Rossella Cadeo, Il Sole 24 Ore 10/9/2012, 10 settembre 2012
IMMIGRATI, MILANO «GUIDA» LA SANATORIA
Si apre la finestra per i lavoratori extracomunitari in cerca di regolarizzazione: da sabato 15 settembre a lunedì 15 ottobre i datori che intendano mettere a posto i loro "dipendenti" senza permesso di soggiorno potranno presentare la cosiddetta «dichiarazione di emersione».
Una platea potenziale di 380mila cittadini stanieri potrà utilizzare l’opportunità offerta dall’articolo 5 del Dlgs 109/2012 che ha recepito la direttiva comunitaria volta a inasprire le sanzioni per chi occupa clandestini. Ma dove si registrà il maggior numero di richieste, quali le nazionalità e le professioni più interessate? Due studi della Fondazione Leone Moressa provano a disegnare l’identikit, partendo dalle caratteristiche dell’attuale mercato del lavoro extracomunitario.
Il quadro
A Lombardia, Emilia Romagna e Veneto spetterà la parte del leone per numero di emersioni: su 380mila interessati (stima basata sulle domande inevase dai precedenti decreti flussi e il numero di disoccupati extracomunitari da oltre sei mesi che possono essere ritenuti lavoratori sommersi, ndr) quasi 120mila (un terzo) lavorano per datori lombardi e il 14% in ciascuna delle altre regioni. Questo perché - spiega la ricerca della Fondazione sulla ripartizione regionale dei lavoratori extraUe - in queste aree è forte la presenza staniera e nel corso del precedente decreto flussi solo una parte marginale delle domande era stata accolta.
Quanto alle nazionalità e alle professionalità degli occupati stranieri in Italia (circa 2,2 milioni) - aspetti indagati dall’altra ricerca - il 25% proviene dalla Romania, uno su dieci è albanese, mentre marocchini, ucraini, filippini e moldavi sono le altre nazionalità più presenti. Tra le attività, domina il settore domestico, seguito da costruzioni, servizi personali, ristorazione e pulizie. «La ricerca conferma che gli immigrati occupati sono inseriti soprattutto nelle professioni di basso profilo – osserva Valeria Benvenuti, ricercatrice della Fondazione –. Circa la metà delle donne trova posto come colf o badante, mentre per gli uomini ci sono chance pure in attività che richiedono una maggiore specializzazione (ad esempio come montatori o saldatori)».
C’è una segmentazione professionale anche in base alla provenienza geografica: in generale gli stranieri dell’Est Europa (romeni o albanesi) e tunisini sono occupati in mansioni nell’ambito delle costruzioni; filippini, indiani e altre etnie dell’America latina (peruviani o ecuadoregni) si prestano soprattutto per l’assistenza alla persona; marocchini, cinesi e senegalesi si trovano nel settore delle vendite.
Preparazione e mansioni
Scarsissima mobilità intesa come miglioramento, bassa scolarizzazione e tassi di sottoinquandramento superiori rispetto a quelli degli occupati italiani: questi sono gli altri elementi che contraddistinguono il mercato del lavoro sul versante degli immigrati. La percentuale di stranieri che ottengono una qualifica inferiore alla loro preparazione è infatti il doppio rispetto a quella degli italiani sottoinquadrati: il 42% contro il 21% (ma raggiunge il 61% nel caso degli ucraini). «Una situazione che trova più di una spiegazione - osserva Benvenuti –: il mancato riconoscimento dei titoli di studio dei Paesi extraUe, il fatto che l’immigrato può essere considerato regolare solo se dimostra di avere un lavoro con la conseguente accettazione di qualsiasi tipo di attività, un sistema imprenditoriale fatto in gran parte da aziende di piccole dimensioni che richiedono mandodopera non altamente qualificata».
L’apertura
Certo l’imminente sanatoria offre un’importante apertura al mondo del lavoro sommerso, non senza però qualche problematica. «Gli alti oneri della regolarizzazione e l’attuale fase di crisi potrebbero indurre i datori a far ricadere i costi, o almeno una quota, sullo straniero - conclude Benvenuti -. Ipotizzabile anche che le figure più "gettonate" siano colf e badanti, visto che non si esaurisce la domanda di assistenza agli anziani e che per questo profilo il Dlgs prevede requisiti più accessibili, ossia inferiori soglie di reddito per il datore e l’ammissione del part time».