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 2012  settembre 12 Mercoledì calendario

NON SOLO INGROIA: ECCO I MAGISTRATI CHE FANNO POLITICA

Fanno i pm o i giudici ma han­no una consumata dimestichezza con le agenzie di stampa, con i
talk show e con gli equilibri della politica. Non c’è solo Antonio In­groia a tenere alta la bandiera del partito delle toghe. Certo, il sovra­esposto procuratore aggiunto di Palermo fa indigestione di conve­gni e congressi e non manca una festa o un festival che sia uno. Ma anche i suoi colleghi non stanno con le mani in mano, un metro in­dietro, riparati dalla prima linea della polemica di giornata. Ci mancherebbe. Tre anni fa, a otto­bre 2009, Berlusconi telefona a Ballarò e attacca a testa bassa «i giudici comunisti di Milano». Niente paura. A rispondergli per le rime non ci pensa solo l’Anm, che in fondo è il sindacato della ca­tegoria, e nemmeno il Csm. No, dall’altro capo della penisola, da Siracusa, il procuratore Ugo Rossi non perde l’occasione per inven­tarsi portavoce non richiesto del blasonato gruppo e definisce le di­chiarazioni del Cavaliere «un fat­to gravissimo». Non basta. Già che c’è, s’indigna ancora e repli­ca, come se fosse un interlocutore diretto dell’ex premier: «Dire co­munista è come dire delinquen­te ». Per lui è inammissibile.
Questo botta e risposta in Italia è normale. O quasi. Non sconvol­ge nessuno. Nessuno, o quasi, si stupisce che un Gip di Napo­li, Nicola Quatrano, sfili insieme ai no global contro il G8, accompa­gnato da tutta la fami­glia.
Lo stesso Quatra­no in epoca più recen­te ha preso la parola in un’assemblea della Cgil per spiegare che l’unico mo­do per opporsi alla nuova legge sull’immigrazione era la disobbe­dienza civile. Pare incredibile, ma è così. I magistrati, che puniscono chi ha violato la norma, in qual­che caso invitano a stracciare la legge. Poi, una qualche spiegazio­ne, una pezza per giustificarsi, sal­ta sempre fuori. Quando gli han­no c­hiesto perché fosse anda­to in piazza contro il G8, il magistrato ha fatto ca­pire che passava di lì per caso. Ingroia, al­meno rivendica, e con articolati ragiona­menti, le sue ragioni e poi, a breve, si smarcherà in Guatemala. Altri passano senza il minimo imbarazzo dalle aule ai cortei. E non importa se la loro immagine venga sporcata in­sieme al profilo di imparzialità, terzietà e tutta la solita cipria di buoni propositi.
Nicoletta Gandus, storica toga di rito ambrosiano, considera il Cavaliere, che contraccambia di cuore, la causa di molte se non di tutte le sventure italiane. Opinio­ni affidate ai siti web, riunioni di Magistratura democratica, la cor­rente di sinistra dei giudici italia­ni, documenti e assemblee affolla­tissime.
Peccato che la Gandus sia stata anche il giudice che doveva decidere il destino del Cavaliere nel processo Mills. Non sarebbe stato bene cucirsi la bocca? No, perché la Gandus ha un passato glorioso nella sinistra più sinistra italiana e non ha mai rinunciato a far sentire la sua voce. E che voce. Del resto, la Costituzione glielo ga­rantisce. Così l’onnipresente si­gnora ha firmato pure un pamph­let contro l­a legge sulla procreazio­ne e ha aggiunto il suo nome ad un appello contro Israele e la sua poli­tica. Per non farsi mancare nien­te, si è fatta vedere pure al forum antagonista di Porto Alegre, in Bra­sile. Nessuno mette in dubbio la sua buona fede, ma è difficile capi­re come si possa fare il magistrato quando ci si schiera in modo così clamoroso e partigiano su temi in­candescenti, che tagliano trasver­salmente la società.
Inutile stupirsi. In Italia funzio­na così. Tutto va bene e tutto s’ag­giusta. Perfino la strabiliante affer­maz­ione del procuratore di Paler­mo Francesco Messineo (nel ton­do ), quando Panorama ha pubbli­cato i contenuti, presunti, delle in­tercettazioni di Napolitano. «Sicu­ramente- ha precisato lui- le noti­zie non sono uscite dalla procura che difficilmente avrebbe usato Panorama , pur legittimamente, ma mai molto tenero con la stes­sa ». Chiaro? Anche gli scoop non sono tutti uguali.