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 2012  settembre 11 Martedì calendario

NAPOLI, SCAMPIA È IN GUERRA E I GIP FANNO LE FOTOCOPIE

Ci sono duecento richieste di arresto inevase: troppi tagli

La faida di Scampia non è soltanto un’emergenza napoletana: è un problema di livello nazionale. Parliamo di clan che hanno forti contatti con la Spagna e che reinvestono milioni di euro anche in altre regioni, dedicandosi all’usura, all’acquisto di immobili, alla creazione di nuove imprese, inquinando altri tessuti economici e sociali”. Il procuratore aggiunto di Napoli, Sandro Pennasilico, all’indomani dell’ennesimo morto ammazzato (Raffaele Abete, 42 anni, è stato ucciso davanti a un bar di via Roma), ribadisce la sua preoccupazione per la guerra in corso, tra i clan di Secondigliano e Scampia, per il dominio delle piazze di spaccio più redditizie d’Europa. Ed è interessante scoprire – per quanto riferiscono fonti investigative – che mentre scriviamo, le piazze sono inattive: presidiate 24 ore al giorno da carabinieri e polizia, dopo i rinforzi ottenuti – 200 agenti – nei giorni scorsi. E se la guerra di Scampia e Secondigliano – come dice Pennasilico – è un problema nazionale, il motivo, non riguarda soltanto l’espansione economica e criminale dei clan nelle altre regioni. Riguarda anche i limiti che, ogni giorno, forze dell’ordine e magistratura incontrano per reprimere il contro potere camorristico.

“SE AVESSIMO avuto l’emissione di circa 200 misure caute-lari che la Procura ha chiesto da qualche anno all’ufficio Gip – ha commentato qualche giorno fa il vicecapo della polizia, Francesco Cirillo – forse questo avrebbe aiutato la nostra opera di prevenzione e repressione. Nei quartieri della nuova faida – ha aggiunto – ci sono oltre 200 persone che oggi potrebbero stare in carcere invece d’essere libere di fare gli interessi dei clan, magari di sparare, o di essere uccise”. Ma è sufficiente fare un giro in procura per verificare ciò che è noto: le risorse destinate alla magistratura, da anni, sono sempre minori. “Il gip è un giudice monocratico – commenta Pennasilico – quindi deve studiare gli atti e decidere da solo. Gli uffici sono sovraccarichi di fascicoli (basti pensare che, solo a Napoli, esistono almeno 80 clan, ndr) e il personale è insufficiente”. Parliamo di ordinaria burocrazia: “I tagli al personale – continua Pennasilico – sono progressivi. C’è gente che va in pensione e non viene più sostituita. Non ci sono fondi e quindi è saltato anche il lavoro straordinario”. Risultato: sempre più spesso, il singolo gip, deve fotocopiare atti da sé, scansionare documenti, sbrigare faccende che sottraggono tempo allo studio dei fascicoli e allungano i tempi che portano a ordinare un arresto. C’è quindi un nesso tra la solitudine pomeridiana, nei corridoi dei gip, e il traffico ininterrotto nella piazze di spaccio, che porta poi a guerre da decine di morti per controllare affari da milioni di euro. Un nesso che, appunto, è di rilevanza nazionale. Tutto s’intreccia nelle guerre alla mafia, a Casal di Principe come a Scampia, a Palermo come a Reggio Calabria: anche il singolo cancelliere, non sostituito dopo la pensione, diventa un punto a favore dei clan e a sfavore dello Stato. Ma cosa accade, ora che il governo, nell’azione repressiva, ha inviato rinforzi nella zona di guerra? L’ultimo morto ammazzato – nel conflitto tra i “girati” del cartello di via Vanella Grassi contro l’alleanza Abate, Abbinante e Notturno – risale a soli due giorni fa. Ma nelle piazze – dicono gli investigatori .Trelestoriche piazze di spaccio a Scampia: le case dei Puffi, i lotti T-Ae T-B e le vele celesti. I carabinieri presidiano le prime due, 24 ore al giorno, mentre la terza è controllata dalla Polizia di Stato. Negli scorsi mesi s’era svolta una guerriglia a bassa intensità che, comunque, aveva prodotto i suoi frutti: “Abbiamo installato una microcamera nei portoni dove si spacciava – spiega un investigatore – costringendo i clan a spacciare nei giardinetti, dove abbiamo effettuato diverse retate. Alle vele celesti abbiamo abbattuto cancelli ogni giorno, per distruggere le ‘difese’ organizzate dagli spacciatori e spingerli a venire allo scoperto. Ora, dopo aver ottenuto i rinforzi, le piazze sono libere”. Ma questo non significa che l’operazione sia conclusa: i clan tentano di impossessarsi di vecchie zone, già perse in questo risiko con le forze dell’ordine, come “l’oasi del buon pastore”, dove poliziotti e carabinieri passano a ore alternate. Bloccate anche le piazze di Secondigliano: le “case celesti”, forse le più ambite in questa nuova faida, sono affidate ai carabinieri, come la piazza del Terzo Mondo, mentre l’area del clan più agguerrito – quella di Vanella Grassi – è affidata alla Polizia. Ma anche questo, per risolvere il “problema nazionale”, non è e non può essere sufficiente.

“LA SICUREZZA è compito del governo – dice il sindaco Luigi De Magistris – mentre a noi tocca la responsabilità politica. Invito il governo a rinunciare a un acquisto: un caccia bombardiere F35 in meno. Investiamo quei soldi per prevenire e reprimere la lotta alla camorra”. Entro la fine di settembre poi, la giunta varerà una delibera che il sindaco definisce “rivoluzionaria”: dentro ci sarà l’abbattimento delle Vele di Secondigliano, simbolo di una costruzione architettonica ghettizzante, del degrado del rione e – soprattutto – saranno sgomberati gli alloggi popolari che i clan, abusivamente, affidano a gente del posto, conquistando consenso e, con esso, aiuto nello spaccio. Altri investimenti riguarderanno la cartellonistica (quasi assenteneirioni),ilpotenziamento dei vigili urbani e una mostra d’arte permanente nella metropolitana. De Magistris, inoltre, chiede la presenza delle forze dell’ordine – non dell’esercito, precisa – per un tempo prolungato: “È necessario un piano operativo strategico, della durata minima di sei mesi, in cui dobbiamo vedere fisicamente la presenza massiccia delle forze dell’ordine in città”.