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 2012  settembre 14 Venerdì calendario

FORZA CAGLIARI, VISTO CHE LO PAGHIAMO TUTTI


Evviva il Cagliari, evviva l’allenatore Massimo Ficcadenti, evviva uno per uno tutti i suoi giocatori, da Michael Agazzi a Mauricio Pinilla. In bocca al lupo per una salvezza tranquilla, per la coppa Uefa e magari chissà anche per lo scudetto. Ma che i soldi per la sponsorizzazione di una squadra di calcio vengano tirati fuori da un ente pubblico è insensato. E a maggior ragione se a questo sponsor si affianca una società privata sì, ma “all’italiana” e cioè coi bilanci aggiustati col pubblico denaro. Vale a dire la regione Sardegna e la Tirrenia.
Si dirà che non è la prima volta. Verissimo. Tra i tanti, ricordiamo i casi della regione Sicilia che ai tempi di Cuffaro, per mostrare che mamma chioccia ama tutti i suoi pulcini, regalava 105.492 euro al Palermo, 105.492 al Catania e 105.492 al Messina. O ancora quello della Provincia di Lecce che dava un milione e 200mila euro alla squadra giallorossa salentina o quello dell’Agsm, la municipalizzata che dà luce e gas a Verona e appartiene al 100% al Comune, la quale sponsorizza con un contratto da 700mila euro in due anni il Verona Hellas. Prova provata che un certo tipo di rapporto affettivo (clientelare, direbbero i più maligni) con gli elettori-tifosi non riguarda solo il Mezzogiorno.

orgoglio sardo ferito.
In tempi di crisi come questa, però, con gli operai isolani che si arrampicano sui tralicci o si barricano quattrocento metri sotto terra, la scelta della regione Sardegna di dare due milioni e mezzo di euro alla squadra di calcio mettendo soldi nei “circenses” mentre in certe aree manca il “panem”, fa un certo effetto. Aggravato dall’arrivo del secondo sponsor, la Tirrenia. Un arrivo che ha infastidito molto gli amministratori sardi. «Mi sembra un’operazione da pataccari», ha detto il governatore Ugo Cappellacci. «Quel marchio associato al Cagliari mi fa un po’ senso. Mettere accanto all’orgoglio sardo il nome Tirrenia che è sinonimo di nefandezze che per anni hanno colpito la Sardegna è sbagliato». È proprio alla compagnia simbolo di tutti i carrozzoni pubblici che i sardi addebitano la crisi del turismo isolano. Turismo massacrato da tariffe che hanno spinto la Regione (oltre che a farsi carico della Saremar e dei buchi che si tirava dietro) a creare una propria compagnia di traghetti con la penisola.
Ma non è solo una questione di antichi rancori. È una questione di soldi pubblici. C’è chi dirà: ma la Tirrenia oggi è privata, è in mano alla Moby Lines e dunque i proprietari possono spendere i soldi come pare e piace a loro. Fino a un certo punto. Spiega infatti la rivista specializzata Capo Horn di Bruno Dardani e Oscar Giannino, che dal 12 settembre è allegata al Sole 24 Ore, che purché comprassero la Tirrenia e prendessero in carico i suoi dipendenti e la sua flotta di 18 navi per lo più obsolete, il governo non solo si è accontentato di 200 milioni più altri 180 in comode rate, ma ha riconosciuto ai compratori «582 milioni di euro delle cosiddette sovvenzioni di equilibrio, che lo Stato verserà nelle casse della Cin in otto anni» fino al 2020. Per capirci, la Cin (la newco che ha rilevato Tirrenia) deve ancora pagare «55 milioni alla fine del terzo anno dal trasferimento dell’azienda, 60 al sesto e 63 alla scadenza dell’ottavo» ma «le tre tranche di pagamento a saldo del debito saranno pagate a una precisa condizione: che Cin incassi interamente dallo Stato, ogni anno, i 72,68 milioni di euro previsti dalla convenzione». In pratica, anche i soldi che vanno al Cagliari con gran dispetto della Regione sono in parte soldi pubblici. Anche di chi, magari, invece che per il Cagliari, fa il tifo per altre squadre.