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 2012  settembre 11 Martedì calendario

DESTRA, SINISTRA E TRIONFO DELLA MELASSA

Il libro di Luciano Canfora «"È l’Europa che ce lo chiede!" Falso!» (pagine 92, € 9), di cui anticipiamo il primo capitolo, va in libreria giovedì 13 settembre: è una delle uscite che inaugurano una nuova collana dell’editore Laterza, gli «Idòla». Il nome di questa iniziativa richiama il pensiero del filosofo inglese Francis Bacon (1561-1626), che nel suo «Novum organum» definiva così le nozioni errate che si radicano nelle menti fino a diventare luoghi comuni e a condizionare così il comportamento degli uomini, rendendoli incapaci di cercare e raggiungere la verità.
La collana di Laterza ambisce a essere una sorta di antidoto contro alcune formule prefabbricate che circolano ampiamente nel dibattito pubblico, senza venire contraddette, anche se le loro basi logiche e fattuali sono in realtà piuttosto fragili. L’operazione adotta una modalità comunicativa molto immediata che si avvicina al linguaggio dei social media: non solo gli «Idòla» sono testi molto agili e polemici, ma il titolo richiama subito l’attenzione, poiché riassume in una frase lo slogan che s’intende mettere in discussione e lo accompagna col timbro «Falso!».
Assieme al libro di Canfora, che rivolge i suoi strali contro il preteso superamento della dialettica tra destra e sinistra in nome della retorica europeista, esce un pamphlet di Federico Rampini intitolato «"Non ci possiamo più permettere uno Stato sociale". Falso!». (Antonio Carioti)


S iamo spettatori di un paradosso. Il paradosso è che, al termine di un ventennio consacrato, con regolari vampate salmodianti, al culto del «bipolarismo», i medesimi idolatri siano ora passati, con analoga foga, al culto della «coesione». Il nuovo dogma è: fare «tutti insieme» le «cose che contano», le fondamentali sulle quali è «ovvio» che «siamo tutti d’ accordo». Buono a sapersi. Evidentemente il bipolarismo serviva a non farle, le «cose che contano». La religione del bipolarismo può comunque vantare alcuni bei successi: non solo ha distrutto la cosiddetta «Prima Repubblica» ma ha ridotto la sinistra alla caricatura di se stessa, ad una macchietta speculare della destra, protesa a «contendere il centro alla destra» con le stesse «armi» lessicali e concettuali dell’ antagonista. Inglobata nella pulsione bipolaristica, la sinistra è diventata infatti, via via, sempre meno sinistra. Dovendo fare insieme le «cose che contano» - cioè far deglutire ai gruppi sociali più deboli una cura da cavallo a botte di tassazione indiretta - centrodestra e centrosinistra archiviano il bipolarismo. E lo archiviano per un periodo lunghissimo visto che la cura da cavallo è programmata per il prossimo ventennio se vuole risultare «efficace». (E non sarebbe male cercare di chiarire cosa s’ intenda per «efficacia»). Il processo è stato abbastanza lineare: 1) si abroga il principio proporzionale e si innesca il maggioritario (più o meno totale) in omaggio alla religione idolatrica del bipolarismo; 2) bipolarismo significa necessariamente penalizzazione delle ali dette pomposamente «estreme» e convergenza al centro dei due «poli»; 3) il perseguimento di tale «conquista» ha come effetto la crescente rassomiglianza tra i due poli, i quali infatti rinunciano ben presto a chiamarsi destra e sinistra, e adottano una formula (centrodestra versus centrosinistra) che almeno per il 50 percento ribadisce la coincidenza, se non identità, dei due cosiddetti «poli»; 4) quando questo processo è finalmente compiuto, si constata che la «via d’ uscita» dal grave momento nazionale e mondiale è la «coesione»; 5) a quel punto l’ idolatrato bipolarismo non solo boccheggia ma viene senz’ altro archiviato, e l’ operazione appare agevole (o almeno fattibile) perché la marcia dei poli verso il centro ha dato finalmente i suoi frutti, e infatti - come ci viene ripetuto - sulle «cose fondamentali» si deve andar tutti d’ accordo!; 6) a questo punto i teorici del «superamento» della distinzione destra/sinistra in quanto concetti obsoleti possono esultare. E difatti esultano. È impressionante che, in Italia, inconsapevoli della gaffe lessicale, alcuni si dispongano addirittura a dar vita ad un «Partito della Nazione» (il partito fascista si chiamò per l’ appunto «nazionale», e «nazionali» erano detti i seguaci di Franco, mentre «socialista-nazionale» era il partito del «Führer»); 7) l’ effetto della progressiva assimilazione tra i due poli culminata nella «coesione» è il non-voto di coloro che non si riconoscono nella melassa. Ma questo non preoccupa l’ ormai «coesa» élite, passata giocosamente attraverso la dedizione ad entrambe le ideologie (bipolarismo prima e coesione poi). Anzi, si gioisce ulteriormente perché si può sperare, procedendo per questa strada, di raggiungere i record delle cosiddette «grandi democrazie» dove - come negli Usa - vota meno della metà degli aventi diritto. Anzi i più sfacciati dicono che il fenomeno del non-voto è un segno di maturità della democrazia.
Luciano Canfora