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 2012  settembre 12 Mercoledì calendario

ALTRO CHE GIOVANI, CERCO UN ALTRO PARTITO E TORNO IN PARLAMENTO


«PER la prima volta non ho più un partito alle spalle», constata Giorgio La Malfa, con un filo di rimpianto.
E ora come fa?
«Dovrò cercarmene uno. O una lista».
Ma lei è l’Highlander della Camera: sta qui da 40 anni.
«E allora? Guardi che sono gli elettori che decidono. Non c’è un’età per la politica. Ed io sono sempre stato eletto».
Non sempre con i suoi voti.
«Se il paese davvero migliorerà con il ricambio allora avranno ragione loro: ma lo dimostrino. Solo in Italia si discute sul rinnovamento del Parlamento. In Inghilterra o in America reclamano il turn over al governo: quello sì che ha un senso».
Lei nel 2013 avrà 74 anni. Non è tempo per la pensione?
«Perché? Deciderò io se provarci ancora, se qualcuno me lo chiederà, magari non me lo chiede nessuno e allora pace. Ma perché dovrei escluderlo a priori? Le elezioni si fanno apposta. Nel 1996 io venni eletto a Mira per il centrosinistra nel Veneto leghista: me la sudai, voto per voto».
Ma non sente che il paese reclama il ricambio?
«È legittimo criticare. Però io quando avevo 35 anni mai mi sarei permesso di dire che Moro, Amendola o Berlinguer dovevano andare a casa: avevo un rispetto assoluto per chi aveva molta più esperienza di me».
Insomma le dispiacerebbe restare a casa.
«Non saprei. Se a lei dicessero che non potrebbe più fare il giornalista soffrirebbe?».
Moltissimo.
«Ecco, io non lo so, probabilmente mi mancherebbe tutto questo» (e con il dito indica il brulichio lungo il Transatlantico sul far della sera).
Stava alla Festa dell’Udc a Chianciano. Non è che tenta un altro salto?
«È tutto in fieri, dipenderà anche dalla legge elettorale. Comunque, è da tre anni che sto nel Terzo Polo, non capisco dove sia la sorpresa. Ci andai anche l’anno scorso. Apprezzo Casini: sganciandosi da Berlusconi nel 2008 ha di fatto posto le basi per la caduta del governo».
Rinnega Berlusconi?
«Assolutamente sì. Avevo creduto alla rivoluzione liberale. D’Alema mi ammonì: con quel cognome non puoi farlo...».
Otto anni dopo ha finalmente scoperto chi era il Cavaliere.
«Ma guardi che ci siamo cascati in tanti. Anche Tabacci, che ora si candida per le primarie del centrosinistra».
Ma lei ha fatto il doppio passo: dall’Ulivo a Forza Italia.
«Solo io so quel che mi è costato. Ho perso il Pri. Un grandissimo travaglio, mi creda. È che dopo il disastro di Prodi mi guardai intorno e c’era questa proposta di Berlusconi sulla crescita, sulla riduzione fiscale, “bene”, mi dissi, “è proprio quel che bisogna fare”».
E invece abbiamo rischiato di finire come la Grecia. Lei fu ministro del Bilancio già negli anni Ottanta. Non si sente corresponsabile dello sfacelo?
«Per forza. Soprattutto per non essere riusciti a impedirlo».