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 2012  settembre 11 Martedì calendario

LA DEUTSCHE BANK FA DIETRO FRONT


La Deutsche Bank, la prima banca di Germania, è tornata all’antica tradizione di aver come guida due «Speakers», un termine scelto per sottolineare quella che, in realtà, dovrebbe essere una conduzione di squadra. Ma non lo è mai stata, e, dei due portavoce, uno ha contato sempre di più.
Dopo lo svizzero Josef Ackermann, è stato scelto l’angloindiano Anshu Jain, affiancato dal tedesco Jürgen Fitschen, e oggi la coppia, da 100 giorni al potere, renderà noto quale sarà il nuovo corso della DB (un miliardo e 830 milioni di euro di fatturato, oltre 101 mila dipendenti.)
«Guadagnare soldi non è più sufficiente, ma anche essere un partner leale e non fare profitto non basta», ha detto Fitschen, che resta nell’ombra del più giovane partner Jain. Ackermann ha badato solo al profitto, ha ridotto il personale, ha chiuso le filiali meno redditizie in provincia, ma ha poi dovuto fare marcia indietro: a rendere sono i modesti depositi di milioni di piccoli correntisti, invece dei grandi e rischiosi affari. E si è affrettato a comprare la Postbank, con i suoi 13 milioni di normali clienti. La DB ha risentito della crisi mondiale, si è esposta per diversi miliardi in Grecia e in altri paesi a rischio, e le sue azioni sono scese dagli 80 euro nel 2008 agli attuali 30. Quale sarà la cura scelta da Jain?
Si dovrà risparmiare: i costi devono scendere di almeno tre miliardi di euro, e almeno 1.900 dipendenti perderanno il posto, o verranno spediti in pensione. Attualmente rende soprattutto il settore Investementbank, e dovranno migliorare i risultati anche le altre attività, a cominciare dalle gestione di capitale. La coppia ha cercato in questi tre mesi di dimostrare anche un cambiamento di rotta nello stile di comando: meno arroganza rispetto ad Ackermann e più motivazione del personale. Bisogna risvegliare lo spirito di squadra della vecchia Deutsche Bank, ma sarà difficile.
Fondata quasi contemporaneamente alla nascita del Reich, nel 1870, la banca è stata protagonista della storia tedesca, nel bene e nel male, dai tempi duri della Repubblica di Weimar al nazismo, dalla guerra alla ricostruzione. Più che una banca è stata sempre un’istituzione, non limitandosi solo a concludere buoni affari. Fedele ai principi dell’economia sociale di mercato, la DB non ha mai dimenticato i suoi doveri nei confronti del paese, anche se questa frase può suonare retorica. Per i luterani non è un peccato guadagnare, anzi ciò dimostra che Dio ci aiuta, ma dopo è un obbligo spendere bene per aiutare il prossimo.
Non è un caso, che l’amico più intimo di Helmut Kohl fosse il capo della Deutsche Bank, Alfred Herrhausen. Fu lui a consigliare il Cancelliere quando cadde il «muro»: «Che fare della Germania Est? Compriamola», suggerì. E Kohl fece una buona offerta a Gorbaciov e la Ddr, calcolando tutte le concessioni fatte a Mosca, fu acquistata al prezzo di quattro deutsche mark, al metro quadrato, un paio di euro. Nei primi tempi non fu un buon affare, ma Herrhausen agì da patriota, pensando alla storia, e non ai soldi. Infatti, un mese dopo fu ucciso dagli ultimi terroristi della Baader-Meinhof.
Dopo di lui, tutto cominciò a cambiare. Nel ’94, per commentare uno scandalo edilizio in cui era coinvolta la Deutsche Bank per circa 50 milioni di marchi, il capo Hilmar Kopper, disse: «E che sarà mai? Per noi sono peanuts», noccioline. Il fatto che venisse scelto uno «straniero» come Josef Ackermann, dimostra che la banca non poteva agire più tenendo conto dei problemi tedeschi: «Io rispondo agli azionisti sparsi per tutto il mondo», spiegò. E oggi, mister Anshu Jain, il mago delle speculazioni internazionali, in tedesco sa appena dire «Guten Tag». Ma promette di studiare la lingua di Goethe.