio di pace e speranza per tutta la regione, quanto mai necessario in un periodo drammatico come l’attuale. Mi è gradita l’occasione, Santità, per rinnovarle i sensi della mia profonda stima e considerazione».
ESORTAZIONE APOSTOLICA - Dopo la cerimonia di benvenuto, il Papa si recherà in auto alla nunziatura apostolica di Harissa, a 37 chilometri di distanza, dove pranzerà, e nel pomeriggio si trasferirà nella vicina basilica greco-malkita di St. Paul di Harissa, dove firmerà l’esortazione apostolica «Ecclesia in Medio Oriente», che ha scritto a partire dal sinodo sul Medio Oriente che si è svolto in Vaticano nel 2010.
Redazione online