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 2012  settembre 12 Mercoledì calendario

Classi digitali – Il futuro resta lontano: non si naviga, nella scuola che riapre. Il primo giorno segna sul registro le attese tradite, perché chi torna in classe non trova quello che gli era stato promesso, a cominciare proprio dal Wi-fi che avrebbe dovuto promuovere tutte, o quasi, le scuole italiane a condizioni di tecnologia più avanzate

Classi digitali – Il futuro resta lontano: non si naviga, nella scuola che riapre. Il primo giorno segna sul registro le attese tradite, perché chi torna in classe non trova quello che gli era stato promesso, a cominciare proprio dal Wi-fi che avrebbe dovuto promuovere tutte, o quasi, le scuole italiane a condizioni di tecnologia più avanzate. E invece collegamenti alla rete e computer compaiono soltanto nel 30 per cento circa degli istituti. La campanella suona a morto anche per l’impegno dell’Italia negli investimenti per l’istruzione. Secondo i dati diffusi ieri dall’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con 34 paesi membri, da noi si investe il 4,7% del Pil contro una media del 5,8%. Un dato che ci colloca al penultimo posto per la spesa pubblica per l’istruzione: peggio di noi, solo il Giappone. Tradotto in termini assoluti, l’Italia spende 9.055 dollari a studente, a fronte di una media di 9.249. Invece, quando si parla di scuola primaria, la spesa pro-studente in Italia supera la media Ocse. Resta invece indietro quando si parla di università. Inoltre l’Ocse sottolinea come in Italia la percentuale dei laureati rimane tra le più basse (15%), con una crescita molto lenta negli ultimi 30 anni. C’è poi un problema più generale di passaggio dal mondo della scuola a quello del lavoro. L’Italia combatte con alti tassi di inattività tra i giovani: nel 2010 il 23% dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni non studiava e non lavorava (i cosiddetti Neet, ovvero Not in education, employment or training). Una percentuale che è la quinta più alta tra i Paesi Ocse e ben al di sopra della media del 16%. «Il rapporto — replica il ministro Profumo — ci convince ad andare avanti con le nostre strategie, che vanno proprio nella direzione di colmare le lacune. Ci sono ombre ma anche aspetti positivi di un sistema in movimento». Siamo piazzati male anche per quanto riguarda l’età dei nostri professori: il 58% dei docenti di scuola secondaria ha più di 50 anni, e solo il 10% meno di 40. «Un elemento di stimolo — commenta ancora Profumo — affinché le azioni intraprese siano rafforzate e ci dice, sul concorso che abbiamo annunciato, che la strada intrapresa non è così sbagliata». L’onorevole Coscia (Pd) parla di «fotografia insopportabile» mentre la Confindustria insiste «sul grave ritardo che emerge da quei dati». Ma quel che sembra peggio, dice l’Ocse, è che in Italia chi nasce in famiglie meno abbienti ha scarse possibilità di avere un lungo percorso scolastico. Secondo il Rapporto «nonostante l’aumento dei livelli di istruzione», molti figli di genitori con un titolo di studio basso restano intrappolati nello stesso meccanismo: il 44% di giovani 25-34enni i cui genitori non hanno completato l’istruzione secondaria superiore, si ferma alle medie. E intanto le classi 2.0, in grado di utilizzare tablet e pc, sono ancora un’illusione. Moltissime scuole restano prive di un’aula informatica, una palestra digitale dove gli studenti possono navigare sul web. Secondo i dati di Skuola.net, molto spesso (41% dei casi) anche le scuole che hanno un’aula computer la lasciano vuota. Secondo l’8% degli studenti perché «i professori non sanno usare il computer». Qualche novità appare, come la lavagna elettronica, che consente agli insegnanti di arricchire la spiegazione con foto, filmati, musica. Si annunciano pagelle elettroniche, sono state provate le iscrizioni on line, ma il vero cambio di marcia ancora non c’è stato e il piano per un’istruzione Wi-fi resta un’incompiuta. E dunque si riparte, dicono i sindacati, «con grande incertezza» e la necessità di garantire il «destino dei precari» e aumentare «le risorse umane». Flavia Fiorentino