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 2012  settembre 11 Martedì calendario

Buongiorno a tutta la redazione e a chi ascolta come me Primapagina tutte le mattine. Ho ascoltato la notizia sull’insegnante di Palermo condannata in Cassazione per aver punito impropriamente uno studente che derideva e tormentava un compagno

Buongiorno a tutta la redazione e a chi ascolta come me Primapagina tutte le mattine. Ho ascoltato la notizia sull’insegnante di Palermo condannata in Cassazione per aver punito impropriamente uno studente che derideva e tormentava un compagno. Ho insegnato per anni , questo genere di problemi un insegnante lo incontra di frequente e deve decidere IMMEDIATAMENTE, razionalmente ma DAVANTI ALLA CLASSE, quale reazione è più conveniente scegliere. La classe è una microsocietà e deve imparare anche che cos’è la giustizia, deve capire che cosa viene considerato bene e che cosa male, ma in modo allargato. Un comportamento gravemente scorretto, a scuola, va stigmatizzato subito pubblicamente ma l’errore dell’insegnante, in questo caso, è stata la scelta della dimensione tribale della punizione, che la riporta nell’ambito del dominio di famiglia (non sarà un caso che la famiglia dello studente maltrattore abbia sùbito e ostinatamente rivendicato il dominio sul proprio membro!). In casi simili l’insegnante deve contemporaneamente istituirsi come modello e spersonalizzarsi all’interno di una funzione: quella del sistema sociale garante del diritto. Meglio dunque, senza tante prediche che vengono accolte dagli studenti con sorrisetti provocatori (e il debole maltrattato verrà ancor più umiliato), una sacrosanta nota sul diario di classe, che verbalizza tutto ufficialmente, e la convocazione immediata della Presidenza sul posto, com’è suo dovere. Di qui la richiesta di un consiglio di classe che discuta collettivamente l’eventualità e il peso di una punizione. Il consiglio di classe potrà decidere se fare intervenire nel dibattito i rappresentanti di genitori e studenti: che lo faccia o no, la punizione proverrà non da una persona singola ma da un corpo istituzionale. In sostanza: NON LA FAMIGLIA MA LA SOCIETA’. A questo proposito sarebbe interessante sapere se i genitori del povero studente condannato a scrivere tot volte…lo abbiano almeno rimproverato per il suo comportamento prepotente e volgare con un compagno, se si siano domandati che razza di educazione gli hanno dato (il gran vanto della supervirilità e della derisione del femminile da chi discende? ), oppure se tutto si è risolto solo con l’avvampare furioso dell’orgoglio familiare: il figlio è mio, su di lui decido io. Per considerare però anche le responsabilità dell’istituzione ai livelli più alti, colgo l’occasione per deplorare lo smarrimento del sacro sentimento antropologico della VERGOGNA, organizzato molto precisamente dalla legge attraverso l’ipocrita strumento della Privacy, introdotto anche nella scuola con il nascondimento delle votazioni per materia e per condotta sui tabelloni finali dell’anno scolastico, che viceversa, pubblicati normalmente, sono sempre serviti a una verifica immediata del giudizio, fazioso o imparziale,dei docenti. Che cosa cambia, se poi i voti saranno scoperti segretamente via via in una stanza abbuiata? No: giustizia e ingiustizia, e soprattutto il conflitto, devono essere pubblici. Dalla scuola alle intercettazioni fatte a ragion veduta ai potenti del giorno alla vita politica: così s’impara la vita in società. Senza possibilità di vergogna non s’impara. Luciana Rogozinski