Francesco Manacorda, la Stampa 11/9/2012, 11 settembre 2012
ENERGIA, LA BOLLETTA RECORD FA FUGGIRE GLI INVESTIMENTI
Stretta nel paradosso dei prezzi - quasi - più alti d’Europa e di un’offerta che tra importazioni e capacità produttiva installata sopravanza stabilmente di un 30% la domanda, la bolletta energetica rappresenta uno dei grandi ostacoli competitivi per chi fa impresa in Italia. E il caso Alcoa, con le promesse di sconti sull’elettricità da parte del governo a chi nei giorni scorsi si è affacciato ad esaminare l’acquisto dello stabilimento sardo, dimostra ancora una volta come questa voce del bilancio sia quelle che più penalizzano lo sviluppo del Paese.
I dati elaborati dalla Fondazione Hume per la Stampa sono chiari: tra i Paesi europei il costo del Kilowatt/ ora per uso industriale, in media a 19 centesimi di euro, è battuto solo dai 23 centesimi della Danimarca. E le elaborazioni di Confindustria sui dati Eurostat, che similmente danno per le imprese italiane un costo di 191 euro per Megawatt/ora, illustrano anche come questo valore sia da comparare a 138 euro di costo medio dell’Europa a 27: insomma uno svantaggio di oltre il 30% che ha ripercussioni evidenti nei costi della manifattura e nelle scelte di investimento. Un caso tra i tanti: negli ultimi mesi una delle “multinazionali tascabili” della componentistica auto con base e controllo in Italia ha deciso di aprire un nuovo stabilimento nella Repubblica Ceca dopo aver cercato invano di far quadrare i conti con i costi che avrebbe dovuto affrontare in Italia.
Tra i fattori citati per la decisione di spostare l’investimento c’è per l’appunto anche il costo dell’energia, che in quel Paese è di 13 centesimi per Kilowatt/ora. Ma sulla struttura dei costi pesano anche le spese per i trasporti e la logistica, legate al prezzo dei carburanti: anche in questo caso, come illustrano le tabelle della Fondazione Hume, l’Italia è sul podio: al primo posto per il prezzo della benzina senza piombo, al secondo - dopo la Gran Bretagna - per quello del gasolio.
Proprio sulla bolletta elettrica in senso stretto, però, oggi il mondo delle imprese italiano è sul piede di guerra: i mali cronici del sistema sono noti: molto gas e scarso carbone, nucleare inesistente e bloccato per legge, grande dipendenza dalle importazioni - rappresentano l’84% dei consumi - con i rischi connessi a partire da quello dei cambi. A questi problemi, però, si è aggiunta negli ultimi anni alle voci del caro-energia anche la politica di incentivi alle energie rinnovabili - fotovoltaico in primis - che attraverso l’introduzione di oneri di sistema nelle bollette elettriche ha aggravato i costi per privati e soprattutto per le aziende.
Dal primo trimestre 2010 ad oggi, mostrano elaborazioni confindustriali, il peso degli incentivi alle energie rinnovabili riversato sulla bolletta elettrica di un’impresa media è praticamente triplicato, passando da oltre 17 euro per Megawatt/ora a più di 47 euro. E quel che è peggio, sostengono le stesse fonti, è che lo sviluppo del fotovoltaico e delle altre rinnovabili - incentivato con circa 6,5 miliardi l’anno fino al 2030 - non solo non spinge l’industria nazionale del settore, ma rischia anche di mettere fuori gioco la capacità produttiva installata delle nuove centrali a ciclo combinato - con investimenti per oltre 30 miliardi dal 2004 ad oggi - visto che l’impossibilità di trasmettere lungo la Penisola tutta l’energia in sovrappiù prodotta e la precedenza nel dispacciamento di cui gode quella proveniente da fonti rinnovabili rende in alcuni casi poco economico far funzionare le centrali con appena pochi anni di vita. Il paradosso evidenziato è quello di un Paese che tra impianti installati e importazioni ha almeno 100 mila Megawatt/ora disponibili contro una domanda che al suo picco ha raggiunto i 56 mila Megawatt, ma che nonostante questo vede prezzi così alti.
Difficile, comunque, fare retromarcia sugli incentivi più di quanto abbia già fatto il governo Monti: del resto sulla base delle regole precedenti sono stati fatti ingenti investimenti nelle energie pulite, che oggi forniscono circa il 6-7% del fabbisogno nazionale. E difficile anche che in tempi di crisi trovi ascolto la richiesta del mondo industriale di spalmare in modo diverso sulle bollette gli incentivi prendendo ad esempio il modello tedesco che alleggerisce il conto per le imprese aggravandolo per i consumatori privati e per il terziario. Qualche speranza, i produttori la ripongono del Decreto Sviluppo di recente approvato, specie per la parte in cui si prevede la revisione degli oneri in bolletta per i grandi consumatori di energia. Meno aspettative, invece, sul Piano energetico nazionale che si sta concretizzando in queste settimane: la possibilità di finanziare nuovi incentivi al solare termico ricorrendo alla bolletta del gas non entusiasma infatti le imprese.