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 2012  settembre 10 Lunedì calendario

LA GERMANIA EST È ANCORA IN STALLO


Ci vorranno ancora investimenti per mille miliardi di euro per portare, entro il 2030, la parte Est della Germania al livello di quella dell’Ovest. La stima è della società di consulenza internazionale Roland Berger, su commissione del ministero dell’economia del land orientale della Turingia.
Ventidue anni dopo la riunificazione tedesca avvenuta nel 1990 e il trasferimento dall’Ovest all’Est di 1.400 miliardi di euro, finiti per il 70% a finanziare la spesa sociale, l’analisi di Roland Berger mostra come il livello dei salari nei cinque laender orientali rimanga ancora inferiore del 20% rispetto a quello registrato nell’ovest del paese. E questo, anche se i tassi di disoccupazione si sono ridotti, con la Turingia che con l’8% si è portata allo stesso livello del Nordreno-Westfalia, il land più popoloso e industrializzato della Germania. Ecco allora che, in base ai conti effettuati dagli esperti ingaggiati dal ministero, per riportare la parità delle condizioni economiche tra tedeschi dell’est e dell’ovest sarebbe necessario investire ogni anno nei cinque laender dell’est il 2% in più rispetto a quanto si dovrebbe fare nell’Ovest. «Il 70% dei trasferimenti netti realizzati dall’Ovest all’Est della Germania è stato destinato alla spesa sociale nel quadro del patto di solidarietà messo in piedi dal governo tedesco con lo scopo di rilanciare l’economia della Germania orientale», si legge nello studio. Il patto prevedeva tuttavia una riduzione progressiva degli aiuti alla Germania orientale fino al loro annullamento nel 2013. Ragione per cui, i nuovi stati federali sono tornati alla carica chiedendo adesso ancora nuovi fondi per portare a compimento il processo di transizione iniziato nel 1990. Ma come fare per drenare altre risorse pubbliche dalle casse del governo per alimentare il pozzo senza fine degli aiuti destinati ai cinque laender orientali? L’analisi condotta dagli esperti di Roland Berger individua come priorità non tanto il trasferimento di nuovi fondi pubblici dallo stato centrale verso i laender dell’Est (sostegno pubblico), quanto piuttosto la promozione degli investimenti privati nelle regioni della Germania orientale come strumento capace di aumentare indirettamente la forza economica delle aree ancora depresse, contribuendo in questo modo a incrementarne il livello occupazionale e salariale. Basti pensare che, ai tempi della riunificazione tedesca, la forza economica dei nuovi stati federali non superava il 30% rispetto a quello della Germania dell’Ovest. Livello raggiunto nel corso del 2005, e poi salito fino all’80% negli ultimi sette anni. Ma chi tirerà fuori questa valanga di denaro che servirà a equiparare le condizioni di vita dei cinque stati della Germania dell’Est rispetto ai cugini dell’Ovest? La domanda è lecita in un momento in cui proprio Berlino non ha fatto segreto del proprio scetticismo a mettere mano al portafoglio per tendere una mano ai paesi in difficoltà del sud d’Europa. Tanto più, osservando quanto successo nel 1990 ai tempi della caduta del muro di Berlino. In quell’occasione (negli anni seguenti), il governo centrale di Berlino ha dovuto finanziare il processo di unificazione del paese attraverso l’esborso di 1.400 miliardi di euro. Un fiume di denaro ottenuto (in parte) proprio grazie all’unificazione monetaria del Vecchio continente al di sotto della bandiera dell’euro. Una strategia, sembrano suggerire alcuni, dettata dalla volontà di aumentare la competitività delle esportazioni tedesche a tutto discapito dei paesi che oggi sembrano maggiormente soffrire, mentre Berlino si volta dall’altra parte cercando nuove vie per supportare la crescita dell’Est del paese.




Pagina a cura di Tancredi Cerne