Riccardo Bocca, l’Espresso 14/9/2012, 14 settembre 2012
APPESI A UN PIPPO
Palinsesti vecchi. Solite facce. Conti in rosso. Rai e Mediaset in crisi di idee e portafoglio puntano sul già visto. Con poche novità. Tra cui quella di nonno Baudo
Appesi a un Pippo. Il Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo che in giugno ha brindato al suo settantaseiesimo compleanno. La maschera catodica già negli anni Sessanta sul palcoscenico televisivo del Festival di Sanremo. Il padre padrone, negli anni Ottanta, dei pomeriggi domenicali con la messa pop di "Domenica in". Il vetero sacerdote della televisione d’intrattenimento, entrato nella memoria collettiva con slogan tipo «Hai toppato!» o «L’ho scoperto io!», riferendosi a uno dei mille talenti lanciati. Ecco: per quanto assurdo e sconsolante possa suonare, nell’anno 2012, l’unica novità coraggiosa, perfettibile ma originale nei palinsesti autunnali di Rai e Mediaset, si chiama "Il viaggio". E ad averla concepita, proposta e realizzata è stato proprio il caro vecchio Pippo.
Lui stesso lo rivendica: «In giro vedo soltanto repliche di programmi superati, adattamenti di format stranieri, formule usurate che nulla hanno da aggiungere». Baudo no: per Raitre il lunedì sera attraversa la Penisola in camper incontrando politici (Matteo Renzi), artisti (da Jovanotti a Raul Casadei) e scrittori o giornalisti vari (da Edoardo Nesi a Gian Antonio Stella). Un tentativo low cost di uscire dal bunker di viale Mazzini e riaffacciarsi sul territorio. Non una rivoluzione, certo, e neppure un delirio di originalità. Ma insomma: la consistenza post estiva della tv, pubblica e privata, è quella che è. «Forfora», la chiama il direttore di Rai4 Carlo Freccero. E non è semplice smentirlo. Basti pensare a cosa proporrà Raiuno dal 19 settembre. Fabrizio Frizzi e Natasha Stefanenko saranno i conduttori di "Per tutta la vita". Una battaglia tra «coppie di promessi sposi che si fronteggiano con prove e momenti narrativi», recita la presentazione. Peccato che il programma non sia inquadrabile nella categoria del nuovo. O almeno del seminuovo. È stato lanciato, la prima volta e con identici conduttori, nel 1997. Quindici anni fa: video archeologia. E l’unica sorpresa inedita, annessa a questo dinosauro, sarà il brivido del televoto, trappola acchiappa-denari onnipresente in qualunque show.
«Sono palinsesti deboli», denunciava già nel giugno scorso l’ex presidente Rai Paolo Garimberti. E il cielo, ancora oggi, non s’è schiarito. Ai vertici della televisione di Stato sono approdati l’ex vicedirettrice di Bankitalia Anna Maria Tarantola (presidente Rai) e l’ex amministratore delegato di Wind Luigi Gubitosi (direttore generale): due profondi (in)esperti di prodotti televisivi. In luglio, poi, la Corte dei conti ha ricordato alla Rai non solo «l’esigenza di predisporre interventi per contrastare l’evasione dal pagamento del canone», ma anche la necessità bruciante di «ridurre i costi di produzione», ribadita dal meno 14,6 per cento della pubblicità da gennaio a giugno 2012 rispetto all’anno precedente. Dunque la linea dei capataz di rete, riferita a "l’Espresso" da uno di loro, è stata quella di «piegare la schiena e attendere momenti migliori». Fermi tutti, insomma: niente sperimentazioni autolesioniste. Si va sul sicuro, al massimo sul quasi sicuro. Il che da una parte si traduce in Raiuno che inocula una tripla dose di Carlo Conti (condurrà il secondo anno di "Tale e quale show", l’appuntamento giornaliero con "L’eredità", capitanando anche la giuria del talent "Fatti valere"), e dall’altra parte in Raitre che dal 9 ottobre riempirà le serate di martedì, mercoledì e giovedì con il "Volo in diretta" del multitasking Fabio, malgrado il tiepido esordio della scorsa stagione.
«Il quadro è deprimente», taglia corto Freccero. E non si tratta esclusivamente di una patologia Rai. È la reiterazione compulsiva delle stesse offerte, il malanno comune: «Una rinuncia all’evoluzione che non permette alla tv di costruire una visione originale della realtà». Caso da manuale, Maria De Filippi and friends. Ossia l’esempio di come il tempo scorra ovunque sul pianeta, ma non a Canale 5, dove la signora Costanzo impazza con il suo impero immobile: dalla prima serata al sabato di "C’è posta per te", lacrimificio campione d’ascolti e di raccolta pubblicitaria, passando per la tamarreide amorosa di "Uomini e donne" (decollerà il pomeriggio del 24 settembre), fino alla dodicesima edizione di "Amici" e il lancio dell’ennesima ugola a cui far vincere un Sanremo.
«De Filippi», ha commentato di recente Gad Lerner, «non crede in quello che dice e nella realtà che ci presenta». E può (molto) darsi che abbia ragione, il titolare storico de "L’infedele" (quest’anno su La7 rinforzato dalle inchieste di Gianluigi Nuzzi). Ma a questo punto sono dettagli, raffinatezze per feticisti catodici. Il resto è gelido business, conti della spesa che a fine anno devono tornare. In luglio, per dire, il vicepresidente di Mediaset Piersilvio Berlusconi ha dichiarato che nel 2012 avrebbe investito in «contenuti 2 miliardi di euro, dei quali un miliardo e mezzo in Italia». Poi ha aggiunto che, anche se l’atmosfera è grama per tutti, gli imprenditori nostrani dovrebbero continuare a «investire e avere fiducia (nella tv)». Dopodiché, a settembre, ci ritroviamo su Italia1 con il vecchio "Colorado" della coppia Belen Rodriguez-Paolo Ruffini, con l’inesauribile Gerry Scotti al comando su Canale 5 di "The winner is" (ancora una sfida canora, ancora una giuria), mentre Alessia Marcuzzi si sposta dall’appartamento del "Grande fratello" (quest’anno chiuso per usura) alle ristrutturazioni edilizie di "Extreme makeover home": versione cacio e pepe di un format americano già visto e stravisto su Sky.
«Alla fine», assicura il direttore di Rai Intrattenimento Giancarlo Leone (vedi intervista a pag. 65), «la tv dovrà cambiare per forza». E ci crede davvero, in questa svolta virtuosa. A prescindere dai vizietti tipici di viale Mazzini, dove intanto l’ex direttore generale della Rai Lorenza Lei (assai stimata da Silvio Berlusconi) è in passaggio alla Sipra al posto dell’altrettanto filo berlusconiano Aldo Reali. Il salto cruciale, secondo Leone, è stato quello dall’analogico al digitale terrestre. E poco importa se, da un estremo all’altro dello Stivale piovono accuse di malfunzionamenti. «Adesso», dice, «gli italiani hanno a disposizione 60 canali in chiaro, e questo fa la differenza». Nel senso che l’abbondanza di reti e sapori, in teoria, dovrebbe incidere sui gusti del pubblico generalista «incoraggiando trasmissioni e linguaggi più coraggiosi».
Esempio tipico della nuova era, sostengono a Raidue, sarebbe il "Pechino Express" partito il 13 settembre, reality-game con dieci coppie in viaggio senza soldi né comfort che sostituisce l’"Isola dei famosi". «Uno sprazzo di futuro», lo definiscono per l’assenza del tipico studio e la presenza, invece, di avventure degne di un romanzo d’appendice. Ma ciò che più interessa, in questa vicenda, non sono tanto le caratteristiche del gioco, quanto la collocazione nel palinsesto: giovedì, prima serata. Proprio dove da una stagione manca Michele Santoro, ormai finito tra le braccia de La7 (vedi box a pag. 66), e dove si è sperato fino all’ultimo nell’avvio di un nuovo spazio d’informazione. «Senonché prima è stata bocciata l’ipotesi di arruolare il pensionato Giovanni Minoli», riferisce un dirigente Rai, «poi è nata e defunta l’opzione di promuovere Andrea Vianello dall’"Agorà" di Raitre». E infine ha prevalso la soluzione più pilatesca: «Convergere tutti su un liberatorio "checcefrega", e mettere sotto contratto ex veline, ex atleti e altra umanità, frullandoli nel road-format gestito della casa di produzione Magnolia».
Un’occasione persa, è il commento più gettonabile, per potenziare l’offerta delle news. Che invece è simile, in sostanza, a quella del 2011 (a parte, su Retequattro, l’avvento delle piazze ululanti di "Quinta colonna" con l’aizzafolle Paolo Del Debbio). C’è sempre il "Servizio pubblico" di Michele Santoro, si diceva, traslocato dalle barricate della multipiattaforma al tepore della maison Telecom. C’è ancora, su La7, "Piazzapulita" dell’erede Corrado Formigli e il già citato Gad Lerner, mentre su Raidue continua "L’ultima parola" del conduttore-chitarrista Gianluigi Paragone, con Bruno Vespa su Raiuno che inaugura per la diciottesima volta "Porta a Porta". Dopodiché si passa al capitolo info-show, con Fabio Fazio che condurrà sia "Che tempo che fa"(su Raitre la domenica e il lunedì sera), sia a febbraio il Festival di Sanremo al fianco di Luciana Littizzetto (e forse Roberto Saviano). Che non è nulla, come sfida, se confrontata all’esperimento genetico in atto su Alessio Vinci (spostato dalle notti giornalistiche di "Matrix" ai pomeriggi di "Domenica Cinque") e alle ambizioni di Massimo Giletti, che dopo la trasferta rambica per Raiuno tra i soldati italiani in Afghanistan, vuole accreditarsi con la sua "Arena" come provetto analista dei fatti settimanali.
«La verità», prevede Freccero, «è che alla fine saranno crisi e agenda politica a condizionare i palinsesti delle tv nazionali». Il che non toglie che il pubblico, esasperato dall’atmosfera plumbea, pretenda dalla tv anche un po’ di distrazione. E infatti Rai e Mediaset mettono in campo un piano fiction (settore appena affidato, in viale Mazzini, a Eleonora Andreatta) applaudibile per quantità e varietà. Sempre, però, con la tendenza di affiancare a innesti freschi come "Il caso Tortora" (interpretato da Ricky Tognazzi su Raiuno) le cosiddette never ending stories: cioè le serie infinite. Come rischiano di diventare "Ris Roma" su Canale 5 (terza stagione), i coattissimi "Cesaroni" sempre su Mediaset alla quinta stagione, le investigazioni su Raiuno del forestale Terence Hill in "Un passo dal cielo"(seconda stagione), o anche la mafiosità ritratta dal Biscione in "Squadra antimafia -Palermo oggi" (quarta stagione).
«L’ho detto che sono io, l’unica novità!», ripete ancora una volta Pippo Baudo di fronte allo scenario della tv d’autunno. E in automatico, ascoltandolo, scorrono nella mente le star alle quali Rai e Mediaset hanno affidato la prossima stagione: da Antonella Clerici a Paolo Bonolis, da Barbara D’Urso a Piero Angela, da Enrico Bertolino a Mara Venier. Bravi, anzi bravissimi professionisti in qualche caso. Ma sempre gli stessi: non di uno, non di cinque, ma stando stretti di dieci anni fa.