Paola Guabello, la Stampa 12/9/2012, 12 settembre 2012
IL TESSILE TROVA IL FUTURO NELL’EXPORT
Vale 52,8 miliardi di euro e dà lavoro a 450 mila addetti, il sistema tessile-moda italiano, un universo complesso che spazia dal filato all’abito, dalla scarpa agli occhiali. E vale un saldo positivo dell’8,8 per cento la bilancia commerciale fra export (27 miliardi) e importazioni (20,3 miliardi).
Di questa «torta» l’industria tessile (le fasi di lavorazione della fibra alla confezione) nel 2011 ha rappresentato poco meno della metà di questo business con oltre 21 miliardi, mentre la tessitura ha segnato quota 8,4 miliardi con una crescita del 9,3% su base annua. I dati sono certificati dal Centro studi di Sistema Moda Italia, l’associazione che ieri, in occasione di Milano Unica, il salone italiano del tessile d’eccellenza, ha fornito la fotografia del settore, impegnato nella presentazione delle collezioni per l’autunno-inverno 2013.
«Nel primo semestre del 2012 - ha spiegato il presidente dell’expo Silvio Albini - il vento è cambiato. La produzione è diminuita in termini di quantità del 15,3% e altrettanto è avvenuto per l’export di tessuti sia in valore (-5%), sia soprattutto in quantità (-10,4%). Tuttavia il saldo commerciale positivo assicurato dal comparto, nel periodo gennaio-maggio 2012, presenta addirittura un miglioramento rispetto allo scorso anno, passando da 793 milioni di euro dello scorso anno a 929 milioni di euro (+17,2%), in conseguenza del crollo delle importazioni (-24,5%)».
L’Italia rimane comunque primo esportatore mondiale nel comparto laniero, con una quota del 39,7% del commercio mondiale. Ha mantenuto inoltre la seconda posizione quale esportatore di tessuto liniero e serico, con un’incidenza sul totale rispettivamente del 16,8% e del 15,2%. Nel caso del cotone e del tessuto a maglia, invece, presenta rispettivamente una quarta e una quinta posizione.
«Tutto ciò ci fa capire - prosegue Albini - che il futuro delle nostre aziende passa inevitabilmente per una crescita delle nostre esportazioni e per una nostra maggiore presenza su nuovi, importanti mercati. Già oggi, verso Paesi una volta considerati emergenti (Cina, Turchia e Brasile) l’export di tessuti, oltre a essere in crescita significativa in valori assoluti, ha un peso maggiore dell’abbigliamento. La Cina assieme a Hong Kong, è ormai diventata il nostro secondo mercato di riferimento, dietro la Germania. Ma questo ci dice anche che non dobbiamo trascurare i nostri clienti tradizionali, come conferma la crescita, nella prima parte dell’anno, verso gli Stati Uniti (+6,8%), che con Cina (+7,4%) e Portogallo (+3,2%), rappresentano le note positive di questo difficile periodo».
Sono 458 le aziende presenti fino a domani al salone, simbolo dell’eccellenza della produzione italiana (con una presenza equilibrata di tutti i distretti) ed europea. Imprese che hanno imparato a confrontarsi con Paesi i cui costi di produzione sono decisamente più bassi. E proprio questa condizione è stata sottolineata al premier Monti, ospite all’inaugurazione della quindicesima edizione dell’expo.
«Come si può esportare - ha spiegato Michele Tronconi, presidente di Sistema Moda Italia - se produrre è sempre più difficile? Vogliamo crescere e siamo zavorrati ogni giorno di più da fiscaliltà e costo del lavoro, eppure operai e impianti sono il nostro capitale. Proprio questi ultimi hanno bisogno di energia per lavorare. Avevamo costi più alti del 30% rispetto agli altri Paesi europei fino allo scorso anno: in 12 mesi abbiamo avuto un ulteriore rincaro del 30%. E’ indispensabile al più presto uno sgravio sulle accise. Il tessile deve essere riconosciuto come settore energivoro secondo la direttiva europea, in modo da consentirci un confronto equilibrato con gli altri mercati».