Fabio Monti, Corriere della Sera 14/09/2012, 14 settembre 2012
MORALE, CORSA RECORD QUANDO L’ATLETICA ITALIANA DOMINAVA IL MONDO
Oggi saranno cinquant’anni. Ai campionati europei di Belgrado, il 14 settembre 1962, Salvatore Morale stravince (da favorito) il titolo europeo dei 400 ostacoli a tempo di record mondiale (eguagliato). Una gara magnifica, con rettilineo finale irresistibile, chiusa in 49’’2, lo stesso crono dello statunitense Glen Davis (Budapest, 6 agosto 1958), con due tedeschi lontanissimi a completare il podio: Jorg Neumann (50’’3) e Helmut Janz (50’’5). Parlare oggi di Morale, nato a Teolo (Padova) il 4 novembre 1938, è anche un modo per ricordare uno dei più grandi talenti dello sport italiano. Il meglio di sé lo ha offerto a cavallo fra i Giochi Olimpici di Roma 1960 (eliminato in semifinale) e quelli di Tokio 1964, medaglia di bronzo, nonostante un virus lo avesse a lungo debilitato nella fase di preparazione a Volodalen in Svezia.
Il 15 ottobre 1961, a Roma, aveva conquistato in una sola gara due record europei: 49’’7 nei 400 hs e 50’’1 nelle 440 yards. Dalle gare di velocità, Morale era subito passato agli ostacoli bassi, dimostrando di essere un talento naturale. Campione italiano già a 18 anni, nel 1957 correva in 51’’7, primato europeo juniores ufficioso, visto che le tabelle di categoria non erano state ancora inventate. Seguito all’inizio dal goriziano Giordano Cumar, era passato sotto la guida di Alessandro Calvesi, il mago degli ostacoli, capace di unire alla passione competenza tecnica e capacità didattiche, che gli avevano consentito di portare al titolo europeo, oltre a Morale (toccante, ma sobrio l’abbraccio fra i due appena finita la gara di Belgrado), anche Eddy Ottoz (nei 110, doppio oro nel 1966 a Budapest e 1969 ad Atene) e Roberto Frinolli (nei 400, 1966).
In questi cinquant’anni, dopo l’impresa di Morale, nelle specialità olimpiche da stadio, l’Italia ha avuto soltanto quattro uomini e due donne, in grado di firmare un primato mondiale. Sei anni dopo Morale, è toccato a Giuseppe Gentile arrivare al primato del triplo, ai Giochi di Città del Messico. Primato in qualificazione (m 17,10) il 16 ottobre; il giorno dopo, in finale, succede di tutto: prima Gentile si migliora a m 17,22; poi Victor Saneyev atterra a m 17,23; il brasiliano Nelson Prudenzio arriva a m 17,27, finché Saneyev chiude la gara a m 17,39, per l’oro e il primato del mondo, con Gentile che conquista il bronzo. Nel 1973, tocca a Marcello Fiasconaro stupire il mondo, correndo all’Arena di Milano (27 giugno) gli 800 metri in 1’43’’7, senza lepri e senza avversari, in testa dal primo all’ultimo metro, primo uomo a scendere sotto l’1’44’’. Un record che resiste fino al 25 luglio 1976, quando Alberto Juantoreña vince l’oro olimpico in 1’43’’5. Anno 1979: il 12 settembre, è il giorno in cui Pietro Mennea, a 2.240 metri di Città del Messico, corre i 200 in 19’’72. È il nuovo record mondiale, che resisterà fino al 23 giugno 1996, quando ai Trials di Atlanta, Michael Johnson ferma i cronometri a 19’’66. Il 12 agosto 1987, a Viareggio, tocca ad Alessandro Andrei: in una sola notte, migliora per tre volte il primato del mondo, anche con l’aiuto di una pedana speciale, ma omologata. Arriva a m 22,91, un record che resiste fino al 22 maggio 1988, quando Timmermann lancia a m 23,06.
Ci sono anche due donne, che sono arrivate in cima al mondo in questi cinquant’anni: Paola Pigni corre i 1.500 metri in 4’12’’4 a Milano (2 luglio 1969), un primato che verrà battuto il 20 settembre (4’10’’7) dalla ceca Jaroslava Jehlichova. Sara Simeoni vola a m 2,01 per due volte in 26 giorni nell’agosto 1978; nella seconda occasione, a Praga, vince l’oro europeo. Perderà il record da campionessa olimpica quattro anni dopo ad Atene, 8 settembre 1982, quando Ulrike Meyfarth salirà a m 2,02. Grandi storie di sport, imprese da ricordare in tempi di atletica quaresimale, fra dirigenti in difesa della propria poltrona, allenatori impreparati e inadeguati, atleti senza nessuna voglia di allenarsi.
Fabio Monti