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 2012  settembre 14 Venerdì calendario

FO: VE LO DO IO PICASSO


Tutto iniziò con “Otello il bidello”. Racconta Da-rio Fo che a Brera c’era un tale che faceva i calchi di gesso ed era lui stesso un calco di Picasso, gli assomigliava come una goccia d’acqua: “Noi studenti dell’accademia – ricorda il premio Nobel – mettemmo in giro la voce che Picasso sarebbe venuto a Milano. Organizzammo una festa al teatro dei Filodrammatici col falso Picasso come ospite per prendere per i fondelli l’ambiente culturale, gli snob... La festa degenerò e finì quando buttammo dei petardi tra le gambe di Otello che si mise a imprecare in milanese...”.

Si parla di “grande ritorno” in occasione della mostra milanese di Palazzo Reale dal 20 settembre al 13 febbraio ( mo  strapicasso.it  ), dove saranno esposte 250 opere del Musée National Picasso di Parigi: molte mai uscite da quelle sale. Otello il bidello, il finto Picasso, non c’è più ma ci saranno i falsi picassiani. Dario Fo definisce “gigantesca” la mostra. In fondo è solo grazie all’avarizia di Picasso (non per niente il bisnonno, Tommaso, era di Sori, Liguria) che dobbiamo questa grande opportunità. “Sono il più grande collezionista di me stesso” diceva. Accumulò una quantità enorme di opere, anche altrui, e dopo la morte, anche per questioni legate alle tasse di successione, sono passate allo Stato francese. Eccezionalmente, per lavori di restauro della sede, usciranno dal museo parigino.

“L’assessore Stefano Boeri – dice Fo – mi ha chiamato chiedendomi se mi andava di fare uno spettacolo per raccontare Picasso, io ho accettato subito. Durante lo spettacolo, Picasso desnudo, che si andrà in scena al Dal Verme, il 17 e il 19 settembre, proiettiamo diverse opere di Picasso. e per evitare che ci chiedano i diritti siamo passati dalle proiezioni degli originali a quelle dei falsi”.

E come ha fatto a realizzare i falsi?

Con la mia équipe, montando e smontando le immagini degli originali, la tecnica è collaudata.

Come si è documentato

per fare lo spettacolo?

La vita di Picasso è piena di pochade, commedia, tragico e grottesco, anche perché il grottesco è il contrappunto del tragico. Inoltre Picasso ha lavorato per il teatro.

Fu durante la collaborazione con Djagilev che conobbe la prima moglie, Olga Chochlova...

Ha avuto molte donne, ritratte in molti quadri. La passione per le donne lo ha portato anche a situazioni molto pesanti, come quando si lasciò con la Chochlova e lei gli disse che era senza denaro, lui ripose qualcosa tipo ‘va’ a c...’, e lei per vendetta cominciò a scrivere le sue memorie, a puntate sui giornali, come feuilleton, lui diventò pazzo ... da questo nasce il rifiuto di riconoscere il figlio Paulo.

Tra le opere in mostra, anche il ritratto di Olga del ’18.

Non solo quello, ce ne saranno quattro in tutto. E si potrà vedere anche Massacro in Corea, che insieme a Guernica fu esposta nel ’53 nella sala delle Cariatidi mezza distrutta dai bombardamenti. Picasso disse che per ricordare quello che era successo la sala andava lasciata così. L’hanno accontentato.

Perché quella volta Picasso venne davvero a Milano...

Era uno che presenziava raramente alle sue mostre ma alla fine venne. Ci piace pensare che abbia sentito del casino che avevamo fatto...

Che Milano trovò?

Restò impressionato. Era una città dove si faceva cinema, c’erano grandi scrittori, il Piccolo Teatro, primo esperi-mento nel suo genere, le fabbriche di automobili che la Fiat ha chiuso.

Una città molto diversa da quella attuale, ma il paragone sarebbe impietoso. Piuttosto, in un anno circa di giunta Pisapia s’è visto qualche cambiamento?

Quello che si sta facendo per la cultura è dieci volte maggiore che in passato, certo il contesto generale è di crisi, l’arte soffre... ma le cose sono cambiate, prima quando parlavi di arte agli amministratori gli veniva da vomitare.

Quanto si sente la spending review?

I tecnici tagliano tutto, e la cultura di più, anche se sono professori, perché vengono dall’area cattolica, Monti è del mio paese, sul Lago Maggiore. È un mondo che conosco bene, sono lombardo anch’io: della cultura non gliene frega niente.