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 2012  settembre 11 Martedì calendario

RISPETTARE LA MEMORIA. LA LEZIONE DI ISELLA

Due cose che non c’entrano apparentemente niente l’una con l’altra: la lunga intervista di Roberto Andreotti e Federico De Melis a Dante Isella uscita il 2 settembre su «Alias» del manifesto e l’intervento di Bret Easton Ellis su David Foster Wallace. Trasmessa da Radio 3 nel 2006, la conversazione con il grande filologo di Dossi, Porta e Gadda è non solo un bellissimo (auto)ritratto di un maestro del Dopoguerra, ma anche un percorso attraverso i suoi autori e i suoi stessi maestri, Gianfranco Contini e Carlo Dionisotti in primis, e i suoi compagni di strada: primo tra tutti il poeta Vittorio Sereni. I passaggi sono tanti, dall’apprendistato filologico a Friburgo durante la guerra alla Milano di Vittorini e di Mattioli, agli incontri con Guido Morselli e Eugenio Montale. C’è la storia personale, anche familiare, c’è la fedeltà ai grandi delle generazioni precedenti e ci sono i ricchi rapporti di amicizia con i coetanei. Omaggi alla tradizione e alla contemporaneità che lasciano intravedere quale fosse la strada intrapresa dallo studioso in armonia con il proprio tempo. Una rete impressionante di relazioni intellettuali che Isella non dimentica mai di evocare.
Si tratta, è ovvio, del racconto di un’epoca definitivamente tramontata, ma quel che impressiona, in questa sorta di bilancio dell’anziano studioso che sarebbe morto l’anno dopo, è il tono pacato e l’intensità con cui dà conto di un itinerario complesso alla luce del lavoro critico e creativo degli altri. Isella non era un carattere facile, anzi aveva le sue asperità. Per esempio con Maria Corti non ebbe un rapporto facile, per via di una polemica riguardante l’edizione di Fenoglio (a dire il vero, bisogna riconoscere che aveva ragione lui). Fu anche protagonista di una discussione sulle poesie «montaliane» raccolte postumamente da Annalisa Cima, della cui autenticità non era affatto convinto.
Ma a 84 anni nel rivedere la propria vita di studioso, pur consapevole di essere stato uno dei protagonisti della filologia e della critica stilistica, cancella ogni risentimento e anzi esalta i suoi debiti. Apparteneva a una generazione per la quale l’educazione e il rispetto della memoria erano princìpi irrinunciabili. Ma si può davvero dire che l’educazione e il rispetto dei morti sono regole generazionali, cioè con un termine di scadenza? Se il coraggio, come diceva don Abbondio, uno non se lo può dare, l’educazione, il contegno, il rispetto sì. È un discorso che vale sul piano individuale, ma è più articolato se riguarda un’intera antropologia. E la nostra epoca, al di là delle singole personalità, non sembra fatta per l’educazione. Pensate a Bret Easton Ellis, che su Twitter spara a zero contro il collega Foster Wallace (i suoi lettori sarebbero da collocare «nel Pantheon degli imbecilli») il quale, essendo morto (suicida) nel 2008, non può neanche rispondergli. Non una critica (più che legittima) alle sue opere, ma un attacco sboccato e scomposto. Si può dire che è il segno dei tempi? Guardatevi intorno e datevi una risposta.
Paolo Di Stefano