VARIE 11/9/2012, 11 settembre 2012
APPUNTI PER GAZZETTA - APRONO LE SCUOLE
TELEVIDEO
Da domani ufficialmente al via il nuovo anno scolastico 2012-2013. In verità i primi a partire sono stati gli alunni della provincia di Bolzano che già da mercoledì siedono sui banchi di scuola. Domani zaino in spalla per i ragazzi della Valle d’Aosta mentre martedì tocca a quelli del Molise.Mercoledì al via gli studenti delle province di Trento, Piemonte,Lombardia,Veneto, Friuli Venezia Giulia,Toscana Umbria e Marche. Il 13 tocca ai ragazzi di Lazio e Campania e il 14 settembre ai colleghi siciliani Per ultimi, il 17, e non si dica che porta sfortuna, i ragazzi di Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Calabria, Puglia e Sardegna.
DALLA STAMPA DI IERI, LUNEDì 10 SETTEMBRE 2012
ALESSANDRO D’AVENIA
La verità bisogna chiederla ai poeti, e questo verso potremmo impararlo a memoria, noi che lavoriamo nella Scuola. Ma, si sa, i poeti dicono verità troppo semplici perché qualcuno le ascolti.
Inizia un nuovo anno di scuola, con ouverture tragicomica tra concorsi annullati per buste trasparenti, esami di Tfa degni delle serate Trivial e concorsoni per il reclutamento basati su un criterio rivelatosi insufficiente già da anni. Pazienza. Tutto ciò non ci esime dal lavoro quotidiano, che questa settimana ricomincia.
A tal proposito consiglio la (ri)lettura di un libro del 1932: Il mondo nuovo di A. Huxley. Se non avete tempo basta il primo capitolo, nel quale è descritto il modo in cui i bambini vengono educati nel nuovo sistema di controllo che garantisce l’equilibrio – basato sui consumi – del Nuovo Mondo. I bambini, che non nascono più nelle famiglie ma nelle provette con una selezione adeguata, sono educati in gruppo e obbligati ad odiare due cose che minano il consumo continuo di beni.
Introdotti in stanze piene di rose e libri colorati, non appena cominciano a sfogliare pagine e petali, attivano assordanti allarmi dal soffitto e dolorose scariche elettriche dal pavimento. Urlano impazziti, allontanandosi da rose e libri, apparente causa del dolore. Tutto ciò è ripetuto più volte. Una volta cresciuti, in modo puramente istintivo si terranno alla larga dalla natura e dai libri. Cioè dalla realtà, perché - spiega il direttore del Centro di Incubazione e Condizionamento - stare nella natura o leggere libri è un’abitudine che non genera consumi.
La scena - tragicamente reale oggi - mi ha fatto pensare per contrasto alla scuola come «resistenza» atta a restituire «rose e libri» agli 8 milioni di ragazzi che in questi giorni rientrano a scuola in Italia, spezzando il meccanismo pavloviano indotto dalla società dei consumi, che spinge a non tenere in considerazione la realtà e il suo senso, proprio perché alla realtà e al suo senso i ragazzi spesso associano allarmi e scosse elettriche: noia, delusione, paura, obblighi insensati e mancanza di risposte.
Settecentocinquantamila docenti possono restituire loro «rose e libri». Ma perché a volte quella reazione di fuga da libri e rose è provocata proprio dalla scuola?
I libri più odiati dagli Italiani? Quelli che si studiano a scuola: in vetta la Divina Commedia. Però se Benigni la racconta, tutti se ne innamorano. Come mai?
Credo che ciò valga anche per le materie scientifiche. A quante banalità si sottrarrebbero i nostri ragazzi se imparassero ad amare il mistero e lo stupore del mondo che la scienza prova a scandagliare con rigore e raziocinio. Una mia collega di scienze è diventata professoressa perché il suo professore durante l’ora di scienze poneva solo «perché» da risolvere: le spiegazioni nascevano dalla comune ricerca della risposta. L’entusiasmo era tale che ricorda a memoria quei quesiti: Perché se metto una ciliegia in un bicchiere di acqua calda l’acqua si colora di rosso?».
«Rose e libri». Non meramente come campo di prova per compiti, interrogazioni e programmi da svolgere, ma come sguardo contemplativo e non consumistico sul mondo (frui o uti: fruire o utilizzare? Si chiedeva Agostino). Solo chi entra in contatto vero con la realtà può entrare in contatto con se stesso e conoscere quindi sé e il mondo.
Perché le famiglie non pretendono più dalla scuola quello che per vocazione è chiamata a dare ai loro figli: non bei voti e promozioni facili, ma capacità di porre domande e trovare un senso alle cose che li circondano, attraverso i cinque sensi, stimolati dalla gioia di scoprire, spesso atrofizzata nei maestri che ripetono da anni le stesse lezioni. Inevitabile gettarsi sugli oggetti da consumare.
Socrate inaugurò lo stile occidentale del sapere e della scuola, e lo fecero fuori non solo allora. Alcibiade gli chiede: «Conoscere se stessi, molte volte, Socrate, mi è sembrata una cosa alla portata di tutti, molte volte, invece, assai difficile».
Socrate, in dialogo con i suoi allievi – il dialogo è infatti per lui il logos (parola, discorso, ragione) che passa attraverso (dia-) le persone alla ricerca della verità – risponde:
«Tuttavia, Alcibiade, che sia facile oppure no, per noi la questione si pone così: conoscendo noi stessi potremo sapere come dobbiamo prenderci cura di noi, mentre se lo ignoriamo, non lo potremo proprio sapere».
Abbiamo rinunciato alla conoscenza come modo di prendersi cura di noi stessi. Pensiamo lo possano fare chirurgia e tecnologia: cioè i consumi di cui Huxley aveva previsto la dolce tirannide.
Ma ritorniamo al grido del poeta: come abbiamo osato anteporre qualcosa all’uomo? Ai ragazzi? Abbiamo messo al primo posto programmi e strutture e i risultati li abbiamo sotto gli occhi.
Propongo una piccola riforma a costo quasi zero. Perché quest’anno ogni insegnante non «cura» cinque alunni della propria classe in modo particolare? Come? Dialoga con loro una volta ogni tre mesi a tu per tu (sono solo tre colloqui da 15-20 minuti in un anno: primo, quarto, settimo mese, un’ora e mezzo ogni tre mesi, 5 ore in un anno) per conoscerne progetti, passioni, difficoltà, punti forti e punti deboli. Raccoglie i dati e dopo essersi confrontato con gli altri colleghi della classe (che hanno a cura gli altri gruppetti da cinque) durante consigli di classe non più burocratici, socraticamente prova a mettere in atto strategie educative perché i talenti di quei cinque ragazzi fioriscano.
Credo che questo sguardo ridarebbe dignità allo scopo della scuola. Una scuola come la nostra che ha programmi che il resto del mondo si sogna. Programmi però spesso asetticamente anteposti alle vite degli studenti, e non spazio condiviso di dialogo e ricerca della verità.
O torniamo a prenderci cura delle persone o continueremo a cercare salvezza in riforme di superficie, necessarie sì, ma molto meno di «rose e libri».
«Rose e Libri»: così vorrei chiamare una rete di rinnovamento della scuola, composta da genitori, studenti e professori. Chi mi dà una mano?
FLAVIA AMABILE
Questa settimana la campanella scolastica suonerà per tutti - o quasi - gli otto milioni di studenti delle scuole italiane. I primi ad andare in classe sono stati i ragazzi altoatesini che hanno iniziato già il 5 settembre. Oggi sarà la volta dei ragazzi della Val d’Aosta, domani a quelli del Molise e mercoledì Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Trentino, Umbria e Veneto. Giovedì toccherà a laziali e campani. Venerdì sarà il primo giorno di scuola in Sicilia, mentre gli ultimi ad entrare in classe saranno i ragazzi fra una settimana esatta gli studenti di Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Liguria, Puglia. Sarà il primo anno messo a punto per intero dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, e l’accento sarà tutto sulla rivoluzione digitale che dovrà portare a bandire il più possibile ogni forma di carta dagli istituti scolastici.
OGNI FAMIGLIA SPENDERà 100 EURO IN PIù PER I TESTI
Si spenderanno cento euro in più rispetto allo scorso anno. È l’aumento medio previsto per i libri di testo per l’anno scolastico in apertura dal Movimento dei Consumatori. Se nel 2011 le famiglie avevano speso circa 400 euro per l’acquisto dei libri (compreso l’acquisto di dizionari e articoli per la scuola) ora invece spenderanno 500 euro (dato riferito ai licei, negli istituti professionali la spesa è minore). Per risparmiare i libri si possono anche comprare al supermercato. Da Auchan alla Coop ormai anche i le grandi catene vendono libri scolastici e, secondo un’indagine di Altroconsumo, sono in grado di proporre sconti che vanno dal 15% al 20%.
La grande distribuzione non teme confronti anche sull’acquisto del corredo scolastico. Secondo il Movimento Consumatori per un corredo di marca acquistato negli ipermercati si spendono in media 72 euro a Bari, 79 euro a Roma e 82 euro a Milano contro i 107 euro di Bari, i 119 di Roma e i 132 di Milano se si decide per l’acquisto al dettaglio.
Ma le buone notizie riguardano quest’anno anche le cartolibrerie dove sono in calo i prezzi dei diari non di marca in tutte e tre le città campione (-83% addirittura a Milano), ci sono sconti sui quadernoni non di marca e anche su quelli “griffati”, le offerte sugli astucci senza griffe e un calo fino al 7% dei prezzi degli zaini.
ENTRO 12 MESI PROGRAMMI MULTICULTURALI
Ormai per quest’anno è andata com’è andata, ma dal prossimo qualcosa cambierà nello studio alle elementari e alle medie. Dopo una lunga attesa è stata pubblicata la bozza per i nuovi programmi, che è all’esame del Consiglio di Stato per un parere.
La Lega è ormai un ricordo del passato, elementari e medie del futuro saranno sempre più scuole multiculturali e anche i programmi dovranno rispecchiare questa nuova realtà. Dovrà essere garantita la libertà di religione e dovranno essere previsti percorsi didattici specifici per rispondere ai bisogni educativi di tutti gli allievi. In particolare per gli alunni con cittadinanza non italiana tutti i prof, non solo quelli di italiano, dovranno adattare i programmi alle loro esigenze. E soprattutto i programmi di storia dovranno essere aggiornati per diventare multiculturali.
Cadono molti tabù. Imparare l’italiano significa accettare le basi degli studenti, anche i dialetti, e gli idiomi locali. E comunque vanno tenute in considerazione anche le espressioni «locali», di strada e gergali. Calcolatrici e computer sono caldamente consigliati in matematica.
IL REBUS DEI PROF INIDONEI
Sotto i vari tagli della spending review sono finiti anche i docenti inidonei, professori che per motivi di salute fisica o psichica hanno chiesto, ed ottenuto, di non essere più utilizzati per l’insegnamento, professione che richiede un impegno che non sempre si riesce a garantire.
Fino ad ora venivano utilizzati all’interno delle segreterie, di biblioteche scolastiche o in altre mansioni.
A loro scelta, dallo scorso anno, potevano essere inseriti a pieno titolo nelle segreterie diventando a tutti gli effetti «assistenti amministrativi». Con il decreto Spending review di luglio la scelta diventava un obbligo, togliendo quindi posti liberi a chi era nelle graduatorie di assistenti amministrativi ormai da anni. Ma anche privando di sostegno le biblioteche scolastiche. Dopo un mese di proteste, scioperi della fame e lettere che raccontano le storie e il lavoro svolto all’interno delle scuole da questi prof che lontani dall’insegnamento in classe riescono a svolgere laboratori di approfondimenti preziosissimi nelle biblioteche scolastiche, il ministro ha promesso di approfondire la questione per arrivare a una soluzione.
FISCHI E BUU CONTRO IL MINISTRO
Alla Festa del Pd di Modena va in scena la contestazione. A subirla, in un’arena gremita, il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo. Al fianco di Giuseppe Fioroni, a sua volta ex responsabile dello stesso dicastero, Profumo è stato attaccato, a suon di fischi, buu e interruzioni, da un gruppo nutrito di docenti precari dei coordinamenti Flc-Cgil di Modena, Reggio Emila e Bologna, altri insegnanti di diversi coordinamenti e esponenti dei Cobas. Uniti nel protestare contro il nuovo concorso, deciso dal Ministero. Poco intimoriti dall’accoppiata ministro-ex ministro sul palco: dialogante ma sovrastata dai «vergogna» e dagli affondi polemici nel botta e risposta di fine dibattito. Nemmeno il tempo di toccare l’argomento della ricostruzione post terremoto, con «120 milioni di euro di investimenti» scolastici nell’Emilia ferita, che parte la protesta. Proprio mentre risponde a una domanda del moderatore, Profumo viene interrotto. «Buonasera ministro Profumo - hanno gridato - siamo i precari della scuola, chiediamo parola, facciamo domande attendiamo risposte». Giusto una replica, «certo, ragioneremo insieme», e parte la seconda strofa del coro: «il concorso costa troppo per selezionare insegnanti che lo hanno già vinto».
IN RITARDO LE NOMINE IN 50 MILA SOSTITUTI
Anche quest’anno, al 31 agosto, ci sono circa 50mila supplenti in attesa di conoscere il proprio destino. Il ritardo nelle nomine è uno dei problemi cronici della scuola italiana. L’organico di diritto dei docenti per il prossimo anno scolastico, secondo i dati della Flc Cgil, è di 600.839 persone, a cui vanno aggiunti 63.348 insegnanti di sostegno, per un totale di 664.187 docenti. Ma di fatto la scuola ha 625.878 docenti, cui vanno aggiunti 90.469 di sostegno, per un totale di oltre 716mila insegnanti. In pratica, significa che poiché non è stata realizzata la stabilizzazione dell’organico, ogni anno a settembre i dirigenti scolastici devono chiamare 50mila supplenti, tra cui 30mila insegnanti di sostegno, per sopperire ai vuoti nelle classi. Il primo passo è chiamare dalle graduatorie a esaurimento, dopodiché, nel caso di mancate disponibilità sufficienti, si passa al personale precario delle graduatorie d’istituto. Vanno a rilento anche le nomine dei 21mila nuovi docenti immessi in ruolo quest’anno.
LE SCUOLE A RISCHIO SISMA
Solo il 45% delle scuole ha un certificato di agibilità statica contro il 97% della Germania, il 94% della Francia, il 92% dell’Inghilterra, l’88% della Spagna, il 77% della Polonia, il 71% del Portogallo, il 62% della Romania, il 58% della Bulgaria e il 52% della Grecia. Sono i dati contenuti in uno studio di KRLS Network of Business Ethics. Quello dell’edilizia scolastica è uno dei problemi principali delle scuole alle prese con una cronica mancanza di fondi. Quest’anno per la prima volta un sindaco ha disposto con un’ordinanza di non aprire le scuole materne, elementari, medie e superiori della città, Campobasso, per la mancanza del certificato di prevenzione degli incendi. Una situazione che - ha spiegato il sindaco - è comune a circa 48 mila scuole in Italia. Il Codacons, infatti, ha chiesto ai sindaci di tutt’Italia di «chiudere gli istituti scolastici non a norma e di rinviarne l’apertura a data da destinarsi». Una richiesta bocciata dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo: «Credo che le scuole debbano essere aperte».
IL 9% DEGLI ALUNNI È FIGLIO DI IMMIGRATI
Il record di stranieri in classe resta alla scuola statale «Lombardo Radice» nel quartiere multietnico di San Siro a Milano dove su 19 alunni, 17 sono figli di immigrati e non hanno la cittadinanza italiana. Ma la presenza dei bambini stranieri è in crescita un po’ ovunque anche quest’anno, almeno negli istituti statali. Sono un esercito di 254.644 bambini, pari al 9% del totale della popolazione scolastica, secondo gli ultimi dati Miur relativi allo scorso anno. Al primo posto l’Emilia Romagna dove sono stranieri complessivamente 31.359, di cui 31.011 nelle scuole statali, pari al 16,9% degli iscritti alla scuola pubblica primaria. Nelle paritarie la percentuale scende al 2,9%. In Liguria gli stranieri arrivano quasi al 12%, in Friuli Venezia Giulia sono circa il 10% degli iscritti alla primaria. Nelle scuole valdostane, invece, sono 540 alunni non italiani su un totale di 5.847 iscritti. Nell’ultimo decennio l’aumento più significativo ha riguardato le scuole secondarie di secondo grado passate dal 14% del 2001/2002 al 21,6% del 2010/11.
MARIA TERESA MARTINENGO - WONDER PRESIDE
Con 38 anni, 18 scuole sparse in 12 Comuni, 5 figli e un curriculum da 10 e lode, Emanuela Cavalli di Ticineto, provincia di Alessandria, è tra le più giovani vincitrici piemontesi del concorso per dirigenti scolastici e sicuramente una con le spalle più cariche di responsabilità. Alla firma del suo primo contratto, nella folla dei 172 neopresidi piemontesi, la professoressa Cavalli si è presentata con una bimba in braccio. «Virginia ha due mesi, è nata due giorni dopo l’orale, il 16 giugno. È la mia quinta figlia, la allatto ancora...».
Appena finita la maternità obbligatoria, tra poco più di una settimana, «wonder prof» comincerà la giornata con la poppata di Virginia, la colazione con Camilla, Susanna, Ludovica e Tommaso (12, 10, 7 e 2 anni e mezzo), le raccomandazioni alla baby sitter, il trasporto a scuola dei più piccoli. In tempo per raggiungere la sede, a 25 minuti d’auto, e poi scorrazzare tra le succursali sulle colline del Monferrato. «La fatica non mi ha mai spaventata, l’importante è che senta intorno collaborazione, come sento in casa e come ho già avvertito tra i docenti dell’istituto comprensivo di Ozzano Vignale». La storia della professoressa Cavalli è quella di una donna che ha capito subito che cosa amare: l’insegnamento e la famiglia. «Mi sono laureata in Lettere classiche nel ’98 con il massimo dei voti e la lode dopo il liceo classico al “Balbo” di Casale Monferrato, la scuola dove fino a giugno sono stata vicaria e insegnante». Di figli a quel punto ne aveva già quattro ed evidentemente un ottimo equilibrio casa-lavoro se il preside le aveva affidato un ruolo di responsabilità. «Non ho mai perso un giorno di scuola al di là dei mesi di maternità obbligatoria», tiene a precisare.
«Nel ’99 ho fatto il concorso per l’abilitazione all’insegnamento. Poi qualche supplenza, due anni in una scuola privata di Asti e nel 2005 la nomina al Balbo, al liceo scientifico. Lì ho ricoperto vari incarichi tra cui coordinatrice scientifica e quindi vicaria. È stato il preside Riccardo Calvo che mi ha spinta a provare il concorso». Anche in casa ha ricevuto aiuto e supporto. «Mio marito, che è un tecnico di computer grafica, è stato un mio grande fan. E le nostre figlie hanno accolto con entusiasmo la mia scelta. Il loro desiderio di vedere la mamma migliorare mi ha fatto trovare anche la forza di stirare di notte».
A Ozzano Vignale, Emanuela Cavalli è stata accolta con entusiasmo. «L’Istituto comprensivo è nuovo, le scuole che lo compongono sono state in reggenza per anni e i docenti hanno voglia di stabilità. E io farò la mia parte: la mia presenza sarà costante e girerò nelle sedi in modo che docenti e famiglie non debbano fare troppa strada per parlarmi. Certo dovrò viaggiare parecchio».
Il pensiero, di fronte ai tanti chilometri ai quali è destinata, va ai figli. «I nonni sono pronti ad aiutare, ma non è giusto che portino i nostri pesi. Abbiamo dovuto responsabilizzare le bambine, senza però chiedere loro di essere adulte». Susanna collabora volentieri alla preparazione dei pasti, Camilla fa giocare Tommaso e cambia Virginia. «Vivere in una famiglia numerosa, comunque, porta a condividere molto, a cominciare dagli spazi. E noi abitiamo in 70 metri quadri», spiega «wonder preside».
LA TECNOLOGIA E I PROF TROPPO VECCHI
La scuola italiana si prepara ad una grande rivoluzione digitale, verrà annunciata mercoledì prossimo dal ministero, ma intanto da una indagine condotta dal sito Skuola.net la realtà presente per il momento nelle scuole italiane è ancora la stessa di sempre, con uno zoccolo duro di prof decisamente refrattari all’introduzione di ogni tipo di tecnologia e una serie di sprechi particolarmente irritanti in epoca di spending review.
Prendiamo un aspetto semplice come l’aula computer. Dall’indagine risulta che quasi la metà delle scuole medie degli studenti che hanno risposto alle domande ha un’aula computer ma non viene usata. Il 41% dà questa risposta e un altro 8% precisa che non viene usata perché «i prof non sanno usare il computer». Alle superiori la percentuale cala ma non di molto, siamo sul 40% in totale, di cui il 9% è formato da ragazzi che ammettono che i loro prof non sanno usare il pc.
Oppure prendiamo le lavagne multimediali «Lim». Acquistarle costa un bel po’ di soldi e andrebbero usate in tutte le lezioni. Eppure alle medie il 17% ce l’ha nella propria scuola, ma non la usa (il 4% perché i prof non la sanno usare). Alle superiori la percentuale sale al 21%. Ma solo il 6% la usa ogni giorno alle superiori e il 16% alle medie.
Quasi la totalità dei ragazzi di medie e superiori (il 97%) dichiara di non utilizzare alcun pc o Ipad per le lezioni.
Oppure, ancora, quante sono le scuole dotate di wi-fi libero e gratuito per permettere agli studenti di accedere e partecipare alle lezioni con i propri mezzi? Solo una su tre. Quando a capo del ministero dell’Istruzione c’era ancora Mariastella Gelmini, fu inaugurata un’iniziativa che prometteva di portare una prima, piccola rivoluzione nelle scuole e nelle famiglie. Si chiama «Scuola Mia», è un portale attraverso il quale le famiglie possono richiedere e ricevere informazioni sull’andamento scolastico dei propri figli. Il portale infatti mette in comunicazione famiglie e scuole italiane. Il suo motto è: «La scuola è arrivata a casa tua! Con i nuovi servizi online scuola e famiglia sono ancora più vicine».
Dall’indagine risulta che, a due anni dal varo, i due terzi dei ragazzi non sa se la propria scuola sia registrata sul portale, un segno che anche questo strumento non è usato. Circa il 15-16% dichiara che la scuola non è registrata. Insomma, gli istituti presenti sul portale in modo certo, secondo l’indagine, sono circa 1 su 10.
«I nostri studenti sono nativi digitali - spiega Daniele Grassucci, responsabile di Skuola.net - e quindi sentono sempre più impellente la necessità di usare anche a scuola le nuove tecnologie: più della metà degli intervistati pone come priorità il miglioramento della dotazione tecnologica, prima ancora dell’edilizia scolastica e del potenziamento del corpo docenti. I dati parlano chiaro, in quasi metà delle scuole ci sono le aule computer, ma non vengono utilizzate, mentre solo uno studente su dieci dichiara di utilizzare quotidianamente la «Lim». Insomma, non siamo all’età della pietra, ma si può e si deve fare di più. A partire dalla disponibilità della connessione a Internet wi-fi in tutte le scuole: solo uno studente su tre dichiara di averne accesso.
PEZZI PUBBLICATI OGGI DA REPUBBLICA
SARA GRATTOGGI SULL’AGENDA DIGITALE
SARA GRATTOGGI
ROMA
— La rivoluzione digitale nel mondo della scuola è alle porte, ma la mancanza di risorse e attrezzature rischia di innescare il caos. La spending review estiva prevede, infatti, che “a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013” gli istituti e i docenti adottino pagelle e registri online e che inviino le comunicazioni alle famiglie in formato elettronico. Se per le pagelle, così come per le iscrizioni (che da quest’anno si potranno effettuare solo via internet) però c’è ancora tempo, a pochi giorni dalla prima campanella — con il grosso dei rientri previsti fra domani e giovedì — l’adozione dei registri digitali è il principale grattacapo dei presidi, che — da Torino a Palermo — lamentano la mancanza di pc, tablet e software necessari.
«Il passaggio ai registri elettronici online presuppone che ci sia almeno un tablet per insegnante o quantomeno un computer in ogni classe — spiega Monica Nanetti, dirigente dell’Itis Fermi di Roma — ma molti istituti non hanno una dotazione tecnologica sufficiente. Ben venga l’innovazione, ma non si possono fare
le nozze coi fichi secchi». La stessa spending review precisa, infatti, che le nuove disposizioni debbano essere attuate con “le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili”, “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Di fronte alle difficoltà e alla mancanza di indicazioni da parte del ministero dell’Istruzione, che presenterà domani il proprio piano per l’introduzione delle novità digitali, ogni scuola si sta arrangiando come può. In molti casi i registri online da settembre partiranno come sperimentazione e saranno comunque affiancati da quelli cartacei, perché nel frattempo bisognerà provvedere all’acquisto dei nuovi software e alla formazione dei docenti che li dovranno usare. È questa la strada scelta dall’Ipia di Miano, a Napoli, così come dal liceo Newton di Chivasso, in provincia di Torino. Anche nella maggior parte dei licei romani si procederà per gradi. Al Newton capitolino si partirà su una sola sede: «La succursale è dotata di tablet sufficienti per ogni classe, ma la sede centrale no, quindi cominceremo da lì. Ma per il primo anno terremo contemporaneamente i registri cartacei» spiega la dirigente Ivana Uras. Anche dove i computer non mancano, come al Pasteur e al
Visconti, sempre nella capitale, si partirà gradualmente «perché bisogna che i docenti prendano confidenza con il software e ci si deve accertare che tutto funzioni regolarmente, a cominciare dalla connessione» dicono le presidi, Daniela Scocciolini e Clara Rech. Nessuna “svolta digitale”, invece, almeno per il momento, all’istituto comprensivo Arenella di Palermo: «Provvisoriamente
ci affideremo solo al vecchio formato cartaceo, sia per il registro di classe che per quelli personali dei docenti — spiega il dirigente Giacomo Cannata — Siamo in attesa di indicazioni precise da parte del ministero, perché non sappiamo come attuare le nuove disposizioni. Speriamo si proceda con una piattaforma comune per
tutte le scuole».
Va controcorrente il preside del liceo Berchet di Milano, Innocente Pessina, per cui la mancanza di tablet o pc in ciascuna classe è un «falso problema». «Usiamo i registri elettronici ormai da 12 anni e ci troviamo benissimo anche senza tablet — racconta — I docenti inseriscono i voti, in un secondo momento, da un’aula dotata di computer vicina alla sala professori». «I
vantaggi sono notevoli — conclude il dirigente milanese — Un preside ha sempre sott’occhio l’andamento di tutti gli studenti e questo vale anche per i genitori. Da quando abbiamo i registri online i ricorsi al Tar contro le bocciature si sono azzerati, perché le famiglie sono costantemente informate sul rendimento dei ragazzi».