Marco Nese, Corriere della Sera 14/09/2012, 14 settembre 2012
GLI OCCHI ELETTRONICI DEI GLOBAL HAWK USA ALLA CACCIA DEI TERRORISTI
Ogni centimetro quadrato della Libia è scandagliato dagli occhi elettronici dei Global Hawk. Questi aerei senza pilota, cosiddetti droni, sono i più potenti strumenti di sorveglianza del mondo. Partono dalla base militare di Sigonella, in Sicilia.
La caccia agli uomini che hanno ucciso l’ambasciatore americano Chris Stevens è perciò condotta in buona parte dagli americani stanziati sulla costa siciliana. Davanti alla quale incrociano da ieri anche due cacciatorpediniere americane, la Uss Laboon e la Uss McFaul, armate di missili Tomahawk.
Il Global Hawk è l’ultimo gioiello tecnologico, il più importante anello nella catena della «smart defence», la difesa intelligente. A differenza degli altri droni, il Global Hawk è enorme, con la sua apertura alare di 40 metri sembra un jumbo. Può rimanere in volo per 36 ore filate. A Sigonella dicono: «Se lo mandiamo nei cieli di Johannesburg, in Sudafrica, vola fin laggiù, effettua una missione di controllo, e ritorna senza bisogno di rifornimento».
Si porta dietro un armamentario di radar e telecamere a infrarossi che gli consentono di essere attivo anche di notte da un’altezza superiore ai 20 mila metri. Il primo Global Hawk è arrivato a Sigonella nel settembre del 2010. Adesso ce ne sono tre e stanno per diventare cinque. Costo: 233 milioni di dollari.
Non solo vedono, ascoltano anche. Intercettano le comunicazioni. Immagini e parole captate rimbalzano in California, nel centro di controllo di Beale, dove i dati vengono analizzati. Se gli occhi del velivolo individuano un rifugio di terroristi, parte subito l’ordine di colpire. Un compito affidato ad altri due tipi di droni basati a Sigonella, i Predator e i Reaper, armati di missili e bombe a guida laser.
Sigonella è destinata a diventare la capitale mondiale dei droni. Gli americani hanno stanziato 15 milioni di dollari per installarvi antenne, ripetitori, e tutte le apparecchiature necessarie per creare un centro di controllo che, attraverso i droni, tenga costantemente gli occhi puntati sul territorio africano e soprattutto sui Paesi del Medio Oriente.
È in programma anche la costruzione di un hangar gigantesco di quasi 6 mila metri quadri destinato alla manutenzione e riparazione dei droni, operazioni affidate alla Northrop Grumman, che trasferirà in Sicilia alcuni suoi tecnici. A maggio scorso, al summit della Nato che si è svolto a Chicago, anche l’Alleanza atlantica ha deciso di dotarsi, nell’ambito del programma Allied ground surveillance, di cinque Global Hawk. Base: sempre Sigonella, dove arriveranno 600 militari in più. Per gli aerei civili è un grosso problema. I droni hanno fasi di decollo e atterraggio complicate. A novembre l’aeroporto di Catania Fontanarossa chiuderà per riparazioni e i passeggeri saranno dirottati per almeno un mese su Sigonella. Se incroceranno un drone, i velivoli civili saranno costretti a ritardare partenze o atterraggi.
Marco Nese